Lo specchio di mare tra la Gaiola e Nisida, nel golfo di Napoli, è zona di alto pregio naturalistico e culturale. Ospita scogliere, grotte, vasti banchi di coralligeno e praterie di Posidonia oceanica, tutelati dalla “Direttiva Habitat” e dalla “Convenzione di Barcellona” e, non a caso, rientra nella “Rete Natura 2000”, diffusa sul territorio dell’Unione Europea a tutela degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciati a livello comunitario.
Eppure, è minacciato. Tanto che per difenderlo danni ambientali, sanitari ed economici che conseguirebbero dalla realizzazione del “Piano di Riqualificazione Ambientale e Rigenerazione Urbana” (PRARU) di Bagnoli-Coroglio, a cui il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, di concerto con il Ministero della Cultura, ha dato il via libera con decreto, Fondazione Marevivo, delegazione Marevivo Campania e Greenpeace Italia hanno presentato ricorso al Tar Campania.
Il decreto
Per gli ambientalisti il decreto ministeriale è “illegittimo” e “idoneo a compromettere gravemente e in modo irreversibile la Zona Speciale di Conservazione Europea Gaiola-Nisida e l’area marina protetta Parco Sommerso di Gaiola”, scrivono gli avvocati Marone e Fucci in loro conto.
Il paradosso è che, elaborato con il dichiarato intento di “riqualificazione ambientale” del Sito di Interesse Nazionale di Bagnoli, il Piano di Invitalia (il soggetto attuatore) “vira in direzione diametralmente opposta e prevede l’ampliamento del collettore fognario e la realizzazione di nuovi scarichi fognari di bypass proprio in piena area protetta. In caso di pioggia, fino a 206 metri cubi al secondo di liquami ed acque potenzialmente tossiche di dilavamento urbano finiranno in mare sulla battigia con effetti devastanti su tutto il litorale cittadino, sul delicato ecosistema marino dell’area protetta e sulla salute dei cittadini napoletani”, l’assunto dei ricorrenti.
“È evidente che c’è un grave e assurdo cortocircuito se un piano di Bonifica e Risanamento Ambientale sceglie come area sacrificale per lo scarico di nuovi scolmatoi fognari proprio la Zona Speciale di Conservazione Europea Gaiola-Nisida, nonostante le norme a tutela dell’area – spiega Maurizio Simeone, direttore dell’AMP Parco Sommerso di Gaiola, che da mesi denuncia i potenziali danni ambientali provocati dal Piano di Invitalia. – È una scelta devastante per il mare di Napoli, ma anche un grave precedente per tutto il sistema delle aree marine protette italiane ed europee. Questo ricorso al TAR è prima di tutto un grandissimo atto di amore per il nostro mare”.
La pasionaria
In campo anche la presidente della Fondazione Marevivo, Rosalba Giugni, la pasionaria per la salvaguardia del mare. “L’impegno di Marevivo per Gaiola è iniziato più di 35 anni fa e ancora continua, abbiamo impiegato 13 anni per far sì che diventasse un’area protetta e non ci siamo mai girati dall’altra parte. Abbiamo avviato una call to action democratica, non urliamo, ci muoviamo seguendo le vie legali convinti delle nostre ragioni. Ringrazio tutti coloro che supportano questa causa, tra cui il direttore Simeone, che fa da sentinella ogni giorno, la Consigliera Roberta Gaeta da sempre in prima linea in questa battaglia e gli avvocati Marone e Fucci”.
La petizione
Durante questi mesi, infatti, in molti hanno raccolto l’appello della Fondazione Marevivo volti noti, associazioni, professionisti, a cui si aggiungono le 16 associazioni ambientaliste riunite nel Coordinamento Tutela Mare “Chi Tene o’ Mare”, di cui Marevivo è capofila, il mondo scientifico e culturale. Ad oggi le firme raccolte dalla petizione contraria ai nuovi scarichi, lanciata on line dal Coordinamento, sono più di 30mila. Tuttavia, “nonostante questa mobilitazione corale e trasversale, il MASE ha completamente ignorato le osservazioni di merito pervenute dalle 88 realtà (associazioni, privati cittadini, ricercatori, imprenditori, cooperative) che si erano opposte al Piano, la cospicua relazione tecnico-scientifica contraria, presentata dall’Ente Parco e la decisione del Consiglio Regionale della Campania, che aveva definito il PRARU “nefasto” approvando all’unanimità la mozione, presentata dalla Consigliera Roberta Gaeta, cui ha dato seguito anche la Giunta Regionale”, dicono ancora gli ambientalisti.
“È inaccettabile come le amministrazioni competenti non abbiano dato alcuna importanza alla tutela del mare, prestando attenzione solo alla realizzazione del progetto per le opere a terra e dimenticando totalmente la conservazione dell’ecosistema marino. Ancora una volta il mare e le Aree Marine Protette, gli strumenti più validi per tutelare la biodiversità marina, vengono sacrificati agli interessi di pochi. Il caso di Gaiola è una perfetta cartina di tornasole su quale sia l’importanza della tutela del mare nell’agenda politica del governo: partendo da questa amara constatazione ci chiediamo come l’Italia possa raggiungere il 30% di mare effettivamente protetto entro il 2030 se si rema contro le aree protette già istituite” dichiara Valentina Di Miccoli, campaigner mare di Greenpeace Italia.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link