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Tbilisi, Georgia – 30 novembre 2024 © George Kelashvili/Shutterstock

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Sono ormai più di due i mesi di proteste ininterrotte che attanagliano la Georgia: non sono mancati atti violenti delle forze dell’ordine, arresti e una forte censura nei confronti dei media critici verso il governo. Il caso della giornalista Mzia Amaghlobeli

In Georgia sono più di settanta i giorni di mobilitazione ininterrotta, da folle oceaniche a proteste più circoscritte e di categoria. Il calcolo della durata della mobilitazione supera i cento, se si considera la prima ondata, cioè la protesta che ha preso forma il 28 ottobre, quando i risultati preliminari del voto parlamentare del 26 ottobre restituivano un quadro considerato poco credibile.

Al suo quarto mandato e dopo mesi di accese critiche al governo, il Sogno Georgiano veniva dichiarato vincitore con il 54% delle preferenze da un comitato elettorale centrale ampiamente rimaneggiato durante l’ultima legislatura ed epurato da elementi dell’opposizione. Questa prima ondata ha visto la mobilitazione dell’opposizione e degli studenti, prevalentemente a Tbilisi e Batumi.

La seconda ondata – con una partecipazione assai più estesa sia numericamente che geograficamente – è iniziata il 28 novembre, ed è ancora in corso. In questa data il Primo ministro appuntato dal Sogno Georgiano, Irakli Kobakhidze, ha dichiarato la sospensione dei negoziati per l’integrazione nell’Unione Europea fino al 2028.

Va sottolineato che nonostante i pessimi rapporti che ha instaurato con i partner occidentali, e con l’Unione Europea in particolare, il Sogno Georgiano non ha mai dichiarato di non avere come scopo l’ingresso nell’Unione. Anzi, ha costruito un’intera realtà – parallela rispetto a quello che sta avvenendo nei rapporti bilaterali – sull’effettivo avanzamento della posizione nel paese e ha promesso al proprio elettorato l’ingresso nell’UE nel 2030.

Ovviamente una sospensione negoziale e poi un ingresso nel giro di due anni è un programma che non è stato creduto, e che ha prodotto un’ondata di mobilitazioni ininterrotte e generalizzate che non hanno precedenti nella storia del paese. Proteste segnate da azioni repressive violentissime.

I media

La realtà parallela della propaganda del Sogno si costruisce su un attento e coordinato controllo sull’informazione. Grande protagonista di questa campagna è il canale televisivo Imedi, e l’emittente pubblica della Georgia, che però ha di norma un audience più ridotta.

Mentre la prima ha intervistato varie persone tra i manifestanti man mano che le proteste proseguivano e la repressione si faceva più sanguinosa, la seconda è stata oggetto di accese polemiche e picchetti da parte dei manifestanti che sono riusciti a ottenere qualche spazio di visibilità, sacrificata alle ore notturne, che non ha soddisfatto le richieste di chi protesta.

La censura verso la sfera informativa vicina all’opposizione è iniziata già con la Legge sugli agenti stranieri della primavera scorsa, che si poteva considerare all’epoca l’atto conclusivo di un percorso di repressione che ha caratterizzato i rapporti del partito di governo e i media non allineati.

In realtà l’attuale esecutivo ha dato impulso a un nuovo quadro repressivo e normativo che dovrebbe ulteriormente silenziare le voci dissidenti.

I giornalisti sono stati oggetto di attacchi mirati. Alcuni di loro sono finiti nell’elenco degli arrestati o fermati, un elenco che conta centinaia di nomi. In queste centinaia di nomi figurano persone che sono già state condannate e molte, molte altre che sono in attesa di giudizio. Con o senza strascichi legali, una altissima percentuale dei fermati e dei detenuti presenta segni di violenza e/o tortura.

Fra gli operatori dei media che si trovano in questa situazione ha destato particolare oltraggio e preoccupazione la sorte di Mzia Amaghlobeli.

La Amaghlobeli è una giornalista, co-fondatrice e direttrice dei media online Batumelebi e Netgazeti, due media che hanno coperto con massima visibilità le proteste, tanto a Batumi, secondo epicentro delle manifestazioni, quanto a Tbilisi.

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Il 12 gennaio, durante una protesta e dopo essere stata già precedentemente fermata, Mzia Amaghlobeli è stata arrestata con l’accusa di aver schiaffeggiato il capo della polizia di Batumi, Irakli Dgebuadze.

L’episodio ha seguito una tesa situazione caratterizzata da pesanti abusi verbali da parte di Dgebuadze, che si sarebbe poi abbondantemente vendicato durante lo stato di fermo negando l’accesso all’acqua e al bagno all’arrestata. Dal 14 gennaio Amaghlobeli è in custodia cautelare. L’articolo di cui è stata accusata prevede una pena detentiva da quattro a sette anni.

Amaghlobeli è ora impegnata in uno sciopero della fame che ne sta minando lo stato di salute, e si è reso necessario il suo trasferimento in una clinica. In solidarietà con la giornalista altri detenuti hanno iniziato lo sciopero della fame.

Secondo Transparency International Georgia , ONG a sua volta nell’occhio del ciclone del regime: “È evidente che Mzia Amaghlobeli non viene punita per aver commesso un atto di grave pericolo, ma per aver denunciato la corruzione del regime e il coinvolgimento in attività illegali nel corso degli anni. Si può quindi affermare che Mzia Amaghlobeli è una prigioniera politica, secondo la definizione stabilita dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa.”

Ungheria e Italia

Nel frattempo la Georgia è uscita da quella stessa assemblea del Consiglio d’Europa cui faceva riferimento Transparency International per l’arresto della Amaghlobeli.

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Dietro alla propaganda del Sogno, il regime è sempre più isolato. Il nuovo governo e il nuovo presidente hanno ricevuto il riconoscimento di pochi paesi, fra cui i vicini Iran, Turchia, Armenia e Azerbaijan.

Il Sogno aveva sperato molto nel cambio dell’amministrazione a Washington per trovare sponda alla propria legittimità ma all’inaugurazione di Donald Trump l’unica presente era la presidente uscente Salomè Zourabishvili, per invito del senatore Joe Wilson, repubblicano e grande sostenitore delle sanzioni al Sogno.

Sono numerose le sanzioni rivolte alla squadra di governo, compresi i visti diplomatici sospesi verso l’Europa, con alcuni paesi europei che hanno preso l’iniziativa per imporre anche numerose misure bilaterali di sospensione di collaborazione e sanzionatorie verso singoli individui.

Spacca questo fronte in modo netto l’Ungheria, sempre più alla deriva rispetto alla politica estera dell’UE, che invece riconosce piena legittimità al governo del Sogno.

L’ “Ungheria minore” in questo caso è l’Italia, il cui ambasciatore Massimiliano D’Antuono ha incontrato la ministra degli Esteri nominata ed eletta dal Sogno per discutere le relazioni bilaterali, l’importanza della collaborazione all’interno dei forum internazionali, gli sviluppi nazionali, le sfide regionali e globali e le prospettive future, legittimando quindi il governo del Sogno e smarcandosi nettamente dal comune campo europeo.

Una smentita sullo scopo dell’incontro è arrivata nel dibattito delle commissioni affari esteri del parlamento italiano, durante il quale si è sottolineato l’allineamento italiano con la posizione europea e la condanna verso la repressione e la violenza in Georgia.

Rimane tuttavia un atto ad uso interno, che viene emesso quando ormai l’ambasciata italiana aveva già fatto circolare in via ufficiale un messaggio pienamente cooperativo con il governo del Sogno.

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