A quasi tre anni dall’inizio della guerra in Ucraina, l’elezione di Trump a nuovo presidente americano sembra aver dato una svolta al conflitto, con gli Usa che da principale sostenitore militare di Kyiv sono diventati il principale mediatore di pace.
Mercoledì scorso, il 12 febbraio, Donald Trump ha avuto una telefonata di 90 minuti con il presidente russo Vladimir Putin. Un evento senza precedenti, considerando che Joe Biden ha evitato ogni contatto diretto con il leader russo dall’inizio del conflitto.
Secondo le indiscrezioni, i due avrebbero concordato di avviare immediatamente dei negoziati di pace. Solo dopo Trump ha chiamato il presidente ucraino Zelensky per un’ora di colloqui. Ma la sensazione è che Trump voglia sistemare in fretta e furia la questione ucraina, facendone una questione a due fra lui e Putin, e sostanzialmente lavandosene le mani, e poi dedicarsi ad altro.
Secondo quanti riportano i principali media Usa, il piano di Trump si baserebbe su due punti chiave:
- Porre fine alla guerra con la diplomazia, portando Russia e Ucraina al tavolo delle trattative.
- Il passaggio della responsabilità della sicurezza dell’Ucraina dagli Usa all’Europa, con l’Ue che dovrebbe avere, a detta di Trump, il compito di armare Kyiv e garantire la sua sicurezza.
Non sappiamo ancora dettagli a livello dei confini ucraini, ma il nuovo Segretario alla Difesa USA, Pete Hegseth ha dichiarato apertamente che riportare l’Ucraina ai confini del 2014 – che era l’obiettivo dichiarato dell’Amministrazione Biden e del governo Zelensky – è un obiettivo irrealistico e che insistere su questa linea non farebbe altro che prolungare il conflitto. Inoltre, ha chiarito che l’adesione dell’Ucraina alla NATO – quel percorso che solo lo scorso luglio era stato definito irreversibile dai paesi NATO – non è più sul tavolo.
Per garantire la pace, secondo Trump e Hegseth, serviranno truppe europee (e non NATO) in Ucraina con una missione di peacekeeping. Inoltre, l’America non manderà suoi soldati e l’Articolo 5 della NATO (quello sulla difesa collettiva) non si applicherà all’Ucraina. Insomma, una sorta di neutralità forzata per Kyiv, che potrebbe essere la chiave secondo la nuova amministrazione Usa per una pace duratura.
Comunque, questo protagonismo nella mediazione per la pace ha creato un certo scompiglio tra i leader europei, che si sentono tagliati fuori dalle trattative. Anzi, ancora peggio, si sentono tirati in ballo nelle conseguenze della decisione, senza avere voce in capitolo sulla decisione stessa.
Ieri c’è stato una sorta di vertice d’emergenza, convocato dal Presidente francese a Macron a Parigi nel tentativo di trovare una strategia comune e non farsi tagliare fuori dalle trattative per la pace. Un vertice diciamo esclusivo, che coinvolgeva solo alcuni capi di stato dei paesi considerati più influenti. Una strategia vera e propria comunque non è che sia proprio emersa, anche per via delle spaccature interne all’Unione con alcuni governi, in primis quello italiano, che sono un po’ a metà fra la partecipazione europea e diciamo le sirene trumpiane.
Anche il governo ucraino sembra turbato da questa iniziativa a due fra Trump e Putin. Zelensky ha dichiarato che “senza gli USA, le garanzie di sicurezza non sono reali”, e che non riconoscerà nessun piano di pace che non contempli l’ucraina nella sua negoziazione.
Persino a livello interno americano la proposta ha diviso anche la politica americana. I falchi repubblicani e i democratici pro-guerra non vedono di buon occhio un ritiro degli USA, e probabilmente faranno di tutto per sabotare i negoziati. Dall’altro lato, alcuni democratici potrebbero cogliere l’occasione per riscoprire il loro lato pacifista e spingere per una soluzione diplomatica.
Trump però tira dritto. Oggi, martedì 18, a Riad, due delegazioni di Stati Uniti e Russia si incontreranno per discutere un possibile cessate il fuoco, senza coinvolgere né l’Europa né l’Ucraina. La delegazione russa sarà guidata dal ministro degli Esteri, Sergéi Lavrov, e dal consigliere del Cremlino, Yuri Ushakov mentre per gli Stati Uniti, è prevista la partecipazione del segretario di Stato, Marco Rubio, del consigliere per la Sicurezza Nazionale, Mike Waltz, e dell’inviato presidenziale per il Medio Oriente, Steve Witkoff. Quindi comunque pezzi grossi, che dovrebbero spianare la strada per un incontro Trump-Putin.
Ora che dire. Trump, sta facendo il Trump, ma in fin dei conti sta rispettando quello che ha promesso. Una pace forzando la mano e la tutela degli interessi americani. Da un lato si tratta perlomeno di una strategia piuttosto onesta. Non si può rimproverare a Trump di tramare cose nell’ombra o di edulcorare la realtà, o di spacciare interessi geopolitici dietro la difesa di certi valori.
E come dicevamo qualche tempo fa, probabilmente un cessate il fuoco è meglio di continuare ad alzare l’asticella del conflitto, come invece ha fatto per buona parte l’amministrazione Biden. Certo è che questo scenario apre a diversi interrogativi.
Innanzitutto mette l’Europa di fronte alla propria pochezza geopolitica. L’Europa sarà in grado di colmare questo gap e di garantire un equilibrio, e magari una progressiva pacificazione reale con la Russia? Oppure affidare la difesa di Kiev all’Ue vorrà dire affidare l’Europa alla Russia, solleticando ulteriori appetiti di Putin?
Poi ci sono anche altri temi. Come notano ad esempio Medea Benjamin and Nicholas JS Davies su Sheer Post, Se da un lato l’iniziativa trumpiana per la pace in Ucraina ha un peso enorme, c’è anche il rischio che il vero obiettivo sia solo spostare l’attenzione su altre battaglie. Sempre il segretario alla difesa Hegseth ha spiegato che il Pentagono ora si concentrerà su due priorità:
- La lotta all’immigrazione negli USA.
- Il confronto con la Cina.
In pratica, secondo i due analisti, gli Stati Uniti vogliono lasciare l’Europa a gestire l’Ucraina mentre si preparano a uno scontro geopolitico ben più grande. Come verrà gestito il confronto scontro con la Cina? Sarà un confronto commerciale o ci sarà un’escalation?
Insomma, ci sono tanti punti interrogativi. Al netto di tutti questi però, devo fare i conti io per primo con i miei bias personali e cercare di fare in modo che la mia personale poca simpatia per Trump, mettiamola così, non mi faccia riconoscere che comunque il fatto che perlomeno ci sia dialogo e si parli per la prima volta da 3 anni di cessate il fuoco in Ucraina è un passo in avanti importante. perché, parere mio, una pace fatta male è comunque meglio di una guerra fatta bene.
E perché la guerra causa migliaia di conseguenze negative, dalle più drammatiche, come la morte di migliaia di persone, a cose apparentemente più piccole ma non trascurabili. Vi porto un esempio fra i tanti prendendo spunto da un articolo a firma di Riccardo Liguori su GreenMe che spiega che la guerra in Ucraina sta avendo conseguenze pesanti anche a livello climatico, non solo per il suo impatti diretto, ovvero le emissioni di tutto il comparto bellico e la distruzione ambientale che ne consegue, ma per un effetto difficile da prevedere.
In pratica, molte compagnie occidentali hanno dovuto evitare lo spazio aereo russo, allungando di parecchio i percorsi e aumentando le emissioni di CO₂. Il risultato è stato un +1% di emissioni globali dal settore aereo, che in termini assoluti significa 8,2 milioni di tonnellate di CO₂ in più in un solo anno.
Un incremento significativo, insomma. All’interno di un settore già molto impattante e che lo sta diventando ancora di più, pensate un po’, proprio per via della crisi climatica. Perché come mostra un altro studio con l’aumento delle turbolenze atmosferiche per via del clima che cambia i voli diventano meno efficienti e consumano di più.
Ovviamente il problema dei voli aerei è un problema che va molto al di là della guerra in Ucraina, ma in un sistema in cui tutto è connesso, gli effetti negativi della guerra vanno ben al di là di quelli che riusciamo a prevedere e immaginare. E quindi una pace, se arriverà, è comunque qualcosa da celebrare.
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