Quindici milioni di persone nel mondo convivono con lesioni midollari che limitano la loro autonomia quotidiana, ma la tecnologia sta aprendo nuove strade verso l’indipendenza.
Un team di ingegneri dell’Università di Berkeley ha sviluppato un dispositivo che potrebbe cambiare radicalmente la vita di chi ha subito lesioni spinali: si chiama Dorsal Grasper e sfrutta dita robotiche posizionate sul dorso della mano per ripristinare la capacità di afferrare oggetti grandi e pesanti.
Una nuova prospettiva sulle lesioni midollari
Le lesioni midollari tra i livelli cervicali C5 e C7 possono avere un impatto devastante sulla mobilità degli arti superiori. La perdita della capacità di flettere volontariamente le dita e il polso rende particolarmente difficile afferrare oggetti di grandi dimensioni o dal peso considerevole. Gli ingegneri del gruppo di ricerca Embodied Dexterity hanno deciso di affrontare questa sfida con un approccio completamente innovativo.
Il loro dispositivo non cerca di replicare la presa naturale della mano, ma sfrutta invece una modalità completamente nuova di interazione con gli oggetti. Questa scelta progettuale si è rivelata particolarmente efficace, come dimostrato in uno studio recentemente pubblicato sulla rivista IEEE Transactions on Neural Systems and Rehabilitation Engineering.
La chiave del successo risiede nella capacità del dispositivo di sfruttare le funzionalità residue dei pazienti con lesioni midollari, in particolare l’estensione del polso, che spesso rimane intatta.
Collaborazione uomo-robot per una presa efficace
Una delle caratteristiche più interessanti del Dorsal Grasper è il concetto di presa collaborativa. Come spiega la professoressa associata Hannah Stuart, il dispositivo è stato progettato per lavorare in sinergia, come detto, con le capacità residue del paziente:
Le persone con tetraplegia spesso mantengono la capacità di estendere il polso all’indietro ma non possono flettere in avanti. Abbiamo voluto potenziare questa capacità permettendo la presa, ma in modo che la persona sia una parte attiva nel gesto.
Le dita robotiche, posizionate sul dorso della mano, creano un sistema che non interferisce con i movimenti naturali residui. Questo approccio evita i conflitti tipici dei dispositivi robotici che si adattano attorno alle dita del paziente, dove spesso si crea una tensione “conflittuale” tra le intenzioni della persona e quelle del robot.
L’espansione dello spazio di presa nelle lesioni midollari
Il dottorando Andrew McPherson, che ha contribuito allo sviluppo del dispositivo, ha evidenziato un altro vantaggio significativo del Dorsal Grasper. Per le persone che utilizzano una sedia a rotelle, può essere difficile avvicinarsi frontalmente a superfici come banconi o frigoriferi per afferrare oggetti, a causa dell’ingombro delle gambe della sedia.
La particolare configurazione del dispositivo permette di afferrare oggetti praticamente ovunque si possa raggiungere il braccio, senza necessità di ruotare il corpo (un movimento che potrebbe compromettere l’equilibrio sulla sedia a rotelle). Questa caratteristica espande notevolmente lo spazio di lavoro accessibile all’utente.
Controllo intuitivo e risposta rapida
Il ricercatore post-dottorato Jungpyo Lee ha sottolineato come i test in laboratorio abbiano dimostrato l’estrema intuitività del controllo del dispositivo. La possibilità di utilizzare l’estensione del polso, un movimento che i pazienti utilizzano quotidianamente, rende l’operazione naturale e immediata.
La persona è un partner attivo, che controlla il dito robotico e l’estensione del polso. Se la forza del dito robotico non è sufficiente per afferrare un oggetto pesante, la persona può estendere ulteriormente il polso e aumentare la forza di presa.
Questa collaborazione diretta tra utente e dispositivo permette anche una risposta più rapida rispetto ai sistemi completamente robotici, specialmente nel rilascio degli oggetti.
Il futuro del Dorsal Grasper
Il team sta già lavorando a una versione del dispositivo specificamente progettata per l’uso domestico. Questa nuova iterazione sarà completamente autonoma, con motori e batterie integrati nel polso. La sfida principale è renderlo sufficientemente robusto per resistere all’uso quotidiano, meno prevedibile rispetto all’ambiente controllato del laboratorio.
L’approccio del team di Berkeley alla progettazione di dispositivi assistivi dimostra l’importanza di considerare non solo la funzionalità tecnica, ma anche l’usabilità pratica e l’accettabilità sociale. Come ha sottolineato McPherson, il successo di un dispositivo assistivo dipende non solo dalla sua efficacia tecnica, ma anche dalla sua capacità di integrarsi naturalmente nella vita quotidiana dell’utente.
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