Lecanemab e donanemab possono rallentare il declino cognitivo e aggiungere mesi di indipendenza in chi è nelle prime fasi di malattia: ecco i calcoli
Una recente analisi della Washington University School of Medicine di St. Louis (Stati Uniti) pubblicata sulla rivista Alzheimer’s & Dementia: Translational Research & Clinical Interventions ha valutato i benefici dei nuovi farmaci monoclonali per l’Alzheimer in termini di impatto sulla vita quotidiana dei pazienti. Le due terapie, lecanemab e donanemab sono state di recente introdotte negli Stati Uniti dopo l’approvazione da parte della FDA (Food and Drug Administration). In Italia questi farmaci non sono ancora disponibili ma l’Agenzia Europea per il Farmaco (EMA) ha approvato per ora lecanemab nel dicembre scorso ed ora toccherà ad Aifa (Agenzia Italiana per il Farmaco) organizzarsi per rendere disponibile la costosa terapia anche nel nostro paese.
Uno degli aspetti che ha sollevato perplessità nel mondo medico è il reale beneficio clinico di questi farmaci sui pazienti. Lecanemab e donanemab rimuovono le proteine amiloidi dal cervello, segno distintivo della malattia di Alzheimer, ma i pazienti e i loro familiari spesso non percepiscono alcun miglioramento nelle capacità cognitive e di autonomia.
I ricercatori della Washington University School of Medicine di St. Louis hanno allora voluto spiegare con un linguaggio più accessibile i risultati clinici dei due studi che hanno riguardato le terapie e hanno calcolato quanti mesi aggiuntivi di vita indipendente (senza la necessità di un badante) un paziente affetto da Alzheimer potrebbe guadagnare grazie al trattamento.
Un paziente con sintomi molto lievi di declino cognitivo (come dimenticare gli appuntamenti o non riuscire a seguire bene le conversazioni) potrebbe vivere in modo indipendente 29 mesi senza trattamento. L’assunzione di donanemab ha aggiunto otto mesi di indipendenza, mentre l’assunzione di lecanemab ne ha aggiunti 10.
Le persone con sintomi lievi ma evidenti, come ripetere le stesse domande o perdersi, che vivono già in una struttura residenziale, vogliono spesso sapere quando avranno bisogno di cure aggiuntive e più costose. In questa fase della malattia, i ricercatori hanno stimato che il donanemab ha fornito 19 mesi aggiuntivi di capacità di vestirsi, mangiare e lavarsi in modo indipendente mentre lecanemab ha fornito 26 mesi aggiuntivi nel prendersi cura di sé.
Questi dati possono aiutare i pazienti e le loro famiglie a valutare i benefici rispetto ai costi e ai rischi del trattamento. I farmaci sono costosi, richiedono infusioni regolari e comportano rischi come alterazioni cerebrali correlate all’amiloide che, oltre a vertigini, cefalea, disturbi visivi, stato confusionale possono portare a rigonfiamento, edema ed emorragia cerebrale, con rischi talvolta anche gravi per la salute. Tuttavia, prolungare l’indipendenza, anche solo di alcuni mesi, può fare la differenza.
I ricercatori hanno analizzato i dati di 282 partecipanti a studi sull’Alzheimer per stimare la progressione della malattia senza trattamento. Hanno valutato la capacità di gestire attività quotidiane come cucinare, guidare e pagare le bollette. La perdita di indipendenza è stata definita come la necessità di assistenza in almeno tre di queste aree.
È importante notare che questi farmaci non sono una cura, ma possono rallentare il declino cognitivo. La decisione di intraprendere il trattamento deve essere presa in considerazione i fattori medici, le priorità e la tolleranza al rischio del paziente. «Voglio sottolineare che lo scopo di questo studio non era quello di sostenere o contrastare questi farmaci» ha detto la professoressa di psichiatria Sarah Hartz, autrice principale dello studio. «Lo scopo del documento è quello di mettere l’impatto di questi farmaci in un contesto che possa aiutare le persone a prendere le decisioni migliori per loro stesse e per i loro familiari».
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link