Amministratore di SRL e regime impatriati

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Contributi e agevolazioni

per le imprese

 


L’agevolazione per i lavoratori impatriati in Italia (ex art. 5 D.Lgs. n. 209/23) può essere sfruttata anche da parte di amministratori di società di capitali (SRL o SPA). Questo, in quanto tale reddito è equiparato ai redditi da lavoro dipendente. Il riferimento è all’art. 50, co. 1, lett. c-bis) del TUIR, secondo il quale:

sono assimilati ai redditi di lavoro dipendente […] le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società [..]

Tuttavia, l’opzione deve essere valutata con attenzione al fine di evitare possibili situazioni di abuso, una delle quali oggetto di chiarimento da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Compenso amministratore equiparato al lavoro dipendente

Il compenso percepito dagli amministratori di società è equiparato, per legge, ai redditi da lavoro dipendente, ex art. 50, comma 1, lettera c-bis del TUIR. Tale disposizione, infatti, indica quanto segue:

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 

 “sono assimilati ai redditi di lavoro dipendente […] le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società [..]”.

Questo significa che anche il compenso dell’amministratore di società di capitali può beneficiare dell’agevolazione impatriati, a patto che siano soddisfatte le condizioni previste per l’accesso al regime.

L’agevolazione prevede una detassazione del 50% sul compenso percepito dall’amministratore per l’anno del rientro e per i quattro anni successivi. Per il reddito è previsto un limite annuale di 600.000 euro.

L’utilizzo di questa agevolazione rappresenta sicuramente un risparmio fiscale significativo, soprattutto per amministratori che percepiscono compensi elevati. La riduzione del carico fiscale consente di ottenere più liquidità da investire nella propria azienda o in altre attività imprenditoriali.

Abuso del diritto in caso di socio unico amministratore di SRL

L’Agenzia delle Entrate, come affermato nella risposta ad interpello n. 407/2021, ha chiarito che in alcuni casi l’agevolazione potrebbe non essere applicabile, in quanto configurerebbe un abuso del diritto. Un esempio è quello delle società unipersonali, dove l’amministratore è anche l’unico socio e percepisce un compenso totalmente variabile in base agli utili prodotti. In questo caso, l’Agenzia ritiene che tale compenso potrebbe essere visto come una distribuzione occulta di utili, non qualificabile come reddito da lavoro dipendente.

Il caso analizzato dall’Amministrazione finanziaria è quello di un soggetto non residente intende impatriare in Italia per costituire una SRL a socio unico, in cui la sua figura è quella del socio (unico) e amministratore. Costui intende fatturare alla SRL compensi di consulenza per una somma che varia tra l’80% ed il 90% degli utili della società. In relazione al compenso amministratore l’istante intende applicare l’agevolazione per i lavoratori impatriati.

La risposta dell’Agenzia delle Entrate è stata negativa, in quanto individua ipotesi di abuso del diritto nel comportamento indicato dal contribuente istante. La risposta dell’Amministrazione finanziaria è basata sui seguenti assunti:

  • Aleatorietà del compenso amministratore così come prospettato dall’istante – Il compenso individuato dall’istante come l’85% degli utili della società appare aleatorio e variabile, in quanto dipendente esclusivamente dai risultati economici della SRL. Sostanzialmente, non ci sono le basi giuridiche per sostenere che il compenso variabile possa essere inquadrato nella categoria del lavoro dipendente. Inoltre, il compenso è determinato in assenza di un vincolo di subordinazione dell’amministratore unico in quanto non vi può essere assoggettamento ad altrui potere direttivo;
  • La “trasformazione” del reddito di capitale in reddito da lavoro dipendente – Secondo l’Agenzia il socio unico non vede remunerato il capitale investito nella società sotto forma di partecipazione agli utili, ma tali utili vengono “trasformati” in compenso amministratore. Questa trasformazione del reddito appare del tutto volta all’ottenimento di un vantaggio fiscale altrimenti indebito, ovvero la possibilità di usufruire dell’agevolazione legata ai lavoratori impatriati che agevola, appunto, il reddito da lavoro dipendente (e non il reddito di capitale). Tale tassazione ridotta si trasforma in un vantaggio fiscale, derivante dall’abbattimento dell’imponibile fiscale su cui applicare le aliquote IRPEF (abbattimento del 70%, nel caso). Questo, rispetto all’applicazione della ritenuta a titolo di imposta del 26% applicata sui redditi di capitale.

Amministratori di società estere che rientrano in Italia

L’Agenzia delle Entrate, nella risposta all’interpello n. 524 del 2022, ha chiarito che un contribuente che si trasferisce in Italia per lavorare come amministratore presso una società controllata italiana può beneficiare del regime fiscale agevolato per i lavoratori impatriati. Questo vale anche se il soggetto mantiene la carica di amministratore nella capogruppo estera e ha già ricoperto il ruolo di amministratore nella controllata italiana prima del trasferimento. L’Agenzia ha sottolineato che la normativa non richiede che l’attività lavorativa sia svolta per un’impresa con sede in Italia. Pertanto, l’agevolazione si applica anche se il datore di lavoro ha sede all’estero. Inoltre, l’autonomia dei rapporti contrattuali all’interno di un gruppo multinazionale non preclude l’accesso al regime agevolato, purché siano soddisfatti tutti gli altri requisiti previsti dalla legge. La decisione dell’Agenzia è coerente con l’obiettivo di attrarre forza lavoro qualificata in Italia, indipendentemente dalla residenza del datore di lavoro.

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