Confermato il rigetto della domanda di rimozione delle telecamere installate su proprietà privata. L’appellante condannato al pagamento delle spese processuali.
La Corte d’Appello di Ancona, Seconda Sezione Civile, si è pronunciata in merito all’impugnazione della sentenza del Tribunale di Pesaro n. 842/2020. L’oggetto del giudizio concerneva la legittimità dell’installazione di telecamere di sorveglianza da parte della convenuta, in presunta violazione del diritto alla riservatezza dell’attore. La decisione del giudice di primo grado, che aveva rigettato la domanda dell’attore, è stata integralmente confermata.
Fatti di causa
L’attore conveniva in giudizio la proprietaria di un’unità abitativa situata nel medesimo condominio, contestandole l’installazione, avvenuta nel 2015, di un impianto di videosorveglianza che avrebbe inquadrato spazi comuni condominiali e porzioni di proprietà privata, senza autorizzazione da parte dell’assemblea. L’attore chiedeva la rimozione delle telecamere o, in subordine, il loro riposizionamento in modo da evitare interferenze illecite, nonché il risarcimento del danno nella misura di €10.000,00 o nella somma ritenuta di giustizia.
La convenuta si costituiva in giudizio, contestando la domanda dell’attore e sostenendo che l’installazione delle telecamere si fosse resa necessaria a seguito di ripetuti episodi di danneggiamenti e furti nella zona. Il Tribunale di Pesaro, all’esito dell’istruttoria (documentazione probatoria, prove testimoniali e consulenza tecnica d’ufficio – CTU), rigettava la domanda dell’attore e lo condannava alla refusione delle spese di lite e della CTU.
Avverso tale sentenza, l’attore presentava appello, insistendo per la riforma della decisione e la condanna della controparte alla rimozione dell’impianto di videosorveglianza.
Motivazioni della decisione
L’appellante lamentava la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., dell’art. 1122-ter c.c. e della normativa sulla privacy, contestando le conclusioni della CTU e l’operato del giudice di primo grado nell’interpretazione delle prove testimoniali.
La Corte d’Appello ha ritenuto infondate le doglianze, confermando che la CTU aveva accertato come le telecamere fossero orientate esclusivamente verso le aree di proprietà della convenuta e non riprendessero spazi comuni condominiali o aree appartenenti all’attore. La perizia evidenziava che:
- La telecamera 1 inquadrava esclusivamente la loggia di proprietà della convenuta;
- La telecamera 2 riprendeva il terrazzo di ingresso di esclusiva pertinenza della convenuta;
- La telecamera 3 era rivolta esclusivamente al portone del garage della convenuta.
In virtù di tali risultanze, la Corte ha stabilito che l’impianto di videosorveglianza non violava alcuna norma sulla privacy e che, pertanto, non era necessaria alcuna delibera condominiale per la sua installazione.
Rigetto delle contestazioni sulla CTU
L’appellante sosteneva che, all’epoca della proposizione della domanda, l’orientamento delle telecamere fosse diverso da quello rilevato in sede di CTU. Tuttavia, il consulente tecnico d’ufficio ha escluso la possibilità di accertare tale circostanza, in quanto le fotografie prodotte dall’appellante risalenti al 2016 non consentivano di stabilire con certezza cosa effettivamente riprendessero le telecamere all’epoca.
La Corte ha altresì ribadito che la consulenza di parte non ha valore probatorio, rappresentando un mero elemento difensivo, privo di efficacia vincolante. Pertanto, non poteva essere accolta la richiesta di fondare la decisione su rilievi provenienti da una parte in causa, in assenza di riscontri oggettivi.
Decisione della Corte d’Appello
Alla luce delle suddette considerazioni, la Corte d’Appello di Ancona ha rigettato l’appello e confermato integralmente la sentenza di primo grado. L’appellante è stato condannato alla refusione delle spese del giudizio di appello, oltre esborsi e oneri accessori di legge.
La sentenza della Corte d’Appello di Ancona conferma un orientamento giurisprudenziale consolidato in materia di videosorveglianza privata, ribadendo che l’installazione di telecamere su proprietà esclusiva, senza ripresa di spazi comuni o di proprietà di terzi, non configura una violazione del diritto alla riservatezza e non necessita di alcuna autorizzazione condominiale. La decisione, inoltre, riafferma il principio per cui le consulenze tecniche di parte non costituiscono prova ma semplici allegazioni difensive, prive di efficacia probatoria autonoma.
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