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La sirena bicaudata, o bifida, la figura di donna con una doppia coda di pesce da lei saldamente tenuta in alto con le mani, è certamente il piĂą frequente, oltre che incompreso, simbolo che nel medioevo romanico tra il X ed il XIII sec. troviamo inserito su mura e pavimenti di Chiese e Pievi cristiane. La sua diffusione è vastissima e spazia dalla Irlanda, dove con piĂą frequenza si trova la simile ma diversa “Scheila-na-gig”, fino a Francia, Spagna, Svizzera e, qui altamente presente, l’Italia. Qui la si vede a Como, Milano, Pavia, Lucca, Pienza, Modena, Ravenna, Sovana (Vt), Cerveteri (Roma) e poi, in modo particolare, in tutta la Puglia. In territorio pugliese infatti si vede a Bitonto (Ba), a Monte S.Angelo (Fg), a Galatina a Bagnolo (Le) e, in ben quattro chiese, a Lecce cittĂ . Elenco, questo, puramente indicativo e certamente incompleto. Indubbia quindi, si evince da tutto ciò, è la grande importanza e valenza cristiano-religiosa data a quella figura in quel periodo storico. Ma questa figura-allegoria però la vediamo testimoniata, evidentemente con una pari o simile valenza, giĂ nel V-IV sec. a.C. in ambito etrusco in una necropoli a Sovana (Gr). Restando al medioevo quella figura, vuole poi notato, non si trova solo in Chiese e Pievi: seppure molto piĂą raramente essa la si vede in vari palazzi nobiliari ed anche su qualche stemma, sempre nobiliare. Questo denota, vedremo come e perchĂ©, che quella figura era caricata di un aspetto filosofico, era legata ad una nobiltĂ intesa quale condizione dell’uomo, del filosofo socraticamente inteso. PiĂą tarda, del 1555, è la grande statua di Sirena, corpo di donna e doppia coda di pesce, che si trova a Bomarzo (Vt) nel Parco dei Mostri e citata spesso, erroneamente a mio avviso, quale figura di Echidna. Largamente oggi incompresa, generalmente considerata una tra le tante figure di un supposto solo fantastico ed inspiegato “bestiario medioevale”, essa è oggi al piĂą suggerita secondo la lettura che delle Sirene, quelle classiche con una sola coda, è stata fatta a partire dal 300/400 dai padri della cristianitĂ paolina : al piĂą essa è considerata per come Ambrogio, assieme a tanti altri, la cita ovvero quale : < ..simbolo della melodiosa lusinga della voluttĂ . La voluttĂ del mondo ci lusinga anch’essa coi diletti della carne..> (U. Rahner-Le sirene di Ulisse). Ma quella figura dice ben altro, vediamo perchĂ©. La analisi del simbolo qui in esame, quello della sirena bifida, simbolo che manca di compiuti racconti mitologici che lo contemplino, deve con evidenza rivolgersi e partire da quanto ci è detto per le sue antenate Sirene omeriche. Sirene queste viste dapprima con volto femminile e corpo di uccello e poi, dopo alcune ibridi passaggi, con il corpo diviso: femminile per la parte superiore e di pesce, con una sola coda, per la parte inferiore. Su queste prime Sirene vedremo ora cosa si può dire e ricavare per potere, di conseguenza, capire come si può motivare e spiegare la lettura e l’uso in ambito “religioso-cristiano” della Sirena dalla doppia coda. Ultima importante nota è poi il fatto che, assieme ad Omero, di Sirene ci parla anche la tradizione giudaica. Per la versione della Settanta infatti, ci informa Rahner nel testo citato, i cui traduttori rendono il nome ebraico di una bestia sconosciuta con il greco “seirĂ©nes” cioè Sirene, ne dicono Giobbe (30.29), Isaia (13.21,22 ; 34.13 ; 43.20), Michea (1.8), Geremia (50.39). Quel termine, seirĂ©nes, in latino viene poi variamente riportato come “sciacallo o struzzo”, ma anche Gerolamo, continua Rahner, traducendo direttamente dall’ebraico Is. 13.22, legge quel termine come Sirene. Ora, su tutte queste piĂą antiche Sirene che per la iconografia ci sono mostrate ornitomorfe e poi ittiformi ma con una sola coda di pesce, possiamo vedere e dire che :-esse ci sono ben testimoniate sui sarcofagi questo fatto ci mostra una certa vicinanza delle Sirene all’animo umano. Esse sono infatti messe sui sarcofagi ad indicare un loro importante compito in quel momento di passaggio: accompagnano-seguono il defunto, la sua anima. Questa similitudine-legame con l’animo umano dalla critica è poco seguita ma così il loro ruolo nel momento del trapasso, generalmente ben riconosciuto, resta assolutamente inspiegato e misterioso. Vedremo proseguendo come e perchĂ© quella vicinanza può e deve invece essere portata a vera analogia.-esse hanno una doppia natura : in entrambe le forme con cui in antichitĂ sono rappresentate, ornitomorfe ed ittiformi, si mette in evidenza la costante di una loro doppiezza di natura. Ma tale doppiezza resta pur anche interna ad una unica figura e pertanto piĂą che dirci di “doppia natura quale origine-essenza” ci dice di una “doppia natura come carattere-azione” riportabile e riconducibile ad “una sola natura-origine-essenza. Non sempre considerato a pieno, questo aspetto è invece piuttosto importante, vedremo piĂą avanti come e perchĂ©.-esse sono variamente attestate nel numero di due o tre, ma anche quattro o sei: stante ciò è evidente che tali dati numerici, in sĂ© non possono nĂ© devono servire al nostro intento. Significativo è invece il fatto che, comunque, è di una pluralitĂ che si dice. Anche Omero nel dirne usa un “duale” che facilmente voleva dire di una generica pluralitĂ . La conseguenza che quindi si può trarre da ciò è il fatto che sono diverse le “azioni-strumenti-modi” coi
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