L’intelligenza artificiale è già realtà in Fvg: ecco quali imprese la utilizzano e in che modo

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L’intelligenza artificiale è già qui. A dirlo è il report Fvg digitale 2024 pubblicato dal Ditedi, il Distretto delle tecnologie digitali del Fvg. Partendo dal presupposto che l’intelligenza artificiale sta diventando sempre di più un tema cruciale per il futuro delle imprese, lo studio cerca di capire come l’AI viene realmente integrata nei processi delle aziende tech del Friuli Venezia Giulia.

L’analisi

Il report Fvg digitale 2024 punta l’attenzione sulla trasformazione in atto, analizzando come l’AI supporti lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi, trasformi i processi aziendali e si collochi nel contesto di un mercato dominato dai big player internazionali.

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L’obiettivo

«Abbiamo cercato di comprendere meglio il ruolo che le imprese del digitale possono avere nel processo di comprensione e valorizzazione delle opportunità che l’AI fornisce (ma più in generale tutte le novità tecnologiche che emergono dai mercati internazionali) e le difficoltà che devono essere affrontate per una completa e consapevole adozione nel territorio – illustra il direttore del Ditedi, Francesco Contin -. Il nostro obiettivo è rappresentare al meglio le imprese digitali della regione Friuli Venezia Giulia, facilitando connessioni e relazioni tra aziende, istituzioni ed enti di ricerca e di trasferimento tecnologico e contribuire a rendere il nostro territorio sempre più attrattivo di idee, persone e capitali».

Da qui il tentativo «di coinvolgere e valorizzare le competenze del settore nelle attività di diffusione della cultura digitale e rendere le imprese protagoniste attive della trasformazione dell’economia regionale».


I numeri

Le imprese del Friuli Venezia Giulia operanti nel settore Ict (Information and Communication Technologies) sono 2.214 in aumento dello 0,9% rispetto al 2022. Per quanto riguarda la distribuzione territoriale, la provincia di Udine ospita quasi la metà delle aziende.

Tenendo però in considerazione anche la popolazione di ciascuna provincia, e valutando quindi la distribuzione pro capite, si legge nel report, «è la provincia di Trieste quella che registra il dato più alto in termini di imprese per mille abitanti, con 2.8 aziende, seguita da Udine, che consolida il suo ruolo trainante con 2.7 imprese ogni mille abitanti. A seguire Pordenone e Gorizia, quest’ultima con una diminuzione nel periodo 2022-2024 del 3.4% degli insediamenti, in controtendenza rispetto a quanto rilevato lo scorso anno, mentre Udine registra un incremento del 2%».


La spinta innovativa

Gli autori del report Guido Bortoluzzi, Maria Chiarvesio, Enrico Longato, Lorenzo La Porta e Martina Tomasetig ritengono che il settore digitale regionale rappresenti una forte spinta innovativa per l’economia e il sistema delle imprese regionali. A sostegno di questa tesi viene ricordato il numero delle startup innovative «che nel settore Ict sono 102, in calo di 26 unità rispetto al 2022, che operano principalmente nello sviluppo di software e rappresentano il 52% di tutte le startup regionali, a testimonianza dell’importanza del settore in termini di spinta innovativa».

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L’indicatore di propensione all’innovazione evidenzia come il 13% delle aziende del settore Ict regionale presenti almeno un segnale di innovazione. E le 2.214 aziende rappresentano il 9% di tutte le aziende regionali con una oggettiva propensione all’innovazione.

La collaborazione

La spinta innovativa delle aziende tech, grazie anche all’AI, non tocca solo prodotti e servizi, ma anche modelli di business e relazioni. «Start up innovative focalizzate sull’AI – si legge – nascono anche come spin off di realtà già esistenti o vedono coinvolti imprenditori già operanti in altre realtà del digitale. Contemporaneamente, la collaborazione esplicita con altre imprese in chiave ecosistemica consente di aggregare competenze complementari per strutturare offerte complesse o intercettare nuovi clienti attraverso molteplici canali di accesso al mercato». Il gioco di squadra diventa quindi un passaggio quasi obbligato che consente di far crescere in modo esponenziale le opportunità di sviluppo legate all’AI.

I modelli

Nel report vengono individuati almeno 3 modelli di utilizzo dell’AI. Il primo è quello dell’alta sartoria digitale, «con soluzioni realizzate in modo full custom attorno alle esigenze specifiche del cliente. È la situazione in cui, pur partendo da competenze consolidate e librerie software, vengono sviluppati progetti sempre nuovi». La soluzione viene insomma cucita su misura in base a specifiche esigenze.

Il secondo modello, piuttosto diffuso già in precedenza, «è quello del system integrator che utilizza “moduli” di AI per integrare e completare soluzioni IT di solito già in possesso del cliente, intervenendo quindi in modo verticale su alcune funzioni o attività. Un esempio è quando viene migliorato il processo di controllo qualità attraverso l’integrazione di telecamere ad alta sensibilità con algoritmi di selezione che auto-apprendono». Il terzo modello è quello del prodotto/soluzione a scaffale che, teoricamente, sarebbe altamente adattabile a diverse soluzioni, ma che al momento è ancora poco diffuso.

La rivoluzione

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«Questo report – concludono gli autori – ci ha fornito uno spaccato di tante piccole e medie realtà del mondo digitale che con grande dinamicità stanno generando nuove offerte di prodotti e di servizi (ricordiamo che il settore del digitale genera metà delle startup innovative della regione). Da sole o attraverso forme collaborative, incluse le reti d’impresa. Rimane la certezza che siamo di fronte ad una rivoluzione destinata a segnare profondamente il mondo produttivo, ben aldilà quindi dei confini del comparto dell’IT».



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