La Cassazione chiarisce i requisiti della pertinenza – Sistema Ratio

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La Cassazione sottolinea che, in tema di imposta comunale sugli immobili, l’esclusione dell’autonoma tassabilità delle aree pertinenziali, prevista dall’art. 2 D.Lgs. 504/1992, si fonda sull’accertamento rigoroso dei presupposti di cui all’art. 817 c.c., desumibili da concreti segni esteriori dimostrativi della volontà del titolare, consistenti nel fatto oggettivo che il bene sia effettivamente posto, da parte del proprietario del fabbricato principale, a servizio (o ad ornamento) del fabbricato medesimo e che non sia possibile una diversa destinazione senza radicale trasformazione, poiché, altrimenti, sarebbe agevole per il proprietario al mero fine di godere dell’esenzione creare una destinazione pertinenziale che possa facilmente cessare senza determinare una radicale trasformazione dell’immobile stesso. Va sottolineato anche che tale elemento non è di per sé sufficiente, in quanto l’Amministrazione deve comunque essere messa a conoscenza di tale destinazione.

Il regime fiscale agevolato riservato alle pertinenze trova possibilità di applicazione solo laddove il Comune sia effettivamente consapevole di tale vincolo pertinenziale, non potendo altrimenti applicare il correlato regime di favore. Tale consapevolezza, laddove non emerga da elementi di fatto conosciuti per altra via, non può che provenire dall’adempimento del contribuente alla prescritta procedura di comunicazione, non essendo viceversa consentito contestare l’atto con cui l’area asseritamente pertinenziale viene assoggettata a tassazione adducendo, solo nella fase di giudizio, la sussistenza del vincolo di pertinenzialità.

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Sulla scorta di considerazioni del tutto sovrapposte a quelle sopra riportate, la Corte di Cassazione è pervenuta alle medesime conclusioni anche con riferimento all’Imu (in tale identico senso si cfr. Cass. 2.03.2023, n. 6297). La Corte nell’ordinanza n. 3595/2025, sottolinea come, in difetto di una specifica disposizione tributaria, la nozione di pertinenza debba principalmente essere fatta derivare dalla nozione generale dell’art. 817 c.c.

L’indirizzo ermeneutico del giudice di Cassazione va condiviso per il raccordo che esso prospetta, in mancanza di una definizione fiscale dell’istituto, con la configurazione giuridica di pertinenza secondo la delineazione strutturale dell’art. 817 c.c., la cui nozione sottintende il riconoscimento, sul piano del diritto, della rilevanza del collegamento funzionale tra beni, come relazione durevole di utilità tra un bene principale e un bene accessorio. In dottrina (Costantino M “I beni in generale” in Tratt. Rescigno, I, Torino 2005) si sottolinea che lo scopo di tale rilevanza coincide con quello di conservare l’utilità del vincolo che si instaura tra i beni, consentendo in tal modo di tutelare gli interessi meritevoli che ineriscono l’utilizzazione dei beni stessi.

Tale collegamento funzionale, pur non determinando l’alterazione dell’identità giuridica e dell’autonomia del bene accessorio rispetto al bene principale, implica il riconoscimento giuridico di una nuova utilità, ulteriore e diversa, rispetto alla somma delle utilità fornite dai due beni singolarmente considerati. Una nuova utilità consistente nel rapporto di servizio o di ornamento di un bene rispetto all’altro. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2278/1990, ha ritenuto che il rapporto di connessione in questione debba essere inteso non solo come rapporto di connessione materiale o strutturale, ma essenzialmente come rapporto economico e giuridico di strumentalità e di complementarità di funzioni, che consenta una migliore utilizzazione o godimento del bene principale.

In ordine allo scrutinio dell’art. 817 c.c., viene infine ritenuto che il vincolo deve risultare effettivamente posto, nel senso che non deve risultare soltanto eventuale o possibile, in quanto non sarebbe sufficiente la teorica possibilità che un bene possa servire all’altro, al fine di renderlo più utile. La destinazione pertinenziale deve rendersi riconoscibile dai terzi, in quanto rivolta a modificare una preesistente situazione di fatto, instaurando un rapporto durevole rivelato e reso tangibile dalla natura e dalle prerogative d’uso dell’uno e dell’altro bene (Cass. Sent. 15.04.1982, n. 2280).



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