Progressismo non è progresso (lo dimostra Elon Musk)

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Di Diego Tagliabue

Al più tardi osservando le reazioni dei politici europei all’intervento del vicepresidente americano J. D. Vance e alle dichiarazioni di Elon Musk, dovrebbe essere chiaro, che l’Unione Europea è sostanzialmente un club dei progressisti, il quale annovera tra le sue schiere anche i cosiddetti popolari.

Dietro questa ideologia woke o rossoverde ci sono dei think-tank come Progressive Governance o Das progressive Zentrum (Il Centro Progressista). Basta una breve ricerca in internet, per farsi un’idea delle visioni e degli obbiettivi reali dell’agenda progressista, prima ancora che questa venga annunciata e messa in opera dalla sfera politica.

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L’Italia è (o dovrebbe essere) almeno due passi avanti a tutti gli altri Paesi in questa analisi, dato che proprio i comunisti italiani, orfani dell’Unione Sovietica, furono i primi a ribattezzarsi progressisti nei primi anni ‘90 e a cercare una fusione tra i trasformatori del vecchio PCI e la sinistra democristiana, dopo la morte politica della balena bianca.

Diciamolo: conosciamo i nostri polli!

La maggioranza degli italiani ne ha (finalmente) abbastanza, ma la frazione politica progressista (ormai diventata una nuova internazionale vera e propria) ha avuto una specie di “evoluzione” negli ultimi trent’anni: ai “principi” (se così è lecito definirli) dei sessantottini si sono aggiunti i dogmi quasi religiosi dell’ecologismo estremista.

Il risultato è una sintesi ideologica fortemente distopica e radicalizzata.

Se ieri lorsignori predicavano l’esproprio proletario sulla base del postulato marxista proprietà = furto, oggi asseriscono che la proprietà privata sarebbe da abolire, perché “nuoce al clima”.

Una delle “soluzioni” propugnate da questa “nuova sinistra” – in realtà una versione verde gretina della Scuola di Francoforte (Frankfurter Schule) – è la cosiddetta sharing economy, da non confondere con l’economia circolare, in quanto quest’ultima non prevede l’abolizione o la restrizione della proprietà privata.

La base di questa “economia di condivisione” è il libro Commons – Solidarische Ökonomie (Commons – Economia Solidale), edito dalla Fondazione Rosa Luxemburg (Rosa-Luxemburg-Stiftung), politicamente vicina al partito tedesco Die Linke (La Sinistra), erede della SED dell’ex Germania Est e casa politica di Carola Rackete.

Vale la pena riassumere brevemente i “principi” della Scuola di Francoforte e i loro architetti ideologici:

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  • il razzismo senza razze, secondo il quale non sarebbe lecito criticare una cultura/religione allotria, anche se questa è diametralmente opposta alla propria, è una creazione di Theodor Wiesengrund Adorno
  • l’abolizione della famiglia naturale (non solo tradizionale), in quanto questa “inibisce la sensualità dei bambini”, fu teorizzata da Max Horkheimer
  • la tolleranza repressiva, secondo la quale un regime democratico può limitare la libertà di espressione a chi, secondo lui, mirerebbe all’abolizione della democrazia, è un postulato ideologico di Herbert Marcuse, guru dei sessantottini
  • l’idea di dare del nazista a chiunque non sia di sinistra e non condivida strettamente materialismo e razionalità nel senso della dialettica dell’illuminismo nasce dalla penna di György Lukács. Il nome del suo pamphlet (La distruzione della ragione – La via dell’irrazionalismo da Schelling a Hitler) è un riassunto di quella tesi.
    Se Lukács riusciva a dare del (proto)nazista a Schelling (1775 – 1854), figurarsi se gli “intellettuali” del Leonkavallo non riescono a dare del nazista a chi non vota il PD!

Che cos’hanno a che fare questi “principi” dei progressisti con il progresso? Niente, assolutamente niente.

Che cos’hanno a che fare con la scienza? Ancora niente, assolutamente niente.

Negli anni ’70, i progressisti ecologisti avevano già pronosticato:

  • la morte delle foreste mitteleuropee per gli anni ‘80
  • il peak-oil per gli anni ‘90
  • il Duomo di Colonia sott’acqua per i primi anni 2000
  • l’assenza di neve nei nostri paralleli a partire dal 2010

Nessuna di queste previsioni, basata su calcoli (presunti) scientifici, si è avverata.

L’unica scienza funzionante in questo ambito è la psicologia delle masse, che si manifesta nell’isteria verde.

Questo spiega (almeno in parte) perché i progressisti si scannino paradossalmente proprio contro il pioniere della mobilità elettrica, colpevole di sostenere e di finanziare “la parte sbagliata”, mentre osannano chi finanzia l’inondazione dell’Italia e di tutta Europa con centinaia di milioni di cosiddette “risorse”.

Il PCI-PDS-ULIVO-DS-UNIONE-PD e i suoi amichetti socialisti e verdi praticano il principio pecunia non olet, premesso, però, che la pecunia finisca nelle loro tasche.

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Elon Musk viene tacciato pure di “feudalesimo tecnologico”. Secondo questa tesi, con l’accordo stipulato dal Governo Meloni con SpaceX e Starlink, l’Italia diventerebbe feudo del miliardario americano e perderebbe la sua sovranità.

Sentire la sinistra farneticare di sovranità, quando le fa comodo, è già grottesco abbastanza. La sinistra, però, propugna come alternativa un programma aerospaziale e di comunicazione satellitare europeo e, ovviamente, pubblico e statale.

La UE non è uno Stato, ma non vogliamo essere così pignoli. Perbacco!

Nel gennaio 2020 fu riportata la notizia, che SpaceX aveva mandato in orbita 60 satelliti di telecomunicazione in poche settimane.

Da ignorante barbaro di destra, non so quanti ne abbia lanciati l’ESA – l’ente spaziale europeo, “bello”, “pubblico” e “statale” – negli ultimi 30 anni. Devo constatare, però, che un sistema operativo europeo di telecomunicazione satellitare non esiste, nonostante un budget annuale che ha superato la soglia dei cinque miliardi di euro.

Quando l’ESA dà segni di vita al popolino, lo fa con le foto dell’astronauta di turno, che fa una bella foto della Terra dalla ISS, per dirci “scientificamente”, che Greta Thunberg e Klaus Schwab hanno ragione e, quindi, noi dobbiamo affrettarci a usare solo taxi elettrici (ovviamente non della Tesla brutta e cattivona), a mangiare grilli, cavallette e scarafaggi e a diventare multisessuali, per “salvare il clima”.

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Eh sì, lo chiamano “progresso”!

Nello stesso anno 2020 (in concomitanza con il semestre di presidenza tedesca della UE) si era svolto un dibattito parlamentare nel Bundestag, riguardante la “sovranità digitale europea”. A detta di tutti i gruppi parlamentari (eccetto voci critiche della AfD), questa “sovranità digitale europea” sarebbe indispensabile e imprescindibile anche in caso di vittoria di Joe Biden (il 2020 fu l’anno della sconfitta di Trump), perché anche Biden avrebbe fatto una sua versione di America First.

Ovviamente, il tutto riguardava anche almeno un social network europeo pesantemente regolato, ovvero censurato in senso woke.

Ebbene, sono passati quattro anni e un paio di mesi da quelle dichiarazioni, ma io non ho ancora visto neanche un sistema operativo europeo per computer/smartphone/tablet. Tutti i social media sono americani, ad eccezione di TikTok (cinese) e di VK (russo).

Oggi la UE scaglia anatemi contro Elon Musk e pure contro Mark Zuckerberg, colpevole di non collaborare più con i fact checker (il ministero della verità orwelliano), e minaccia di bannare X e Facebook, ma non ha una piattaforma simile made in Europe.

I progressisti sono in ritardo anche in materia di intelligenza artificiale. Anche qui, in testa ci sono gli USA (non solo Elon Musk) e la Cina.

L’Unione Europea ha, sì, annunciato lo stanziamento di 200 miliardi di euro per sviluppare un’intelligenza artificiale europea, ma la sua unica preoccupazione è che questa AI sia woke fino al midollo. Questa è la cosiddetta “algoretica europea”.

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Il dato di fatto, che una qualsiasi intelligenza artificiale ha un’architettura di pensiero completamente diversa da quella di un cervello biologico e non è scontato che pensi in base a quei “principi”, non è stato compreso da Ursula von der Leyen e compagni.

Come la mettiamo con l’approvvigionamento energetico di questa futura intelligenza artificiale europea?

Sveliamo un segreto di Pulcinella: solo con pannelli solari e mulini a vento del terzo millennio non potremo MAI produrre energia sufficiente per placare la fame di energia della AI.

In altri termini, l’idiozia naturale batte l’intelligenza artificiale. Cari compagni, fatevene una ragione!

Pochi esempi bastano, dunque, a dimostrare la dicotomia tra progresso e progressismo.

Siamo ben oltre la separazione tra cultura e civilizzazione secondo Oswald Spengler.

I progressisti stanno annientando la cultura europea in nome della cancel culture e provocando un’involuzione tecnologica in nome del gretinismo. Sognano una distopia tecnocratica come nel film L’uomo che fuggì dal futuro (originale THX1138) in salsa verde, ma non avranno neanche la corrente.

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