«L’opera francese merita più spazio»

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«All’inizio c’è l’universo intimo di due ragazzini che sognano l’amore, poi scoppia il dramma. Ma anche alla fine, quando i due amanti sono schiacciati dalla realtà della morte, si intravede uno spiraglio di speranza». Javier Camarena e Nadine Sierra lasciano aperto ad un mondo migliore, senza conflitti familiari e politici che ostacolano i rapporti tra i singoli, il senso della loro interpretazione di «Roméo et Juliette», l’opera di Gounod che il San Carlo presenta per la prima volta nella sua storia centenaria sabato alle 20. Quattro le repliche in programma fino al 25, in scena un allestimento nato a Bilbao due anni fa con la regia di Giorgia Guerra e sul podio Sesto Quatrini, entrambi al loro debutto a Napoli. Uno spettacolo atteso dai melomani più attenti non solo per l’opportunità di ascoltare nei ruoli del titolo due star della lirica come il tenore messicano e la soprano americana di origini portoricane, nonna paterna napoletana, un calore nella voce che si esalta nella sala del Niccolini dove fece il suo debutto europeo undici anni fa come Gilda in «Rigoletto».

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Ma anche perché incuriosisce la lettura offerta nel 1865 dal compositore francese del capolavoro di Shakespeare alla base del libretto di Jules Barbier e Michel Carré. Cinque atti, quasi tre ore di musica, qui nella versione senza i balli della grand opèra francese, interrotte per un solo intervallo a metà percorso proprio al centro del terzo atto, ovvero dopo il matrimonio celebrato in gran segreto dalla coppia, come a voler stabilire un prima e un dopo nella vicenda dei due sfortunati amanti di Verona appartenenti a due famiglie rivali.

«Romeo ha grande speranza che il suo amore possa fermare il conflitto tra la sua famiglia e quella di Giulietta, c’è un duetto meraviglioso, lui è spinto a rimettere la sciabola nel fodero, è il primo a sperare che l’amore per Giulietta possa estinguere l’odio antico tra le loro due famiglie, Montecchi e Capuleti», insiste Camarena, per la prima volta al San Carlo, entusiasta dell’esperienza e della possibilità di esordire con questo personaggio che gli ha portato molta fortuna dopo l’esordio a Bilbao, due anni fa, con lo stesso allestimento e sempre in coppia con la Sierra. Lei, invece, è già un volto noto al pubblico di casa per essere stata presente spesso nelle ultime stagioni, da «Lucia di Lammermoor» a «Luisa Miller». E ora eccola come Giulietta, un ruolo già portato anche al Metropolitan di New York e di cui aveva offerto un assaggio ai sancarliani nel corso di un recital la scorsa primavera quando aveva cantato una delle arie più celebri: «Je veux vivre dans le rêve», accompagnata al pianoforte da Bryan Wagorn.

«In fondo la tragedia è vissuta in varie declinazioni musicali», osserva a sua volta Quatrini che ha già affrontato la storia dei due innamorati diventata opera lirica. Prima con la versione di un allievo di Paisiello, Nicola Vaccaj, a Martina Franca. Poi con «I Capuleti e i Montecchi» di Bellini, in Lituania. «Ma questo di Gounod è un gioiello molto interessante anche per l’uso che il compositore francese fa del contrappunto e dunque dei rapporti con la scuola musicale napoletana», nota il direttore romano lanciato da Luisi. «In fondo, quando affronto una partitura, cerco di seguire pedissequamente le indicazioni fornite dall’autore. Ma capita, come in questo caso in cui l’orchestrazione risulta a tratti massiccia, che questo non sia possibile. Quindi per evitare di coprire le voci dei cantanti mi prendo oneri e rischi, sempre nel tentativo di offrire al pubblico una vasta tavolozza di colori orchestrali e vocali tipici di questo repertorio francese». Repertorio che, nota ancora Quatrini, «spesso non trova grande accoglienza in Italia». «Siamo i primi a lamentarci di come la nostra opera italiana viene trattata all’estero, Riccardo Muti lo ripete spesso. Però anche noi siamo ingenerosi verso l’opera francese considerata figlia di un dio minore. E ne è testimonianza il fatto che un palcoscenico come quello napoletano, pure aperto a tante istanze culturali provenienti dall’estero, non abbia finora proposto un titolo come “Roméo et Juliette”, noi ci proviamo».

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