Proprietà collettive, una “nuova” economia millenaria per le aree interne: l’esempio di Costacciaro

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Credere nelle potenzialità del territorio, quelle per le quali è naturalmente vocato; «infondere coraggio e positività», interpretando come opportunità e occasioni quelli che solo apparentemente sembrano svantaggi, vuoti o carenze; operare in stretta sinergia tra enti locali e le realtà associative presenti, favorendo la riscoperta dell’antica formula della “proprietà collettiva”.

A sinistra la professoressa Alessandra Bulgarelli, dell’Università “Federico II” di Napoli

Sono questi i tre insegnamenti per sindaci e amministratori locali, venuti fuori dall’ultima lezione della “Scuola dei Piccoli Comuni” e riassunti dal direttore scientifico Rossano Pazzagli. L’istituto culturale e politico che ha come focus dei propri studi la rigenerazione delle aree interne dell’Appennino, ha ospitato, nei giorni scorsi, presso la scuola di Castiglione Messer Marino, la professoressa Alessandra Bulgarelli, dell’Università “Federico II” di Napoli.

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La studiosa ha presentato un approfondimento storico e giuridico sui cosiddetti «beni comuni» o meglio «beni collettivi», cioè forme di proprietà che vengono dal passato e che, nel corso dei secoli e in alcuni casi ancora oggi, hanno permesso di perseguire non tanto il mero profitto del singolo, quanto il rispetto di diritti fondamentali a beneficio dell’intera comunità, della collettività appunto. E le risorse ambientali e naturali, di cui è ricco l’Alto Molise ad esempio, terreni, pascoli, boschi, specchi e corsi d’acqua, fauna, ben si prestano ad introdurre forme di proprietà condivisa.

Il sindaco di Costacciaro, Andrea Capponi e l’assessore dell’Università, Euro Puletti

Una formula economica pre-moderna, spazzata via solo dalla civiltà giuridica borghese, che va verso la coesione, più che in direzione della concorrenza, e mira ad assicurare servizi e diritti alla comunità nella sua interezza. Questo ritorno al passato, dinamica che gli studiosi chiamano “retro innovazione“, è stata resa ancor più auspicabile e perseguibile anche in Alto Molise e Vastese, dall’esempio concreto e vitale portato dal sindaco del Comune di Costacciaro (Pg), Andrea Capponi, e dalla «comunione di famiglie» rappresentata dall’Università degli uomini originari di Costacciaro. Il termine università in questo caso non ha nulla di accademico, quanto piuttosto si riferisce al significato latino di una pluralità di cose, di persone o di rapporti: la comunità, l’identità locale.

Il primo cittadino del piccolo centro montano al confine tra Umbria e Marche ha presentato uno scenario applicabile quasi ovunque in Alto Molise: comunità senza più medici di base, senza scuole, senza più istituti bancari e senza lavoro, dopo la crisi del manifatturiero che lì ha causato la scomparsa di decine di migliaia di posti di lavoro.

Il parco di Monte Cucco, foto tratta dalla pagina social dell’Università degli uomini originari di Costacciaro

Uno «scenario catastrofico», così lo ha definito il sindaco Capponi, dal quale il paese si è risollevato puntando, guarda caso, sulle famose potenzialità del territorio: dagli stipendi nelle fabbriche tessili ormai chiuse, si è passati allo “sfruttamento” naturalistico in funzione turistica del parco del monte Cucco, il massiccio montuoso che è parco regionale e considerato «il ventre degli Appennini con un complesso sistema ipogeo, fenomeni di carsismo, acque sotterranee i cui punti di risorgiva alimentano acquedotti civili, fonti minerali e confluiscono nel fiume Sentino».

Trekking, a piedi o in bicicletta o a cavallo, speleologia, canyoning, ciaspole, sci di fondo, campeggi e sci di fondo, ma anche convegni, concerti, rassegne culturali e via elencando. «La Grotta di Monte Cucco, che attira migliaia di turisti ogni anno, è stata frequentata in modo documentale, fin dal XVI secolo. – spiegano sul sito dell’Università degli uomini originari di Costacciaro – Essa rappresenta un vasto sistema carsico che si estende per oltre 30 chilometri e raggiunge profondità di 923 metri. Oltre alla parte denominata turistica, è possibile visitare un’altra parte della grotta, quella speleologica».

Tutte queste attività, che stanno rilanciando il turismo dell’intera zona, sono state possibili solo grazie alla stretta sinergia e collaborazione tra il Comune guidato da tre mandati dal sindaco Capponi e dall’Università degli uomini originari di Costacciaro, una antichissima «proprietà collettiva» appunto, che dal lontano 1289 si occupa della cura e salvaguardia del Monte Cucco e dei suoi ecosistemi. L’uso sociale di una porzione di territorio e di ambiente, quella di pregio, finalizzata a creare nuove opportunità occupazionali e imprenditoriali in paese.

E la formula, ideata sette secoli fa, funziona anche oggi come dimostrano i numeri esponenzialmente crescenti delle presenze turistiche, le attività che riaprono o nascono e i nuovi residenti che cominciano ad arrivare invertendo lo spopolamento e la desertificazione commerciale che poi è anche sociale. Manutenzione dei sentieri, progetti con le scuole, attività agro-silvo-pastorali sono solo alcuni degli ambiti di azione della “comunione di famiglie” di Costacciaro.

Ambiente e natura attirano turisti e visitatori, a migliaia assicura il sindaco Capponi, e il “pacchetto” di rigenerazione si completa con i grandi eventi ospitati, come i concerti all’aperto o davanti all’antro di Sant’Agnese, un film festival intitolato a Tito Marconi, primo presidente di Cinecittà a Roma, e il raduno internazionale di speleologia ospitato una prima volta nel 2023.

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Credere nella vocazione del territorio, infondere positività contro gli scoraggiatori in servizio permanente effettivo e passare dalla competizione alla cooperazione, riscoprendo modelli e formule economiche imperniate sulle proprietà collettive per rigenerare le aree interne dell’Appennino. Il riassunto, puntuale, del professore Pazzagli. L’ambiente e la sua gestione, sempre con un occhio alla sostenibilità, in forma comune o collettiva, per garantire lavoro, reddito, diritti e servizi sul posto, in quelle “terre di mezzo” che lo Stato centrale dimentica, ma che invece le comunità locali, in forma associata, difendono con il coltello tra i denti.

Francesco Bottone

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