In molti contesti i follow-up hanno una funzione di richiamo e di sollecito. Il discorso di Mario Draghi al parlamento europeo dello scorso 18 febbraio sulle novità intervenute dopo la presentazione del suo Rapporto sulla competitività europea lo scorso settembre è soprattutto un grido d’allarme. Mira a indurre le istituzioni ad agire in fretta e sempre più come se l’Europa fosse un unico Stato superando i veti reciproci che frenano i cambiamenti necessari. Ma quali sono anzitutto i fatti sopravvenuti negli ultimi mesi, secondo Mario Draghi?
La corsa della AI con l’Europa rimasta indietro
In primo luogo, i progressi dei sistemi di Intelligenza artificiale (AI) hanno subito una forte accelerazione. I nuovi modelli hanno superato la soglia dell’80% di accuratezza, battendo i risultati degli esperti umani.
I costi dello sviluppo dell’AI si sono ridotti drasticamente. Tuttavia tra i dieci modelli più avanzati, otto sono stati sviluppati negli Stati Uniti, due in Cina. L’Europa è oggi fuori dalla competizione e ogni giorno di ritardo allontana di più la frontiera tecnologica alla quale bisognerebbe avvicinarci.
L’energia costa sempre di più
In secondo luogo, i costi dell’energia continuano a salire penalizzando soprattutto le imprese energivore. In particolare i prezzi del gas naturale, già volatili, hanno subito un aumento del 40% da settembre. Lo scorso dicembre in Germania anche a causa di fattori metereologici che hanno ridotto la produzione di energia solare ed eolica, i prezzi sono aumentato oltre dieci volte la media annuale.
La svolta geopolitica di Trump
Infine, il contesto geopolitico è mutato. Il Rapporto segnala soprattutto la crescita della Cina, ma ora si profila anche l’imposizione di dazi da parte della nuova amministrazione americana, incidendo negativamente sulle esportazioni nel mercato americano che è quello più importante per l’Europa.
Inoltre i dazi già imposti alla Cina indurranno quest’ultima ad aumentare le esportazioni in euro come sbocco della propria sovracapacità produttiva, colpendo così ancor più le imprese europee che già subiscono una forte concorrenza (si pensi al settore delle automobili). Ancora, gli Stati Uniti mirano ad attrarre le imprese europee sul proprio territorio grazie a livelli di tassazione favorevoli, costi bassi dell’energia e deregolamentazione.
Come deve muoversi l’Europa
Le risposte dell’Europa richiedono un coordinamento molto più stretto tra gli Stati membri (parlamenti e governi), parlamento europeo e Commissione europea. Quest’ultima pochi giorni fa ha emanato un documento di policy (Competitiveness Compass) che individua le azioni concrete da intraprendere entro il 2029 per colmare il divario nei settori più innovativi, rendere compatibile l’obiettivo della decarbonizzazione con quello della competitività, ridurre la dipendenza dai paesi extra-Ue in funzione della sicurezza.
Una spesa aggiuntiva di 750-800 miliardi
Nel suo discorso, Draghi ha stimato in 750-800 miliardi di euro i finanziamenti necessari per attuare questo programma. A questo fine occorre razionalizzare gli strumenti di supporto finanziario già esistenti a livello europeo, ma Draghi rileva che non sono previsti nuovi fondi europei. È necessario altresì adottare una politica più flessibile in materia di aiuti di Stato soprattutto allo scopo di sostenere progetti europei.
Il discorso di Draghi pone anche l’accento sulla necessità di abbattere le barriere interne, armonizzare e semplificare le regolazioni. Una standardizzazione è necessaria soprattutto nel settore degli armamenti che in questa fase diventa cruciale per dotare l’Europa di una difesa comune in grado di fronteggiare le sfide che si prospettano.
In definitiva, il mercato interno europeo ha una dimensione comparabile a quello degli Stati Uniti ma è penalizzato dal proprio assetto normativo. Le barriere interne equivalgono secondo il Fondo monetario internazionale a una tariffa di circa il 45% nel settore manufatturiero e del 110% nel settore dei servizi. Le regole europee sulla protezione dei dati personali hanno incrementato del 20% i costi dei dati sopportati dalle aziende europee.
Industrie tradizionali e settori innovativi, obiettivi paralleli
Interessante nel discorso di Draghi lo spunto secondo il quale la scelta tra supportare le industrie tradizionali (acciaio, chimica, nei quali l’Europa è ancora forte) e puntare sui settori più innovativi non è una scelta binaria. I due obiettivi vanno perseguiti in parallelo. Se si fruttano le economie di scala nel mercato interno e si integrano i mercati dell’energia, anche le industrie tradizionali otterranno risparmi di costi e saranno competitive.
Il messaggio di Draghi è dunque chiaro ed è stato anticipato in un articolo del Financial Times del 15 febbraio scorso che si conclude con la seguente affermazione: proseguire lungo le vecchie strade non dà risultati sul benessere degli europei, né sulle finanze pubbliche, né sull’autonomia nazionale, minacciata da pressioni dall’estero. Ecco perché è «a radical change is needed». (riproduzione riservata)
*ordinario di diritto amministrativoSapienza Università di Roma
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