il “Re degli inferi” trovato in casa, già morto da tempo. Fu un pioniere dell’heavy metal in Italia

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Tanto viveva nella solitudine, ritirato socialmente, che la notizia della sua morte è iniziata a circolare solo ai primi di febbraio, dopo diverse settimane dal ritrovamento del corpo. Con l’intervento dei vigili del fuoco – che hanno forzato la porta allertati dai vicini per il cattivo odore – è stato così ritrovato cadavere, deceduto già da molto tempo. In pochi, negli ultimi anni, erano riusciti a tirarlo fuori di casa e sempre a fatica. Lui che in un lontano passato aveva calcato i palchi dei concerti con i suoi assoli.

“Maurizio Samorì aveva una capacità tecnica molto superiore alla media”, lo ricorda con affetto Marco Bonavita, vale a dire Mark Ash voce e frontman dei ‘Circus Nebula’. Tutto questo negli anni ’80 e ’90 gli valse una certa notorietà nel mondo del rock, anche all’estero, seppure di nicchia. Il chitarrista forlivese è stato un pioniere, “un padre nobile dell’heavy metal italiano, molto conosciuto nel mondo underground”, ricorda sempre Bonavita. Samorì fu l’anima del gruppo heavy metal Rex Inferi, sorto a Forlì nel 1979. Ed era lui il ‘Re dell’inferno’, l’anima del gruppo. Aveva 65 anni.

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Proprio dal mondo dei blog e delle riviste specializzate sono filtrate le prime voci di cordoglio, oltre che sui social. Dopo l’annuncio della morte su Facebook, il 1 febbraio, da parte degli amici forlivesi, i principali siti specializzati ne hanno tratteggiato il ricordo. Maurizio Samorì è stato ritrovato deceduto lo scorso 8 gennaio, nella sua casa di viale Gramsci, a pochi passi dal bar Nereo. Intorno alle 13,30 i Vigili del fuoco sono entrati in azione, avvisati dai vicini per via dei cattivi odori e perché Maurizio Samorì da un po’ non si vedeva in giro. I pompieri hanno quindi forzato la porta e una pattuglia della Polizia Locale si è imbattuta nella macabra scoperta del corpo già deceduto da tempo e quindi in cattivo stato.

La morte in solitudine mentre si festeggiava Natale

Morto da quanto tempo? La voce che si è diffusa è che il corpo giacesse lì addirittura da sei mesi, mentre i vicini che hanno chiamato i pompieri, dopo l’Epifania, hanno detto di averlo visto in giro prima di Natale. E’ probabile che il corpo giacesse, non reclamato da nessuno, già da alcune settimane, dato lo stato in cui è stato ritrovato dai soccorritori. Nel periodo  tra il Natale e l’Epifania, quando tutti sono intenti in feste, saluti e pranzi con famigliari e amici, nessuno si è accorto della sua assenza. La sua morte è stata rubricata subito come ‘naturale’ e il corpo è stato sbloccato dalla Procura della Repubblica di Forlì pochi giorni dopo il ritrovamento.

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Il ricordo degli amici 

Il tutto in solitudine, perché gli amici di un tempo lo hanno scoperto appunto quasi un mese dopo. D’altra parte chi lo conosceva sapeva bene della difficoltà a tirarlo fuori di casa. Lo si incrociava sporadicamente, di solito andava a fare la spesa al Conad Stadium, che dista poche decine di metri, ed era lì che comunque qualcuno lo riconosceva, essendo anche stato insegnante di chitarra. “Sono di Forlì, fu il mio maestro di chitarra e ho ancora il suo album ‘Like a Hurricane’ autografato e lo tengo come una reliquia. Lo rividi quest’estate per sapere disperatamente come stava”, spiega un suo ex allievo. “Riposa in pace Maurizio, quanta musica insieme, poi la vita ci ha portato su strade diverse. La luce del tuo ricordo prevarrà sul buio della tua assenza”, ha scritto su internet un suo ex compagno di band.

“Già da molto tempo aveva scelto di vivere in solitudine, accresciuta dopo la morte della madre. Una delle ultime volte che ricordo di averlo visto e quando un amico, quasi a forza, lo aveva tirato fuori di casa per partecipare ai concerti che si tenevano al Parco Urbano alla quercia nel ricordo di ‘Happy’”, aggiunge Bonavita. Happy è l’infermiere dell’Avis Maurizio Lentis, morto nel 2021 a 46 anni, molto conosciuto anche per la sua attività nel volontariato e per essere stato un leader storico di diverse formazioni musicali di genere metal a Forlì. “Quando non c’erano i social e non c’erano molte band  ed era difficile entrare in contatto tra di loro – ricorda Bonavita – Maurizio metteva a disposizione le sue conoscenze per risolvere problemi, trovare nuovi musicisti, aiutò anche noi come Circus Nebula”.

La copertina del disco - Rex Inferi

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La storia dei Rex Inferi

Attivi sin dal 1979, i Rex Inferi si affermarono presto come una delle realtà più significative dell’heavy metal italiano. Nel 1986 pubblicarono l’EP “The Damage Has Been Done”, un lavoro che oggi è considerato un pezzo da collezione e anche di discreto valore economico sul mercato. Sull’onda di quel successo la band, con una formazione rinnovata, si trovò a registrare del nuovo materiale nel 1988, che tuttavia non vide la luce se non oltre 17 anni dopo. A bloccare il disco “Like A Hurricane” fu lo scioglimento improvviso del gruppo. Fino al 2005, quando le etichette Andromeda Relix e New LM Records decisero di riprenderlo e pubblicarlo.

“Nonostante la sfortuna e le avversità, la musica dei Rex Inferi rimane un capitolo indelebile della storia dell’heavy metal italiano. “The Damage Has Been Done” e “Like A Hurricane” sono due testimonianze di un talento cristallino, di una band che, pur non avendo raggiunto il successo che meritava, ha lasciato un segno profondo nel cuore degli appassionati”, scrive Long Live Rock & Roll.

“Samorì Era un grande chitarrista e molti musicisti, che si ricordano di lui, lo considerano uno dei padri del metallo italiano. Il suo gruppo principale, i Rex Inferi, nacque a Forlì nel 1979; per intenderci, sono contemporanei dei Vanadium e vennero soltanto due anni dopo i Death SS e gli Strana Officina. Da pionieri del genere, diventarono rapidamente una delle formazioni più importanti della scena nostrana. Nel 1984 pubblicarono il loro primo demo di tre canzoni. Nel 1986 arrivò l’EP The Damage Has Been Done, oggi considerato una gemma rara del metal italiano, fatto di cinque brani intensi e piuttosto avanti per i tempi, che consolidarono definitivamente la reputazione del gruppo”, scrive Stefano Mazza su Metal Skunk.



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