L’opuscolo della Federazione delle chiese evangeliche in Italia per la Settimana della libertà 2025
L’Italia oggi è un paese fermo da più di trent’anni, cresce pochissimo, mentre in questi anni sono aumentate, invece, le ricchezze di pochi e le disuguaglianze e le povertà di molti. Secondo l’Istat, la povertà assoluta (impossibilità di condurre una vita accettabile e di accedere ai beni necessari) riguarda circa 2,2 milioni di famiglie (8,4% sul totale delle famiglie) e quasi 5,7 milioni di individui (9,7% sul totale degli individui).
La povertà in Italia, che ha assunto ormai una natura multiforme e multidimensionale,è sempre più causata da un lavoro povero, fatto di salari bassi e precari, aggravati dall’aumento del costo della vita e dalla crisi del welfare. Ormai più del 20% del mercato del lavoro è debole. Oggi sono stimati circa 2,3 milioni di lavoratori italiani (quasi il 10%) che si trovavano in situazione di povertà relativa, e di questi il 60% si concentra al Sud.Ma povertà oggi in Italia significa anche povertà sanitaria(rinuncia alle cure e ai farmaci), povertà demografica e culturale (denatalità e fuga dei giovani),povertà abitativa e ambientale(abitazioni fatiscenti e degrado territoriale) e infine povertà legale (diffusione nazionale delle mafie).
Riguarda tutto il territorio, senza esclusioni, e ha un’incidenza particolare per le fasce di popolazione già gravate da particolari vulnerabilità, come gli indigenti, i disoccupati, i migranti, le donne, gli anziani e i minori. Impressionante l’incidenza di povertà assoluta fra i minori, che si attesta al 13,8% (quasi 1,3 milioni di bambini e ragazzi!).
Povertà soprattutto al Sud e nelle aree interne del paese. Anche se il Nord ha ormai sorpassato il Sud, in termini di numero assoluto di poveri: quasi un milione di famiglie in povertà assoluta al Nord, che sono raddoppiate in circa 10 anni: erano 506.000 nel 2014. Il Sud, con 859.000 famiglie povere, prevale per incidenza, cioè la percentuale dei poveri sul totale della popolazione: il 12% contro l’8,9% del Nord. Secondo l’ultimo Rapporto Censis 2024, «infinite forme di povertà»sono presenti in Italia: «l’8,4% degli italiani si trova in una condizione di povertà alimentare, il 9,5% in povertà energetica e 2,7 milioni di maggiorenni in condizione di povertà oculistica. Il7,0% degli italiani riceve regolarmente soldi da membri della rete familiare (genitori, nonni e altri parenti) e un ulteriore 30,6% ne riceve saltuariamente».
Un quadro duro e sconvolgente, che si aggiunge all’altra grande emergenza: quella della povertà sanitaria. La crisi della sanità pubblica (anzitutto causata dal definanziamento cronico attuato negli ultimi 15 anni da tutti i Governi)si conferma come la vera emergenza del paese: si allungano le liste di attesa, aumentano le prestazioni a pagamento e gli italiani rinunciano alle cure. Nel 2023 quasi l’8 per cento degli italiani – circa 4,5 milioni di persone (di cui 2,5 milioni per motivi economici) – hanno smesso di curarsi, ovviamente quasi sempre i più poveri. Curarsi oggi sembra essere diventato, purtroppo, solo un affare di censo: ci si può curare presto e bene, solo se si paga. Nel 2023 (dato Fondazione Gimbe) i cittadini hanno pagato il 25% delle prestazioni sanitarie di tasca propria, o tramite assicurazione, per oltre 45 miliardi di euro (+10% rispetto all’anno precedente).
Questo significa che la sanità è ancora pubblica e universalistica, ma solo al 75%. Su 100 tentativi, infatti, di prenotare prestazioni nella sanità pubblica, quasi 35 approdano nella sanità a pagamento, con inaccettabili diseguaglianze regionali e territoriali. In particolare al Sud, e nella aree interne del nostro Paese, si vivono in maniera più drammatica le diseguaglianze nelle cure e nella prevenzione,con una maggiore mortalità infantile, un maggiore rischio oncologico, una maggiore mortalità per tumori e decessi trattabili/evitabili, e quindi una minore aspettativa di vita.Non a caso la migrazione sanitaria ha interessato nel 2023 oltre 27.000 meridionali verso le Regioni del Centro-Nord.
La crisi della sanità pubblica è aggravata dalla crisi dell’assistenza territoriale e degli anziani non autosufficienti, per cui una inadeguata programmazione organizzativa e finanziaria sta penalizzando tutta la Sanità, a cominciare dai malati per finire al personale sanitario, che è oggi particolarmente vessato e stressato, nonché oggetto di violenze, senza le adeguate tutele personali, retributive e professionali. I medici e gli infermieri sono oggi fortemente demotivati e spesso fuggono dal sistema pubblico: siamo ormai a un punto di non ritorno per la tutela pubblica della salute. Una crisi sociale e democratica senza precedenti.
https://riforma.it/2025/02/14/povera-italia/
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