Il cambiamento climatico ha effetti sulla respirazione dei neonati. Lo studio

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Uno studio realizzato dall’Università di Torino mostra come il cambiamento climatico può causare problemi respiratori nei neonati

Il cambiamento climatico e gli eventi climatici estremi ed esso collegati hanno un impatto sulla nostra salute, compresa quella dei neonati. È quanto emerge da uno studio intitolato “Exposure to climate change-related extreme events in the first year of life and occurrence of infant wheezing”, condotto da un team di ricerca dell’Epidemiologia della Città della Salute e dell’Università di Torino e pubblicato sulla rivista Enviroment International.

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I partecipanti allo studio su neonati e cambiamento climatico

I partecipanti allo studio fanno parte del progetto Ninfea, sempre legato all’Università di Torino e ha visto la partecipazione di circa 7500 madri durante la gravidanza in tutto il paese per 11 anni (2005-2016). Per essere incluse nello studio, le donne dovevano avere una conoscenza sufficiente della lingua italiana e la disponibilità di accesso a Internet. Sono state sottoposte a un primo questionario per l’arruolamento, e sono state seguite con i loro figli con altri questionari a 6 e 18 mesi dopo il parto e quando i bambini hanno compiuto 4, 7, 10, 13 e 16 anni di età.

L’obiettivo della ricerca

Gli studiosi erano interessati agli episodi di “wheezing”, ossia respiro sibilante precoce nei neonati tra i 6 e i 18 mesi e a come le patologie respiratorie fossero collegate al cambiamento climatico. Per farlo i ricercatori hanno esaminato l’effetto dei soggetti all’esposizione a temperature e precipitazioni estreme, siccità e incendi boschivi. Tutti fenomeni che sono in aumento: ad esempio secondo gli scienziati del World Weather Attribution e del think tank climatico Climate Central nel 2024 il cambiamento climatico ha aggiunto mediamente 41 giorni di calore estremo a livello globale.

I risultati ottenuti

I risultati dello studio dell’Università di Torino mostrano che l’esposizione precoce al caldo e alla siccità è associata a un rischio maggiore di respiro sibilante nei neonati. Nello specifico ogni ondata di calore aggiuntiva nel primo anno di vita aumenta del 16% il rischio di respiro sibilante nei neonati. La siccità estrema è invece associata a un aumento del rischio del 10%. Infine è emerso anche che l’esposizione cumulativa a eventi estremi durante l’infanzia potrebbe avere un impatto sulla salute a lungo termine.

Intervenire sul cambiamento climatico

I ricercatori sottolineano l’importanza da parte dei decisori politici, di intervenire in modo urgente sul cambiamento climatico, per salvaguardare la salute delle generazioni presenti e future. Concentrarsi esclusivamente sulla capacità di adattamento potrebbe essere insufficiente, se non adeguatamente supportato da solide strategie di mitigazione del clima che cambia. Inoltre gli effetti osservate dallo studio nella prima infanzia, suggeriscono che il cambiamento climatico sta già influenzando la salute della popolazione.

Uno studio che fa da apripista

Silvia Maritano, prima autrice dell’articolo e ricercatrice presso l’Epidemiologia della Città della Salute e dell’Università di Torino ha così commentato il lavoro svolto: “I risultati di questo studio sottolineano l’importanza di considerare le conseguenze del cambiamento climatico come potenziali determinanti di patologie croniche in ottica longitudinale. “Questo lavoro apre la strada a nuove ricerche sui rischi a lungo termine del cambiamento climatico, mettendo in luce l’urgente necessità di politiche congiunte di mitigazione e prevenzione volte a ridurre l’esposizione ai fenomeni meteorologici estremi fin dalle prime fasi di vita delle persone“, conclude Maritano.

Temperature sempre più elevate

L’allarme degli esperti sul cambiamento climatico è sempre più forte: ad esempio gennaio 2025 è stato il mese di gennaio più caldo mai registrato a livello globale, secondo quanto dichiarato da Copernicus, il servizio della Commissione Ue e dell’ESA di monitoraggio satellitare del Pianeta. A questo si aggiunge anche l’allarme lanciato dal celebre climatologo statunitense James Hansen, secondo cui l’obiettivo dei 2°C di riscaldamento globale è ormai fuori portatae dobbiamo concentrarci su altro.

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