Invecchiamento della forza-lavoro: soluzioni per le imprese

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Una delle principali sfide che le imprese sono chiamate ad affrontare è l’invecchiamento della popolazione e della forza-lavoro, conseguenza di fattori quali l’aumento dell’aspettativa di vita e la diminuzione del tasso di fertilità medio mondiale. 

Negli ultimi anni, infatti, il numero dei lavoratori tra i 55 e i 64 anni è aumentato notevolmente ed è diminuito nella fascia dei giovani tra i 15 e i 34 anni. Questo aspetto ha notevoli implicazioni per le società in termini di modelli di produzione e organizzazione del lavoro, tempi di lavoro, salute e sicurezza. 

É, pertanto, necessario per le imprese affrontare il tema della age diversity con progetti efficaci di Age Management al fine di creare un equilibrio tra le competenze e i modelli di pensiero delle diverse generazioni all’interno dell’organizzazione, gestire il prolungamento della vita lavorativa e promuovere le pari opportunità fra lavoratori di diverse fasce di età.

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Nella gestione dell’age diversity è possibile anche ricorrere a politiche di ricambio generazionale volte ad accompagnare alla pensione i lavoratori più anziani per favorire l’inserimento delle nuove generazioni.

Vediamo insieme alcune possibili soluzioni per le imprese.

La direttiva 2000/78/CE – sulla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – sancisce, tra gli altri, il divieto di discriminazione per etànell’accesso all’impiego e nello svolgimento del rapporto di lavoro. Le discriminazioni – anche quelle basate sull’età – possono pregiudicare il raggiungimento di un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale, la solidarietà e la libera circolazione delle persone, principî fondamentali dell’ordinamento UE.

Sulla base di tali premesse la Strategia per l’occupazione Europa 2020 – che aveva l’ambizioso obiettivo di portare entro il 2020 il tasso di occupazione al 75% fra i 20 e i 64 anni – ha rilanciato anche il cosiddetto “active ageing”, ricordando che «le riforme degli Stati membri devono garantire a tutti accesso e opportunità in tutto l’arco della vita, in modo da ridurre la povertà e l’esclusione sociale eliminando i fattori che ostacolano la partecipazione al mercato del lavoro, specialmente per le donne, i lavoratori anziani, i giovani, le persone con disabilità e gli immigrati regolari» (Consiglio dell’Unione europea, Decisione n. 707/2010).

Tra gli strumenti per favorire l’invecchiamento attivo e ampliare la partecipazione dei lavoratori anziani al mercato del lavoro l’UE individua, ad esempio, l’innovazione nell’organizzazione del lavoro, che consente la conciliazione tra vita privata e vita professionale, e l’apprendimento permanente, inteso come formazione continua di lavoratori con competenze professionali scarse e obsolete al fine di aumentarne l’occupabilità. 

Si tratta solo di alcune delle possibili strategie di Age management finalizzate ad assicurare eguali diritti ai lavoratori maturi, astenendosi dall’uso dell’età quale criterio di valutazione di idoneità e mettendo in risalto il loro contributo alla produttività.

L’invecchiamento della forza-lavoro è un fattore con forti implicazioni sul livello di salute e sicurezza all’interno delle organizzazioni. Alcuni studi, infatti, dimostrano che tra lavoratori più anziani il numero di infortuni è inferiore rispetto a quello dei loro colleghi più giovani, ma i danni riportati sono maggiori e i tempi di guarigione sono più lunghi.

Quanto ai minori livelli di produttività in genere associati ai lavoratori over 55, recenti studi evidenziano che i dipendenti più anziani hanno, invece, maggiore dedizione al lavoro, un atteggiamento più positivo verso le regole aziendali e bassi tassi di assenteismo. La minore produttività è, dunque, legata non all’età, ma ad altri fattori come la mancanza di riconoscimento e di valorizzazione del lavoro svolto che incidono negativamente sulle loro performance e che discendono da stereotipi e discriminazioni nei confronti dei lavoratori più anziani.

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Nel valutare i lavoratori più anziani, inoltre, vengono spesso menzionate a loro sfavore le minori capacità di apprendimento. Tuttavia, studi e ricerche mostrano che con l’avanzare dell’età il declino nella velocità di ragionamento e reazione e nella capacità di concentrazione e attenzione viene compensato da buone capacità mnemoniche e di risoluzione delle problematiche. Quindi, il problema non è rappresentato dalle minori capacità di apprendimento, ma dalla scarsa presenza di opportunità formative all’interno e al di fuori dell’ambiente di lavoro. 

Proprio dai dati e dalle osservazioni sopra evidenziati emerge quanto gli stereotipi e le discriminazioni in ragione dell’età incidano negativamente sull’organizzazione aziendale e al tempo stesso quanto sia importante l’Age Management: anche la diversità generazionale, se gestita correttamente, può valorizzare i lavoratori e influire positivamente sui risultati di business.

L’Age Management è una branca del Diversity Management che si occupa, infatti, di implementare iniziative aziendali volte a favorire l’integrazione e la valorizzazione delle diverse generazioni presenti in un ambiente di lavoro.Valorizzare le persone in funzione della loro età – creando un equilibrio tra le diverse generazioni di dipendenti, conciliando le differenze e le esigenze e traendo beneficio dalla loro reciproca interazione – rappresenta un asset fondamentale per le imprese e sta diventando, pertanto, una delle priorità per coloro che gestiscono le risorse umane.  

Quali sono le principali azioni da intraprendere per una migliore gestione delle diverse generazioni?

I primi step sono costituiti dagli investimenti sulla formazione e sull’ambiente di lavoro

É, quindi, indispensabile eliminare i limiti di età nell’accesso alle opportunità di apprendimento e riqualificazione delle competenze e riprogettare le postazioni lavorative e i ruoli. 

Continuare a formare anche i dipendenti più anziani significa motivarli al miglioramento e incrementare i loro livelli di produttività e di capacità di apprendimento. 

Migliorare la sicurezza delle postazioni di lavoro, l’ergonomia, l’illuminazione e riprogettare il ruolo dei dipendenti over consente di ridurre la probabilità di incidenti e infortuni, i livelli di stress e l’assenteismo con benefici sia per il clima aziendale che per la produttività.

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È, poi, consigliabile una revisione dell’assetto organizzativo nell’ottica di un’equa assegnazione dei carichi di lavoro e di una maggiore flessibilità.

Come sappiamo la maggiore flessibilità consente una migliore conciliazione tra vita lavorativa e privata, realizzabile, ad esempio, mediante il ricorso al part-time, allo smart working e al telelavoro. Rivedere l’assetto organizzativo significa anche affidare ai lavoratori più anziani un ruolo di mentoring per i più giovani e la gestione di progetti specifici nei quali è richiesta una maggiore esperienza o una memoria aziendale più consolidata; ciò consente di capitalizzare la conoscenza e le competenze in possesso dei lavoratori maturi.

Strumenti per il ricambio generazionale. Qualche cenno

È particolarmente utile per le imprese conoscere anche gli strumenti per l’accesso anticipato alla pensione che, pertanto, consentono il ricambio generazionale

In particolare, la legge di Bilancio per il 2025 ha prorogato i seguenti: 

  • Ape sociale, ovvero l’indennità riconosciuta – fino al conseguimento dei requisiti pensionistici di vecchiaia – ai soggetti che abbiano compiuto 63 anni e 5 mesi e si trovino in specifiche condizioni previste dalla legge (i.e. siano caregiver, invalidi, disoccupati o svolgano lavori usuranti). Tale beneficio non è cumulabile con i redditi di lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro lordi annui;
  • Opzione donna, ovvero il trattamento pensionistico anticipato per le lavoratrici che, entro il 31 dicembre 2024, abbiano raggiunto un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un’età di 61 anni (ridotta a 60 anni per le madri di un solo figlio e a 59 per quelle con due o più figli) e si trovino in specifiche condizioni previste dalla legge (i.e. siano caregiver, invalide, licenziate o dipendenti di imprese in crisi); 
  • Quota 103, ovvero l’accesso alla pensione anticipata da parte dei lavoratori che, entro il 31 dicembre 2025, raggiungano 62 anni di età e 41 anni di contributi.

In aggiunta agli accessi individuali alla pensione anticipata, il legislatore ha previsto anche alcuni strumenti di natura collettiva che i datori di lavoro hanno a disposizione per incentivare i dipendenti prossimi alla pensione a risolvere il proprio rapporto di lavoro, come l’Isopensione, previsto dall’art. 4 L. 92/2012.

Conclusioni

L’invecchiamento della popolazione e della forza lavoro è una sfida che le imprese non possono più ignorare. La gestione efficace dell’age diversity rappresenta un’opportunità strategica per migliorare la produttività e il benessere organizzativo, permettendo di gestire in modo inclusivo la forza-lavoro e garantendo una maggiore sostenibilità economica e sociale.

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