Da una parte la piena sintonia con il Presidente Sergio Mattarella sull’allargamento a Est dell’Ue e la rivendicazione delle scelte fatte a sostegno dell’Ucraina. Dall’altra il fronte sempre aperto con Emmanuel Macron, alle prese con il secondo round del vertice andato in scena lunedì a Parigi. Giorgia Meloni scuote il capo quando viene raggiunta dalla notizia, per lei più una mezza conferma, del secondo appuntamento a cui lavora il Presidente francese, in agenda già oggi. «A volte la toppa è peggio del buco», sentenzia chi si occupa a Roma del dossier ucraino.
LE CRITICHE
Era stata Meloni, nella riunione a 13 all’Eliseo, a sollevare con veemenza i dubbi sul formato scelto, non inclusivo, con mezza Europa lasciata fuori dalla stanza dei bottoni. Le sue perplessità sono condivise, anche il segretario della Nato Mark Rutte avrebbe avanzato più di un dubbio. Macron decide di allargare, oggi tornerà a sondare le posizioni tentando di giungere a una posizione unitaria: una mission impossible allo stato attuale. Per Roma quello in programma rischia di trasformarsi «nel vertice degli esclusi, dei non invitati alla festa». Che poi di tutto si tratta tranne che di una festa, perché si parla del futuro dell’Ucraina mentre l’Europa, insieme a Kiev, è rimasta fuori dai negoziati a Riad. «E le riunioni in ordine sparso certo non aiutano – ragionano fonti diplomatiche – semmai ne viene fuori l’immagine di un Europa ancor più debole e sfilacciata. Un segno di estrema fragilità che consegniamo all’America e alla Russia».
Della stessa idea il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Troppi summit, dice ospite del salotto di Bruno Vespa, rischiano di dare l’idea «di essere in difficoltà e di non credere in se stessi. Forse dobbiamo fare un vertice dei 27 Paesi membri dell’Ue che prenda una decisione chiara». Ma, stando ai rumors, il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, lunedì al tavolo dei 13, sarebbe ora combattuto sul da farsi, più che perplesso sulla convocazione di un nuovo appuntamento. Complice la fuga in avanti di Macron. «Teme che un eventuale vertice, da tenersi prima del Consiglio europeo di marzo, possa trasformarsi in un boomerang: troppe iniziative, se non ne usciamo con una linea unitaria diventa davvero insostenibile. Per questo vuole prima sondare, capire se ci sono i margini per uscirne compatti», spiegano fonti diplomatiche.
Se sulla rotta Roma-Parigi si naviga in acque agitate, sulla linea Palazzo Chigi-Quirinale si veleggia di bolina. Lunedì, quando la premier era volata all’Eliseo e il Capo dello Stato era finito nuovamente nel mirino di Maria Zakharova, la linea del silenzio era stata decisa insieme, governo-Quirinale. Ventiquattro ore dopo, incalzato dai cronisti, il Capo dello Stato si vede costretto a tornare sulla questione: opta per toni diplomatici ma fermi, evita la polemica diretta con Vladimir Putin. «Il mondo che noi vorremmo è quello che rispetta il diritto internazionale», scandisce. Da Palazzo Chigi filtra un sostegno totale, condito da una punta di orgoglio: «Saldamente al fianco di Mattarella, l’Italia la difendiamo insieme», commentano dallo staff della premier. Del resto nelle parole pronunciate ieri dal Presidente della Repubblica a Cettigne, antica capitale dei sovrani montenegrini, si legge in parte lo stesso schema di gioco portato avanti dalla presidente del Consiglio. 1) Puntellare il sostegno all’Ucraina; 2) Sostenere con forza l’allargamento a Est dell’Europa.
Meloni è da sempre in pressing su Bruxelles affinché il processo di integrazione europea dei Balcani occidentali prosegua spedito, senza tentennamenti. Un allargamento a Est per la premier è necessario, così come lo è per il nostro Capo dello Stato. Che teme un’Europa sempre più sola e indebolita, convinto che solo un suo rafforzamento politico, economico e militare potrà garantirgli di reggere l’onda d’urto di un’America sempre più sovranista e isolazionista. Meloni invece guarda a Cina, Russia e Turchia, i principali soggetti che operano nei Balcani. I primi due anche con l’obiettivo, mal celato, di destabilizzare l’Ue. Anche per questo crede che accelerare i tempi dell’adesione all’Europa sia necessario se non indispensabile. Altrettanto indispensabile, per Meloni, difendere i sacrifici fatti per Kiev, spendersi per una pace giusta e che non mortifichi tre anni di guerra, «al fianco di Davide contro Golia». E anche in questo il Presidente Mattarella può essere un valido, se non il migliore alleato.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link