Sono migliaia le persone che abbracciano religioni ormai scomparse, dal kemetismo ai culti celtici. Ora si preparano per il «Giorno della rinascita politeista»
C’è chi li considera dei «pagliacci in costume». Altri li accusano di non volersi adeguare ai tempi che cambiano e alla modernità che avanza. Eppure in Italia i politeisti esistono ancora. Circa duemila persone che venerano le antiche divinità romane, greche, etrusche, celtiche, egizie. Non per moda, volontà di emergere o apparire, ma – assicurano – per sincera convinzione e spinta spirituale.
«Gli dèi non muoiono – puntualizza Marzio Siccardi, nisut (capo spirituale e amministrativo) del Kemetismo Ortodosso Solare (KOS) che da anni lavora per riportare in vita la religione degli antichi egizi – perché probabilmente, al centro di tutto, ci sono delle energie che noi non sapremo mai definire e nominare. Le divinità non sono altro che il modo in cui, persone diverse con bisogni diversi, hanno provato a dare una forma a ciò che tutto governa». La religione, in fin dei conti, «è strettamente personale», continua Siccardi. «Venerare Iside, Anubi o Giove non è poi così diverso dal credere in un figlio umano di Dio, morto per il disegno di Dio stesso. Alla base ci sarà sempre un elemento irrazionale. Sta alle sensibilità scegliere in cosa credere».
Sabato 22 febbraio, in piazza del Campidoglio, questi gruppi si incontreranno a Roma per il «Giorno della rinascita politeista». La data non è scelta a caso. «Il 24 febbraio del 391 – spiega Donatella Ertola, presidente dell’associazione Communitas Populi Romani (nata nel 2013 per venerare l’antico pantheon latino) – l’imperatore Teodosio emanò l’editto che mise al bando i culti diversi da quello cristiano, sancendo la fine del politeismo a Roma, lo spegnimento del fuoco sacro di Vesta e la fine di quasi mille anni di tradizioni». Una data, dunque, che da sempre è ricordata dai gruppi “pagani”. Un termine che a Ertola non piace: «Ha un’accezione dispregiativa, soprattutto in Italia. Noi preferiamo “politeisti”, che è più inclusivo e aperto a modifiche, che sono intrinseche a qualunque culto non monoteista».
Programma della giornata al Campidoglio: interventi di vari esperti (dai leader di alcuni movimenti religiosi agli accademici), danze, riti alle divinità romane e a Serapide, dio greco-egizio unificatore dei popoli. A celebrare quest’ultimo tre giovani sacerdotesse di un’altra associazione, il Kemetismo Ortodosso Solare.
Siamo di fronte a gruppi di svitati, affascinati da una storia velata di esoterismo, magia e altre influenze moderne? Assolutamente no, replicano: anzi, sia la CPR sia il KOS fanno della «filologicità» il proprio vanto. Sia Ertola che Siccardi, infatti, tengono a sottolineare che dietro ogni rito, ogni preghiera, ogni nozione ci sono mesi di studio. Si parte dalle fonti originali, passando poi dai testi accademici e dai trattati di storia delle religioni. Nulla, insomma, è lasciato al caso. «Il neo-paganesimo – sottolinea il nisut – a volte può dare un’immagine edulcorata delle religioni dei nostri antenati, ed è molto diffuso. Noi cerchiamo di rifarci sempre alle fonti».
Al centro della scelta di chi si avvicina a questi culti c’è la ricerca di una spiritualità il più possibile libera da dogmi (che pure, in certi casi, ci sono). «Religione e spiritualità non sono la stessa cosa – tiene a specificare Ertola – ed è la seconda che deve spingere una persona nella prima. All’interno di molti politeismi la dimensione religiosa resta fluida, e ognuno può spostarsi da un culto all’altro secondo la propria individualità. L’importante è conoscere sé stessi».
Da qui a scegliere di identificarsi con riti e tradizioni lontani migliaia di anni, però, il passo è lungo. Di religioni e culti, politeistici e non, ce ne sono molti, senza dover scomodare divinità morte e sepolte.
Ma, a sentire entrambi, un ruolo primario nella scelta religiosa lo ha lo studio. Associazioni come CPR e KOS, infatti, affermano di rifuggire le storture di una dimensione settaria. Tutto è pubblico, consultabile da chiunque sulle rispettive piattaforme web. E per ogni informazione riportata vengono indicate le fonti, antiche e accademiche, a cui risalire. «La maggioranza dei nostri associati – dice Ertola – ha un livello di istruzione alto, universitario, e si avvicina a noi dopo aver già studiato la religione romana». Stessa cosa per i kemetisti che, per meglio ricalcare la struttura religiosa dell’Egitto faraonico, hanno ricostruito (e semplificato) l’antica gerarchia sacerdotale, organizzando corsi di formazione per chi volesse accedere via via a ruoli cultuali più elevati. In cui militano molte donne.
Per quanto possa apparire curioso, sia KOS che CPR sembrano avere una spiegazione chiara per questa tendenza: «Nei monoteismi contemporanei la donna è sempre, o quasi, inferiore all’uomo e non ha accesso ai ranghi sacerdotali. Nel politeismo antico, invece, le sacerdotesse esistevano, erano tante e spesso avevano rango pari ai colleghi maschi». Una forma quasi di rivalsa, dunque, che vale anche nella sfera privata. Il fulcro delle associazioni è infatti il culto domestico, che ciascuno svolge in base alle proprie disponibilità e necessità, senza bisogno di intermediari che celebrino i riti.
La convinzione è forte e traspare anche dalle voci dei due leader: «Cerchiamo in ogni modo di mostrarci per quello che siamo: persone consapevoli e che, semplicemente, hanno una fede diversa da quella della maggioranza». I cultori, dicono, sono ancora pochi. Poche decine, dichiarati. Ma i seguaci, sui social e sui blog, ammonterebbero ad alcune migliaia.
Entrambe le associazioni cercano di seguire la linea della semplicità, così da scansare le critiche e non attirare troppo attenzioni ostili ed indesiderate. La CPR, ad esempio, durante i riti non usa mai vestiario diverso da quello moderno e quotidiano.
Eppure, soprattutto nell’era dei social, per professarsi politeista non bastano una vocazione autentica e lo studio: serve soprattutto – spiegano – una pelle dura, capace di resistere ad attacchi frontali, personali e spesso verbalmente violenti. «Bisogna imparare a farsi scivolare addosso le cose», dice Ertola. Siccardi è sulla stessa linea, a cui aggiunge una nota di ironia: «Ho imparato a ignorare. Sono politeista, guida religiosa, omosessuale… O ignoro o mi butto dalla finestra!»
Gli anticorp, assicurano ancora Ertola e Siccardi, ci sono: «Competenza, studio e rispetto». Saranno di certo in prima linea il 22 febbraio. Anche se, oltre alla divulgazione, lo scopo dell’evento è soprattutto di essere una festa. Un momento di condivisione e gioia per tutti: «Per mostrare al mondo che il politeismo può essere ancora qualcosa di serio e vissuto in maniera sincera».
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