I colloqui di pace sull’Ucraina avviati in Arabia Saudita tra Russia e Stati Uniti d’America in assenza di ucraini ed europei sono la certificazione della vittoria politica – e ora geopolitica – di una destra ipernazionalista e tradizionalista che si incarna perfettamente in Trump e Putin, benedetta dalla monarchia assoluta, islamista saudita. Il trio dei petrostati iperconservatori mondiali sta decidendo quali saranno gli equilibri dell’Europa e – forse – del mondo e in quell’equilibrio c’è poco spazio per la democrazia liberale, mentre si dà per scontata la sconfitta storica della sinistra.
Dire, come ha fatto Vance, che l’Europa e l’Ucraina saranno chiamate al tavolo delle trattative al momento giusto (e quale sia lo deciderà Trump), equivale a umiliare la destra liberale e liberista europea e il regime di Kiev che, pur trattando gli oppositori interni più o meno come fa Putini, si è detto sempre fedele interprete in oriente dei precetti del liberalismo europeo.
E, salvo alcuni casi in cui le destre radicali si scontrano tra loro – come il governo israeliano e Hamas nella Palestina massacrata o come è stato in Siria tra i ribelli islamisti filoturchi e il regime baathista/fascista di Assad – basta scorrere il tragico catalogo delle oltre 50 guerre in corso nel mondo per capire che ormai il conflitto non è più tra destra e sinistra, tra conservazione neocoloniale e progresso, ma è una guerra per le risorse tra destra liberale e destra radicale e a volte tra le diverse sfumature di radicalismo.
In Africa, con la trasformazione di molti dei movimenti di liberazione ex marxisti-leninisti in partiti di potere autoritari, fascistoidi e cleptomani (vedi Angola, Mozambico, Congo… e ritornano gas e petrolio e c’è quasi sempre l’Eni e il Piano Mattei), lo scontro è tra il potere filooccidentale e movimenti che si ispirano o all’islamismo o alla destra pre-coloniale.
Le primavere arabe, che avrebbero dovuto portare democrazia e progresso in nord Africa e Medio Oriente si sono (ri)trasformate in regimi fascisti come quelli di Algeria, Tunisia ed Egitto, mentre governi autoritari come quello marocchino ormai sono stati dichiarati proprietari del Sahara Occidentale. La Libia è un buco nero che risucchia anche la credibilità della destra italiana. Tutto il Medio Oriente è da sempre governato da governi tradizionalisti e di destra, da repubbliche e monarchie islamiste e, praticamente estinta la sinistra palestinese, resta l’unica e disperata anomalia del confederalismo democratico kurdo, sedotto dalle vigliacche cancellerie occidentali che lo hanno prima utilizzato per sconfiggere i tagliagole neri dello Stato Islamico/Daesh e poi abbandonato alla vendetta della Turchia di Erdogan e delle sue bande di mercenari fascio-islamisti.
L’Iran sconfitto in Siria e Libano è ancora nelle mani di un regime teocratico che ha come nemico le donne e i progressisti che però non hanno – e non possono avere – partito e organizzazione politica. Anche nel turbolento Pakistan la sfida e tra destre confessionali che fanno la gara a chi è più radicale, mentre nella confinante e nemica India la destra induista, fascista e anti-islamica del Bharatiya Janata Party comincia a mostrare segni di cedimento, senza però che ci sia un’opposizione davvero unita.
Anche in Asia guerre e guerriglie sono tra regimi conservatori e destre spesso religiose, con l’unica eccezione del Myanmar, dove l’opposizione ha creato una coalizione politica ed etnica che si batte contro il regime militare fascista appoggiato sia dalla Cina comunista che da governi dichiaratamente di destra.
L’unica grande isola dove la sinistra resiste e si confronta e scontra con una destra aggressiva, golpista e nostalgica delle dittature militari fasciste è l’America Latina, dal Messico al Brasile. E qui la sinistra presenta molteplici facce: dal moderato governo cileno a governi come quelli del Nicaragua che, dietro la retorica ancora socialista, hanno ormai forme di potere chiaramente autoritarie e fascistoidi.
E’ la china che sta seguendo il Venezuela chavista di Maduro e che può portare ad esisti come quello del regime orwelliano di destra di El Salvador, alla torsione a destra dell’Ecuador, all’Argentina del motoseghista anarcocapitalista Milei, amico di Trump, Giorgia Meloni ed Musk.
In tutto questo è evidente il tragico errore della corsa al centro della socialdemocrazia per fermare la destra, diventando ad ogni passo più moderata e consegnando la sua base popolare alla rabbiosa propaganda neofascista.
E’ evidente la crisi della destra liberale e perbene che piano piano è stata mangiata dalla destra radicale – come in Italia – o ne ha assunto slogan e fobie con l’illusione di non farsi mangiare.
Come ha chiarito abbastanza bene Marina Berlusconi, ormai il nemico della destra liberale è quella illiberale e i famosi “valori occidentali” che i moderati liberaldemocratici dicono di voler difendere li sta demolendo proprio la destra sovranista con la quale si è scesi a patti per emarginare una sinistra che ormai è più che marginale e che come pericolo esiste solo nelle fantasie di qualche propagandista della destra di governo italiana.
In questo scontro armato, politico e ideologico tra le due destre la socialdemocrazia è stata prima schiacciate e poi buttata ai margini dello scegliere il meno peggio, incapace di dettare un’agenda che non sia quella della gestione dell’esistente, del tappare i buchi che si aprono nella diga democratica.
Il patto di guerra tra Trump e Putin ricorda molto la deriva della sinistra che più di un secolo fa si divise tra interventisti e pacifisti, dando la bandiera della guerra nelle mani dei fascisti e quella della pace nelle mani dei comunisti. Fu da quella carneficina che nacquero l’Unione Sovietica, il fascismo in Italia e il nazismo in Germania.
Oggi la storia sembra ripetersi in altri modi con la sconfitta politica ed egemonica della destra liberal-liberista che ha allevato nel suo seno la destra nazional-sovranista-iperliberista che sta organizzando una multinazionale nera e tecnocratica che si sosterrà con le grandi risorse ottenute con le buone e le cattive e che ha come base ideologica un populismo neoconservatore venato di diversi messianesimi – dal protestantesimo evangelico di Trump all’ortodossia cristiana di Putin, al wahabismo saudita – e che ha scelto come sacerdoti tecnocratici Musk e gli altri super-ricchi.
Quel che resta della sinistra non può semplicemente restare a guardare, deve cambiare narrazione, deve rispondere ai reazionari rampanti con una nuova idea del mondo e dell’umanità, ci<on un ecosocialismo figlio dei tempi e della storia.
Continuare a puntellare il neoliberismo perbene non è un’opzione, perché, alla fine, destra liberale e illiberale hanno la stessa idea dei rapporti sociali e sono entrambe convinte – e a ragione – che la guerra di classe esiste e l’hanno vinta i super-ricchi con l’entusiastico aiuto dei governi liberal-democratici, che ora si trovano sotto le mura pericolanti della democrazia che loro stessi hanno contribuito a indebolire.
Ma scegliere di stare a guardare, rifugiarsi in una nicchia ideologica condannandosi all’inconsistenza, è un’opzione che porta al suicidio politico.
Il sentiero che porta alla sinistra del futuro è stretto, accidentato e pericoloso. Scarpe rotte eppur bisogna andar.
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