Parla chiaro, diretto, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky dal palco della Conferenza internazionale sulla sicurezza a Monaco di Baviera. E si rivolge più all’Europa che a Trump, col quale avverte che non è ancora chiusa la trattativa sulle terre rare ucraine in cambio di sicurezza. Parla della «necessità che l’Europa non abbia una dozzina di voci in politica estera, ma una sola», e si prepari a non dover contare più sull’alleanza di routine con gli Usa, perché all’America di Trump «l’Europa interessa come mercato, ma come alleato non so». E allora diventa fondamentale che si costruiscano le «forze armate europee», non semplicemente i Paesi europei della Nato, ma un esercito proprio, una propria capacità militare in grado di bilanciare l’aggressività russa. Perché Putin, avverte Zelensky, «è un bugiardo e ha bisogno della guerra per mantenere il potere». Sembra ormai rassegnato, il presidente ucraino, a perdere la certezza di quell’aiuto americano «finché sarà necessario», che in ogni momento topico degli ultimi tre anni è stato ribadito alla noia dall’amministrazione Biden. Sottotraccia sembra di sentire l’eco di una richiesta che Zelensky non pronuncia ma che evidentemente è sospesa e sottesa: l’ingresso nella Ue. Ma in un’Europa che sia veramente forte, perché Putin utilizza verso gli europei «la vecchia tattica del divide et impera, dividi e comanda, e può contare su alleati all’interno della Ue, anzi è il leader più potente della Nato».
GLI AVVERTIMENTI
Sferzate che Zelensky riserva pure a Donald Trump, avvertendolo nell’intervista con la star delle giornaliste, Christiane Amanpour, che Putin lo ha invitato il 9 maggio nella Piazza Rossa solo per usarlo come «il suo burattino nello show», e sarebbe sbagliatissimo che il leader Usa, dopo aver avuto una conversazione telefonica prima con Putin che con lui, con Zelensky, «e di questo non sono contento», decida anche di avere con lo Zar il primo incontro faccia a faccia. «Sarebbe molto pericoloso. L’errore sta proprio qui: Trump pensa di fare l’accordo con Putin, ma il destino di questa guerra non può essere determinato solo da pochi leader: non da Trump e Putin, né da me – dice Zelensky – e Putin, da nessuno a Monaco insieme a Putin. Né alle nostre spalle o senza l’Europa. Dobbiamo invece unirci per raggiungere la vera pace». Il presidente prima di sedersi al tavolo con gli Stati Uniti rivela: «Stiamo lavorando con loro ma l’accordo non è pronto». La priorità, per l’Ucraina, è avere la garanzia della sicurezza. Quanto ai confini, ieri il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha riconosciuto «buon senso» al leader ucraino.
LA NEGOZIAZIONE
Nel mettere le carte sul tavolo che ancora non è aperto, Zelensky spiega che i russi devono ritirarsi nei confini precedenti all’invasione del febbraio 2022. Sembrerebbe una posizione dura, ma non lo è, e non solo perché si tratta di quella di partenza, trattabile, ma perché implica già la rinuncia alla Crimea e a parte del Donbass. Chiede, Zelensky, l’ingresso nella Nato pur sapendo che non potrà ottenerlo, ma non rinuncia a forme di garanzia che impediscano a Putin, una volta stabilizzata come confine provvisorio la linea del fronte (magari con uno scambio di territori fra il Kursk russo occupato dagli ucraini e porzioni di territorio invaso dai russi nel nordest o sudovest, a Kharkiv o a Kherson), di ripartire all’attacco e insidiare Paesi limitrofi come Georgia, Moldova, gli Stati Baltici, Polonia, Finlandia. «L’Europa deve decidere il suo futuro, è arrivato il momento dell’esercito europeo». Certo, senza gli Stati Uniti è tutto più difficile. Invece di cercare di «capire che cosa succede a Washington, l’Europa – incalza Zelensky – dovrebbe concentrarsi su sé stessa». Parla da presidente di un Paese che Putin ha invaso per rovesciarne il sistema politico e il governo, e il cui esercito, per quanto in affanno, è forte e forgiato da tre anni di guerra. E ha qualcosa da insegnare, a questo punto, anche agli europei. Quanto a Trump «rispetta la forza, perciò l’Europa dev’essere forte». Come primo assaggio di muscoli europei, Zelensky annuncia che l’intesa voluta da Trump sulle concessioni agli Usa delle preziose terre rare ucraine non è perfezionata, l’hanno discussa a Kiev i ministri dell’Economia dei due Paesi, «ma io sono il Presidente e non vedo il raccordo con le garanzie di sicurezza». Senza protezione adeguata da Putin, niente affari d’oro, anzi di titanio, litio e uranio, con gli Stati Uniti. In sintesi, i suggerimenti di Kiev per essere della partita e lavorare per la pace sono cinque: «Esercito europeo come potenziamento della Nato, politica estera comune, livello di cooperazione Ue che Washington prenda sul serio, rispetto del diritto internazionale, continua pressione su Putin». Zelensky è pronto a «incontrare Trump». E ne invita l’emissario speciale, il generale Kellogg, al fronte. Perché torni da Trump e gli riporti la verità del terreno.
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