CESSIONE DI FABBRICATO CON CAMBIO DI DESTINAZIONE D’USO “SENZA OPERE”: PER IL CALCOLO DEL QUINQUENNIO SI GUARDA SEMPRE ALLA DATA DI ACQUISTO O COSTRUZIONE

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Una recente risposta dell’Agenzia dell’Entrate (10/2025) ha toccato il tema delle cessioni di fabbricati operate da “privati” e cioè da persone fisiche non nell’esercizio d’impresa o arti e professioni.
Come noto, le plusvalenze eventualmente scaturenti da queste cessioni sono annoverabili tra i “redditi diversi” [art.67 comma 1, lett. b) del TUIR] se, tra la data di acquisto o costruzione e quella di cessione, non siano trascorsi più di cinque anni.
La norma non si applica – lo ricordiamo – quando la cessione [quindi, anche se infra quinquennale] abbia per oggetto fabbricati acquisiti per successione oppure unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione siano state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari.
Ora, il caso preso in esame nell’interpello riguarda l’acquisto di un magazzino che dopo tre anni è stato oggetto di una variazione catastale per cambio di destinazione d’uso divenendo un’abitazione civile, senza però che siano state eseguiti sull’immobile “interventi fisici” e che dunque si sia trattato per l’appunto di una variazione catastale “senza opere”.
Sostanzialmente, viene quindi chiesto dall’interpellante quale data rilevi come termine iniziale ai fini del calcolo del quinquennio: se, cioè, quella del rogito di acquisto oppure quella della variazione catastale [sempre “senza opere”] da magazzino ad abitazione.
L’Amministrazione finanziaria risponde che la variazione catastale, proprio perché effettuata – vale la pena ribadirlo ancora – “senza opere”, non rileva ai fini del computo del quinquennio, in quanto non riconducibile né alla condizione di acquisto né a quella di costruzione, che sono le due vicende che la norma pone come momento di decorrenza iniziale del periodo di osservazione quinquennale.
Di conseguenza, interamente decorso il quinquennio dall’acquisto originario o dalla costruzione – potendo rientrare in quest’ultima ipotesi [anche se l’AdE non si pronuncia espressamente in tal senso, ma lo si deduce “a contrario”] anche interventi strutturali importanti ragionevolmente assimilabili alla costruzione – la cessione non potrebbe più generare plusvalenza imponibile.
Riproponendo il concetto in termini generali, un magazzino (C/2) acquistato in data 15/03/2020 e “trasformato” [sempre senza alcun intervento fisico sul bene] in appartamento (A/2) in data 30/04/2023, potrà essere ceduto in data 15/04/2025 senza timore di dover scontare imposte sull’eventuale plusvalenza essendo a quella data già trascorsi più di cinque anni dall’acquisto originario [termine iniziale, come detto, di decorrenza del quinquennio di osservazione ai fini della presunzione di cessione speculativa] non rilevando infatti a questo fine – attenzione – la variazione catastale del 30/04/2023.
La variazione catastale assume invece assolutamente rilievo in una diversa situazione sempre riguardante questo tipo di cessioni.
Ci riferiamo a una delle condizioni esimenti della tassazione poc’anzi richiamate e cioè la destinazione dell’immobile ad abitazione principale del cedente o dei propri familiari per la maggior parte del periodo intercorrente tra la data di acquisto/costruzione e quella di cessione.
In questo caso, per il calcolo del periodo di destinazione dell’immobile ad abitazione principale le risultanze catastali prevalgono senza dubbio sulle situazioni di fatto.
Anche qui un semplice esempio può valere più di mille spiegazioni.
Pensiamo a un immobile accatastato come ufficio (A/10), acquistato il 15/03/2020 e destinato in concreto fin dall’acquisto ad abitazione principale, ma ri-accatastato in appartamento soltanto il 15/04/2023.
Un’eventuale cessione plusvalente dell’immobile effettuata il 15/04/2024 sconterebbe l’imposta perché il periodo di utilizzo come abitazione principale rileverebbe (ecco il punto) solo dalla data di accatastamento in abitazione civile, a nulla rilevando l’effettiva destinazione in tal senso avutasi per il periodo anteriore a tale variazione, in cui l’immobile era ancora accatastato come ufficio.
Augurandoci di essere stati sufficientemente chiari ed esaustivi, queste sono tutte indicazioni evidentemente da tenere ben presenti nel caso ci si accinga a cedere immobili in queste condizioni.

 (stefano civitareale)

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