«Manca la prospettiva di reinserimento»

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A distanza di poche ore un giovane detenuto, di circa 20 anni, di origine nordafricana nel carcere di Prato e un’altra persona reclusa di trent’anni circa, di nazionalità rumena nella Casa Circondariale di Sollicciano a Firenze hanno preso la terribile quanto irreversibile decisione di togliersi la vita.

Il Garante regionale della Toscana, Giuseppe Fanfani di fronte agli 11 suicidi nelle carceri italiane già registrati in queste primissime settimane del 2025, ha sottolineato, ancora una volta, che «ormai le parole non bastano più. Non basta indignarsi, esprimere cordoglio, vicinanza, organizzare visite per toccare con mano la drammatica situazione di carceri fatiscenti, dove tutto sembra possibile tranne riabilitazione e una vita dignitosa. Se questo stillicidio non viene interrotto, saremo tutti complici».

Secondo le prime ricostruzioni fornite dalla polizia penitenziaria, il ragazzo poco che vent’enne avrebbe inalato il gas dalla bomboletta da campeggio comunemente in uso per preparare cibi e vivande; mentre l’altra persona si è impiccata nel bagno della sua cella al reparto giudiziario. Sulla struttura fiorentina al confine con la cittadina di Scandicci il Garante si è espresso più volte: «Deve essere abbattuta e dismessa. Non risponde ad alcuno dei requisiti e delle finalità previste dalla Costituzione», ma pure l’istituto di Prato con al suo interno oltre 630 detenuti, nonostante la capienza stimata sia di 480, «sostanzialmente si trova nelle stesse condizioni di Sollicciano». Inoltre, entrambe le strutture di detenzione si trovano «senza un direttore titolare e soffrono di una gravissima carenza di organico nei ruoli apicali della polizia penitenziaria» ha aggiunto Donato Nolé, coordinatore nazionale del sindacato Fp Cgil.

Nelle strutture di reclusione i suicidi, che erano stati 89 nel 2024, il numero più alto di sempre, a cui si aggiungono i 7 agenti penitenziari che si sono tolti la vita lo scorso anno, rappresentano un fenomeno che rende chiaro e manifesto il livello di degrado inaccettabile a cui è arrivato il sistema penitenziario in Italia per chi è detenuto e dovrebbe trovare una strada per riabilitarsi, ma anche per chi ci lavora: «Non ci si suicida per caso – ha ribadito il Garante Fanfani –. Si sceglie di morire a trenta anni quando si è sopraffatti dalla disperazione, dalla mancanza di speranza o anche solo di una parola di conforto. In carcere manca tutto, ma manca soprattutto una prospettiva di riabilitazione e di reinserimento. Manca una mano amica che ti accompagni in un percorso riabilitativo. Nessuno in questi lunghi anni lo ha compreso o ha avuto il coraggio di misurarsi con questo impegno e la politica in genere ha dimostrato di non essere né disponibile né preparata».

Secondo Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa polizia penitenziaria, servono interventi per deflazionare la densità detentiva, poiché ci sono 16mila reclusi in più rispetto ai posti disponibili. Ma non è tutto: vanno potenziati «gli organici della Polizia penitenziaria» mancano 18mila agenti e altre figure professionali. E ancora, secondo De Fazio «vanno ammodernate le strutture, le infrastrutture e gli equipaggiamenti e assicurata l’assistenza sanitaria».

Un appello accorato è arrivato anche dall’arcivescovo di Firenze, Gherardo Gambelli che conosce molto bene la struttura di Sollicciano, essendo stato cappellano nella casa circondariale fiorentina per oltre un anno: non ha chiesto solo «una parola forte perché la società si renda conto di quello che sta succedendo», ma anche che «le parole siano accompagnate da gesti concreti perché queste cose non si ripetano più».
«Ci vuole davvero grande un’attenzione altrimenti le carceri diventano discariche sociali – ha aggiunto il presule -. Purtroppo lo sono già. Questo, soprattutto nell’anno giubilare deve interrogarci».
Va ricordato che il Papa ha scelto nell’anno giubilare di aprire la seconda Porta santa nel carcere di Rebibbia e prima ancora con la bolla “Spes non confundit” aveva chiesto ai governi di concedere ai detenuti il condono delle pene. «Penso ai detenuti che, privi della libertà, sperimentano ogni giorno, oltre alla durezza della reclusione, il vuoto affettivo, le restrizioni imposte e, in non pochi casi, la mancanza di rispetto. Propongo ai governi che nell’Anno del Giubileo si assumano iniziative che restituiscano speranza».





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