Nuovo Giornale Nazionale – CORTE PENALE INTERNAZIONALE: IMPARZIALITA’ E COSTI DA DISCUTERE

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di Dario Rivolta *

NG**

Non è facile oggi parlare della Corte penale internazionale, soprattutto per chi, come il sottoscritto, plaudì alla sua nascita a Roma nel 1998. Purtroppo alcuni dei Paesi a vario titolo tra i più importanti del mondo non vi aderirono, sminuendo così, da subito, “l’internazionalità” di quel tribunale. Anche gli Stati Uniti, pur avendo inizialmente firmato lo Statuto di Roma, nel 2002 si ritirarono opponendosi alla giurisdizione della Corte sui propri cittadini. La stessa cosa fece la Russia (2016) dopo che la CPI definì l’annessione della Crimea una “occupazione” nonostante si fosse tenuto un referendum e che tutti sapessero che, in realtà, la maggioranza della popolazione fosse etnicamente russa. Mosca criticò la Corte definendola politicizzata e inefficace.
La Cina non vi aderì dall’inizio e la accusò di voler concentrarsi soprattutto contro i Paesi africani e di voler violare le sovranità nazionali. Stesso atteggiamento tenuto dall’India, da molti Stati dell’Africa nera e dalle Filippine. Fu ben presto chiaro che la CPI sarebbe stata un’istituzione monca e che non solo il suo potere, ma anche la sua credibilità non avrebbero mai potuto essere al di sopra di qualche dubbio.
Attualmente chi ha ratificato l’adesione e ne è rimasto membro sono 125 Paesi così distribuiti: 33 Stati africani, 19 Stati dell’Asia-Pacifico, 20 Stati dell’Europa orientale, 28 Stati dell’America Latina e dei Caraibi e 25 Stati dell’Europa occidentale. Sebbene l’adesione alla CPI sia considerata un requisito politico per i Paesi che aspirano a entrare nell’UE, nessuno può oggi negare che l’azione della Corte sia percepita da molti come mossa da considerazioni più politiche che giuridiche.
Un giurista italiano di fama internazionale e amico di Norberto Bobbio, Danilo Zolo (1936-2018), in una intervista del 2011 dichiarò che sino a quel momento il procuratore generale che gestì la Corte per i primi nove anni, Luis Moreno Ocampo (Argentina, in carica dal 2003 al 2012) si era contraddistinto per il suo ossequio verso le potenze occidentali, principalmente Stati Uniti e Gran Bretagna. Zolo ricordò come Ocampo avesse fatto archiviare ben 240 denunce contro i crimini commessi dalle truppe anglo-americane in Iraq con la motivazione che in quegli eccidi non ci fosse alcuna “intenzione dolosa” e che la strage di decine di migliaia di civili fosse stata “involontaria”. Anche la guerra contro Muammar Gheddafi in Libia nel 2011 fu giustificata dalla Corte e, nonostante gli USA non ne fossero più membri, quando Washington chiese il suo intervento contro lo stesso Gheddafi, in meno di cinque giorni la Corte emise otto mandati di cattura contro uomini del rais, il rais stesso e suo figlio Saif al-Islam.
Chi gli succedette, la gambiana Fatou Bensouda (2012-2021) cercò di fare diversamente e aprì indagini su fatti successi in Afghanistan, Palestina e Myanmar. Risultato: subì sanzioni dagli Stati Uniti sotto l’amministrazione Trump per l’indagine sui crimini di guerra in Afghanistan.
L’attuale procuratore generale, l’inglese Karim Ahmad Khan, sembra aver preferito almeno in un primo momento rimanere ben coperto dalle grandi potenze e ha avviato indagini sulla guerra in Ucraina, emettendo un mandato di arresto per Vladimir Putin nel 2023. Peccato che nessuno all’Aia abbia mai dato un qualche seguito a una denuncia dell’OSCE che riportava di stupri ed eccidi disumani commessi da paramilitari ucraini nel Donbass a partire dal 2014.
Attualmente il Tribunale dell’Aia se la sta prendendo con Israele per la carneficina in corso nella striscia di Gaza, accusando ed emettendo un mandato di arresto per Netanyahu e il suo ministro della Difesa. Le accuse: sterminio per la morte di un numero significativo di civili (47.500), uso della fame come metodo di guerra e attacchi deliberati contro civili colpendo intenzionalmente obiettivi non militari. È difficile negare la sostanza di tali fatti, eppure almeno altrettanto disumano e crudele fu quanto fatto da Hamas il 7 ottobre contro i civili israeliani. Anche contro i capi di questo gruppo fu emesso un provvedimento di arresto nel maggio 2024 ma, essendo costoro morti poi per mano israeliana, tutto finì in nulla. Chi vuol pensare male ricorda che chi firmò gli esposti da cui sono partite le indagini contro Israele furono l’avvocato franco-israeliano Omer Shatz e l’avvocato Juan Branco. Il primo è noto per essere il legale di Front Lex, un’organizzazione di estrema sinistra figlia della politica gender e woke, che ha accusato tra l’altro l’Ue di crimini contro i migranti. Il secondo è un tipico esponente della gauche caviar, sospettato da tempo di antisemitismo. Guarda caso, anche le accuse contro al-Masri sono partite dalla stessa fonte.
È bene sapere, se non altro per farsene un’idea, che i giudici della Corte sono diciotto, sono aiutati da uno staff di ben 900 dipendenti e hanno a disposizione per il 2025 un budget di 195 milioni di euro. Il compenso per i soli giudici si aggira sui 200mila euro a testa all’anno.
Oggettivamente non è possibile affermare con inequivocabile sicurezza che la Corte penale internazionale sia a priori faziosa e non imparziale. Tuttavia i fatti citati ed anche altri nel corso degli anni qualche sospetto lo lasciano affiorare e non si può considerare del tutto ingiustificata l’ipotesi di un’indagine indipendente sul suo operato.

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* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.

** Articolo in mediapartnership con Nuovo Giornale Nazionale.





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