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Pubblichiamo un contributo dagli Atti del Convegno La magistratura e l’indipendenza. Dedicato a Giacomo Matteotti promosso da Questa Rivista che si è tenuto a Roma il 12 aprile 2024. Il fascicolo è a cura di Sibilla Ottoni, Michela Petrini, Marco Dell’Utri e Angelo Costanzo e si può leggere e scaricare a questo link

Indipendenza della magistratura e regressione democratica nel contesto europeo

di Simone Pitto

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Sommario: 1. Il caso polacco – 2. La risposta delle istituzioni sovranazionali ed internazionali – 3. Problematiche irrisolte e prospettive future.

1. Il caso polacco

La riflessione[1] muove da una questione che mi sembra centrale in questa giornata di studi: come siamo arrivati, nel cuore dell’Europa, culla della democrazia, a una regressione democratica come quella riscontrata in Polonia e in Ungheria, con rapporti della Commissione di Venezia che testimoniano gravi mancanze nelle più basilari garanzie dello stato di diritto e in materia di indipendenza e autonomia della magistratura?

L’esempio polacco ci offre alcune lezioni, anche nell’ottica dell’interpretazione dei segnali di un attacco alle garanzie dello stato di diritto, già evocati nei precedenti interventi. Caratteristica peculiare della regressione democratica attuata in Polonia, infatti, è quella di essere avvenuta a Costituzione invariata. Ciò è stato possibile grazie alla “cattura” – per usare un’espressione invalsa nella dottrina italiana – o “court-packing”, per usare invece l’espressione in uso nel diritto anglosassone, di organi di garanzia di rilievo per il sistema costituzionale, attraverso molteplici interventi successivi del legislatore ordinario.

Anche per questa ragione, nel caso della Polonia è quanto mai opportuno, come accennato dal professor Benvenuti, adottare un approccio non formalista ma attento alle dinamiche della costituzione materiale e all’interazione tra poteri.

Occorre però fare un passo indietro. Per capire come si è arrivati a questa situazione, è necessario tornare al 2015. Alle elezioni di quell’anno per il rinnovo del Parlamento bicamerale polacco, emerse un risultato egemonico in favore del partito ultraconservatore, nazionalista ed euroscettico Diritto e Giustizia (Prawo i Sprawiedliwość, PiS).

Il PiS ha sin da subito avviato un percorso di riforma massiccio di tutto il sistema giudiziario. Il primo organo di garanzia ad essere insidiato è il Tribunale Costituzionale polacco che, già dalla fine del 2015, viene interessato da misure volte a paralizzare la sua funzione antimaggioritaria. È stata ad esempio modificata la disciplina delle maggioranze necessarie per le declaratorie di incostituzionalità innalzando il relativo quorum, con ciò limitando l’effettiva possibilità del Tribunale Costituzionale di esercitare il sindacato di costituzionalità. Questa tecnica ricorda quanto avvenuto in Israele, con il tentativo di limitare il controllo dei tribunali costituzionali sull’azione del legislatore, come esposto dal Prof. Pierdominici.

Altri organi del sistema giudiziario polacco sono stati bersaglio dei tentativi del PiS di “riorganizzare” l’assetto della magistratura. La Corte Suprema è stata ad esempio interessata da un massiccio pensionamento anticipato, conducendo secondo alcune stime a una sostituzione nell’ordine del 40% dei giudici della Corte. Questo meccanismo consentiva una richiesta di proroga da parte dei giudici interessati a restare nelle funzioni. Tuttavia, tale richiesta era soggetta al vaglio del Presidente della Repubblica Andrzej Duda (appartenente al PiS), il quale poteva accoglierla o rigettarla con giudizio discrezionale e senza possibilità di appello, permettendo così una selezione dei giudici più o meno invisi.

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La magistratura dei gradi inferiori è stata parimenti interessata da pensionamenti anticipati, con un abbassamento ex lege dell’età di collocamento a riposo ed un meccanismo simile per la proroga nelle funzioni. Trattasi di interventi successivamente oggetto di censura da parte della Corte di giustizia dell’Unione europea, che ne ha sancito la contrarietà al diritto unionale.

Anche il procedimento disciplinare è stato oggetto di significative modifiche. Presso la Corte suprema è stata introdotta una nuova Camera disciplinare (Izba Dyscyplinarna), nonché una Camera per il controllo straordinario e degli affari pubblici, entrambe oggetto di rilievi critici da parte delle corti europee per la radicale assenza di garanzie di indipendenza dall’esecutivo.

Un altro episodio di cattura da menzionare riguarda l’organo di autogoverno, cioè il Consiglio Nazionale della Magistratura. I plurimi interventi di riforma della maggioranza guidata dal PiS hanno comportato la cessazione anticipata dei membri della precedente consiliatura ed una modifica alle modalità di elezione della componente togata, prima eletta da altri magistrati ed in seguito nominata dalla Sejm, la Camera bassa del Parlamento polacco. Ciò ha condotto a un sistema ove, tra nomine parlamentari e presidenziali, la maggioranza governativa espressione del PiS aveva di fatto la possibilità di incidere sulla nomina di circa l’80% dei componenti del Consiglio Nazionale della Magistratura, organismo con rilevanti competenze nel sistema giudiziario.

Per concludere, questo processo di regressione nelle garanzie del giudiziario avvenuto in Polonia desta particolare attenzione proprio perché intervenuto a costituzione invariata, grazie a interventi che hanno semplicemente svuotato di significato garanzie come la separazione dei poteri, rimasta lettera morta nella Costituzione polacca. Come sottolineava il professor Benvenuti, è opportuno interrogarsi sugli elementi che hanno reso possibile questo svuotamento della Costituzione, che, nel caso polacco, sembrano complesse ma possono individuarsi, tra l’altro, in un processo di transizione democratica forse non del tutto completato, nella presenza di riserve di legge molto ampie in Costituzione e nella forzatura dello spirito delle norme costituzionali.

 

2. La risposta delle istituzioni sovranazionali ed internazionali

Quanto alla reazione delle istituzioni internazionali e sovranazionali rispetto a questo scenario, mi sembra si possa affermare che l’integrazione eurounitaria nel caso della Polonia ha rappresentato un’ulteriore garanzia rispetto alla tutela delle prerogative di indipendenza della magistratura. La risposta delle istituzioni dell’Unione europea è stata diversificata, con strumenti più tradizionali come la procedura di infrazione ma anche con altre modalità.

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Riguardo al primo aspetto, varie procedure di infrazione sono state aperte nei confronti di Polonia e Ungheria e sono sfociate in altrettante pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Sulla base dell’articolo 19 del Trattato sull’Unione Europea e dell’articolo 47 della Carta di Nizza, la Corte di Lussemburgo ha giudicato controversie aventi ad oggetto alcune delle misure di cui abbiamo parlato, ad esempio in materia di pensionamento anticipato e limitazioni delle prerogative dei magistrati, ritenendole contrarie al diritto dell’Unione e, segnatamente, al diritto ad un giudice imparziale e ad una tutela giudiziaria effettiva. La dott.ssa Filippi ha ricordato in apertura come questi valori trovino fondamento nell’articolo 2 del Trattato sull’Unione Europea, il quale stabilisce che lo stato di diritto costituisce un valore fondante dell’Unione.

La risposta giudiziaria e le pronunce della Corte di giustizia sono state, almeno nella prima fase, sostanzialmente ignorate dalle istituzioni polacche. Di contro, si sono registrati da parte della Polonia veri e propri “rigurgiti nazionalisti” da parte di organi giudiziari polacchi, fondati su una presunta identità costituzionale nazionale da proteggere. Il riferimento è, in particolare, alla decisione del Tribunale costituzionale polacco K-3/21, che ha sostanzialmente propugnato un’inversione del principio del primato del diritto dell’Unione Europea, affermando la prevalenza della Costituzione polacca sul diritto eurounitario.

A fronte di queste resistenze e delle limitate misure che le autorità polacche hanno adottato in risposta alle pronunce della Corte di Lussemburgo, l’Unione Europea ha adottato ulteriori contromisure di carattere politico, alcune delle quali senza precedenti. È il caso, in particolare, dell’attivazione dell’articolo 7(1) TUE. Quest’ultimo consente, attraverso una deliberazione a maggioranza del Consiglio, di riscontrare un evidente rischio di violazione grave da parte di uno Stato membro dei valori fondanti dell’Unione di cui all’art. 2 TUE, tra i quali rientra lo stato di diritto e, dunque, l’indipendenza della magistratura. Tale procedura può anche comportare l’adozione di raccomandazioni formali rivolte allo Stato membro affinché ponga rimedio ai suddetti rischi.

Non è stata invece esperita l’ulteriore opzione dell’attivazione del meccanismo previsto dai successivi commi dell’articolo 7 TUE, il quale consente di sospendere alcuni dei diritti derivanti allo Stato membro dall’applicazione dei trattati ma richiede l’unanimità del Consiglio europeo. Rispetto a tale possibilità, infatti, si è registrato un asse di veti reciproci tra la Polonia e l’Ungheria di Orban che ne ha di fatto reso impraticabile l’utilizzo. Siamo rimasti, quindi, nell’ambito della procedura prevista dall’articolo 7 comma 1, la quale, tuttavia, non era mai stata attivata in passato.  

Oltre alla risposta attuata sulla base dei trattati, un altro importante strumento da menzionare è il regolamento 2020/2092 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2020 sulla condizionalità al bilancio europeo, ricordato in apertura dalla dott.ssa Filippi. Il regolamento condiziona l’erogazione di fondi europei al rispetto dei valori fondanti dell’Unione, tra i quali lo Stato di diritto e, quindi, l’indipendenza della magistratura. Di fronte a riconosciute violazioni della rule of law, la Commissione ha di fatto congelato ingenti fondi del Next Generation EU e del fondo di coesione destinati alla Polonia.

Un’altra risposta di rilievo in ambito eurounitario è stata data dall’ENCJ, la Rete europea che riunisce i Consigli di giustizia degli Stati membri dell’Unione. Tale organo ha tempestivamente escluso il Consiglio Nazionale della Magistratura polacco dalla rete dei Consigli europei, ritenendolo non indipendente dal potere esecutivo a seguito delle riforme portate avanti dal governo guidato dal PiS. Si è quindi potuto assistere ad una ferma reazione in sede sovranazionale anche da parte degli organi di rappresentanza e autogoverno della magistratura europea.

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Vale la pena ricordare anche la risposta di altri organi internazionali. La Commissione di Venezia ha espresso rilievi critici in molteplici pareri sulle modifiche legislative polacche, esprimendo preoccupazioni e raccomandazioni specifiche rivolte alla Polonia. Interessante da questo punto di vista, come ricordava la dott.ssa Filippi, è anche la checklist elaborata dalla Commissione di Venezia per riscontrare fattispecie sintomatiche della violazione dello stato di diritto. Si tratta di un ausilio interpretativo molto importante, specie nell’ottica di individuare tempestivamente i segnali propedeutici ad una regressione democratica.

Il GRECO (Gruppo di Stati contro la corruzione), un altro primario organismo del Consiglio d’Europa che si occupa di anticorruzione, ha espresso ulteriori rilievi critici con riguardo alle riforme polacche.

Restando sul piano internazionale, va richiamata inoltre l’ampia giurisprudenza sul punto sviluppata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. La Corte di Strasburgo ha avuto modo di giudicare alcune controversie aventi ad oggetto fattispecie di lesione dell’indipendenza della magistratura in Polonia, specialmente con riguardo all’articolo 6, comma 1, della CEDU, relativo al diritto a un tribunale indipendente e imparziale (ma non solo).

È interessante notare l’ideale dialogo instaurato sul punto con la Corte di Giustizia dell’Unione Europea. In una importante decisione del novembre 2023 nel caso Walesa cPolonia (ricorso n. 50849/21), la Corte di Strasburgo ha richiamato integralmente le conclusioni della giurisprudenza della Corte di giustizia sull’assenza delle più basilari garanzie di indipendenza della Camera per il controllo straordinario e gli affari pubblici, ricordando altresì che l’indipendenza della magistratura è un prerequisito e una garanzia fondamentale dello Stato di diritto.

 

3. Problematiche irrisolte e prospettive future

Mi avvio alla conclusione con un paio di notazioni finali collegate a quest’ultimo tema e ad altri evocati durante il dibattito di questo panel.

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In primo luogo, può valere la pena interrogarsi anche sulle ragioni di questi attacchi ripetuti e sempre più frequenti alla magistratura. In Polonia e Ungheria questi fanno apparentemente parte di una sorta di strategia politica per perpetrare un disegno di mutamento dell’ordinamento in senso illiberale. Spesso si tratta di un disegno palesato espressamente come nel caso del primo ministro ungherese Victor Orban il quale, in un discorso del 2014, affermava direttamente di voler costruire uno stato democratico non liberale.

La magistratura rappresenta un bersaglio naturale per i regimi illiberali, specie a fronte del crescente ruolo odierno svolto dal giudice. Un ruolo che emerge specialmente con riguardo alla tutela dei c.d. “nuovi diritti” e alle tematiche di frontiera del diritto che, peraltro, si è ulteriormente accentuato grazie all’integrazione sovranazionale e alla possibilità di disapplicare il diritto nazionale contrario al diritto dell’Unione.

Vediamo che, se in passato le associazioni per la promozione dei diritti collocavano le proprie manifestazioni sotto i palazzi delle assemblee legislative, sempre più spesso oggi le stesse manifestazioni avvengono di fronte ai palazzi ove hanno sede i tribunali costituzionali e le alte corti. La magistratura ha inoltre un fondamentale ruolo di garanzia dei diritti delle minoranze e delle istanze contro-maggioritarie e ciò contribuisce a renderla invisa al disegno di regressione democratica di un regime illiberale.

Non si tratta peraltro di una tendenza nuova: basti pensare al celebre passo in cui, già nell’Enrico VI, parte II di Shakespeare, il villain Dick il Macellaio afferma “The first thing we do, let’s kill all the lawyers”, con ciò alludendo – più che ai soli avvocati – ai giuristi in generale come denota il significato letterale di lawyers e, quindi, anche ai giudici. Come riconosciuto dal giudice Stevens della Corte Suprema americana negli anni Ottanta, con tale passaggio, Shakespeare ha perspicacemente chiarito che attaccare i giuristi costituisce la strada maestra verso il totalitarismo (Cfr. Walters v. Nat’l Ass’n of Radiation Survivors, 473 U.S. 305, 371 n. 24 (1985), Stevens, J., opinione dissenziente).

Concludo però con una nota positiva rispetto all’azione degli anticorpi esterni e interni di cui abbiamo parlato. In Polonia questi anticorpi interni hanno operato in modo non trascurabile. C’è stata una opposizione parlamentare, seppur ridotta; ci sono state manifestazioni del giudiziario, come la marcia dei giudici di Varsavia nel 2020 e interventi di associazioni senza scopo di lucro. Dal punto di vista esterno, il congelamento dei fondi dell’Unione Europea ha comportato una forte pressione politica dell’opinione pubblica sul governo guidato dal PiS.

Si tratta di fattori che, se non decisivi, hanno indubbiamente contributo anche all’esito delle ultime elezioni per il rinnovo del Parlamento polacco dell’autunno 2023. Tali consultazioni elettorali hanno infatti visto la prevalenza dell’opposizione pro-europeista guidata da Donald Tusk al quale, dopo alcune tensioni istituzionali, il Presidente Duda ha alla fine attribuito l’incarico di formare un nuovo governo, il quale sembra intenzionato a promuovere un ripristino delle garanzie dello stato di diritto nell’ordinamento polacco. La nuova compagine governativa ha così avviato un dialogo con le istituzioni dell’Unione Europea annunciando un piano di azione per il ripristino dello stato di diritto, anche sul fronte dell’indipendenza della magistratura. Tale apparente nuovo corso dell’agenda politica polacca in materia di giustizia è stato accolto con favore dalla Commissione europea, la quale si è recentemente impegnata a sbloccare i fondi destinati alla Polonia precedentemente trattenuti (complessivamente pari a circa 137 miliardi di euro). Nel maggio 2024, la stessa Commissione ha ulteriormente rivelato l’intenzione di chiudere la procedura dell’articolo 7(1) del TUE contro la Polonia. Si dovrà quindi attendere l’attuazione di queste riforme per valutare l’effettivo ripristino dello stato di diritto in un paese ove molte sono ancora le resistenze al nuovo corso europeista e nel quale restano i segni di anni di giustizia illiberale. Del resto, come insegna la lezione della storia di Giacomo Matteotti, lo stato di diritto – valore che abbiamo forse dato per scontato credendolo immune da involuzioni democratiche – non è una conquista di una notte ma piuttosto un impegno senza fine (M. Cartabia, The rule of law and the role of courts, in Italian Journal of Public Law, 1, 2018, 2).

In conclusione, e raccogliendo gli spunti critici sollevati, parto dal tema dell’importanza dell’apparato sovranazionale rispetto alla risposta ai tentativi di regressione democratica e lo ricollego al tema trattato dal professor Benvenuti, cioè il ruolo della magistratura. Si tratta di un tema senza dubbio delicato. Tuttavia, nel caso polacco, va rilevato che, sin dalle prime fasi di questa regressione democratica, i magistrati polacchi hanno identificato nella Corte di Giustizia un interlocutore naturale per portare gli attacchi alla loro indipendenza su un piano più alto rispetto a quello nazionale. Questo ha innanzitutto consentito quella reazione attuata con gli strumenti più “tradizionali” della procedura di infrazione, contribuendo a sviluppare una giurisprudenza della Corte di Giustizia che ha chiarito la contrarietà al diritto unionale di molte delle misure introdotte dalla Polonia. Concordo sul fatto che questa risposta non si è rivelata del tutto efficace, almeno da sola, tanto che la stessa Unione Europea ha dovuto ricorrere ad altri mezzi. Tra questi assumono particolare rilievo la richiamata procedura di cui all’art. 7(1) TUE ed il regolamento sulla condizionalità europea, che si è in effetti rivelato piuttosto efficace. Lo si vede anche dai toni della campagna elettorale durante le elezioni dell’autunno 2023 in Polonia. Il dibattito, nonostante la propaganda governativa, si è ampiamente focalizzato sulla necessità di sbloccare questi fondi – oltre cento miliardi – che, rispetto al PIL polacco, rappresentano importi davvero rilevanti per l’economia del paese.

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In questa dialettica favorita dalle iniziative dei magistrati polacchi che si sono rivolti alla Corte di Giustizia (tanto che il governo guidato dal PiS ha anche cercato di limitare la possibilità del rinvio pregiudiziale) si vede l’importanza della rete di cooperazione giudiziaria europea rispetto ai tentativi di limitare l’indipendenza della magistratura. Questo aspetto emerge in particolar modo nella giurisprudenza della Corte di Giustizia sul mandato d’arresto europeo. Alcuni giudici di Stati membri europei si sono chiesti se potessero fidarsi delle autorità giudiziarie polacche, con le quali devono cooperare, in presenza di evidenze di una situazione di mancata indipendenza della magistratura nel paese. Questo dialogo ha avuto un ruolo non trascurabile ed ha altresì avuto il merito di portare la questione da un piano meramente politico ad uno giuridico. Mentre infatti la Corte costituzionale polacca catturata ha tentato di rivendicare una pretesa identità costituzionale nazionale da far prevalere sul diritto dell’Unione, la giurisprudenza della Corte di giustizia ha chiarito che, dal punto di vista giuridico, l’identità nazionale non può valere come clausola culturale di esonero rispetto al diritto dei trattati. Infatti, lo stato di diritto, oltre a costituire un valore fondante dell’Unione in base a quegli stessi trattati, è parte integrante della cultura giuridica europea e pertanto deve essere garantito senza eccezioni.

[1] Per una compiuta disamina sul tema si rinvia a «Indipendenza della magistratura in Polonia. Lo “strappo nel cielo di carta” della rule of law e l’argomento identitario», in Giustizia Insieme, vol. 3 settembre-dicembre 2023, Dialoghi oltre i confini nazionali, p. 527.



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