Eravamo in piena campagna elettorale ed era il 29 agosto 2024 quando l’allora candidato presidente Donald Trump tenne un comizio a Potterville, nel Michigan. Tra le altre promesse elettorali ne fece una non proprio pro vita: «Oggi annuncio – ed è una dichiarazione importante – che sotto l’amministrazione Trump il vostro governo pagherà o la vostra compagnia assicurativa sarà obbligata a pagare tutti i costi associati al trattamento di fecondazione in vitro, ai trattamenti di fecondazione per le donne. Perché vogliamo più bambini, per dirla in modo molto carino».
Detto, fatto. Lo scorso 18 febbraio Trump ha emanato un ordine esecutivo dal titolo Ampliare l’accesso alla fecondazione in vitro. In esso possiamo leggere che «gli americani hanno bisogno di un accesso agevole alla FIV e di opzioni di trattamento più convenienti, poiché il costo per ciclo può variare da $ 12.000 a $ 25.000. Fornire supporto, consapevolezza e accesso a trattamenti per la fertilità convenienti può aiutare queste famiglie a percorrere il loro cammino verso la genitorialità con speranza e sicurezza. […] Riduzione dei costi e dei limiti all’accesso alla fecondazione in vitro. Entro 90 giorni dalla data del presente ordine, l’Assistente del Presidente per la politica interna dovrà presentare al Presidente un elenco di raccomandazioni politiche sulla tutela dell’accesso alla fecondazione in vitro e sulla riduzione radicale dei costi diretti e di quelli del piano sanitario per il trattamento di fecondazione in vitro».
La gratuità totale o parziale della fecondazione artificiale che l’amministrazione Trump vuole offrire ai cittadini americani porterà ad un ampliamento del bacino di utenza verso questa pratica. Non solo, ma, diventando più economica la Fivet, le donne saranno spinte a produrre più ovociti, a sottoporsi a più cicli e a programmare la propria maternità in età molto matura. Tanto ci sarà lo Stato o le assicurazioni che pagheranno. Si pensa che grazie a questi finanziamenti il ricorso alla fecondazione in vitro raddoppierà.
Ora il numero di nascite tramite provetta negli Stati Uniti è al 2%. In Francia i nati da provetta sono il 4% e lì la fecondazione extracorporea è pagata dallo Stato. Possibile se non probabile che quindi dal 2% si passi al 4% anche negli USA. Una proporzione validata anche da uno studio scientifico dal titolo in italiano L’economia dell’infertilità: prove dalla medicina riproduttiva, pubblicato a febbraio di quest’anno sul National Bureau of Economic Research. Gli autori dello studio ci informano che «il tasso di accesso alla fecondazione in vitro si dimezza quando [la fecondazione in vitro] non è coperta dall’assicurazione sanitaria». A conclusioni simili è giunto anche un altro studio, del 2022, pubblicato su Reproductive Sciences e dal titolo in italiano Il futuro della fecondazione in vitro: la nuova normalità nella riproduzione umana: «Sebbene l’accesso e l’utilizzo della fecondazione in vitro varino notevolmente a livello globale, la pratica rappresenta ora il concepimento di oltre il 5% di tutti i neonati in alcuni paesi europei in cui la fecondazione in vitro è più conveniente e/o è coperta dall’assicurazione», si legge nell’articolo scientifico. Dunque, se negli USA l’accesso alla provetta diventerà più vantaggioso dal punto di vista economico, dovremo aspettarci almeno un raddoppio di richieste rispetto a quelle attuali.
Questo comporta, tra i numerosi effetti negativi, anche un raddoppio del numero di embrioni morti in provetta. È infatti noto che più del 90% degli embrioni prodotti muoia, soprattutto perché scartato. Se andiamo a stimare al 4% la quota futura di nati in provetta rispetto al numero di nascite annuali negli USA e se fissiamo al 93% la quota di embrioni deceduti, possiamo calcolare in un milione e 900 mila il numero di embrioni che moriranno all’anno anche a causa dell’ordine esecutivo di Trump, numero che è quasi il doppio di quello dell’aborto procurato che si assesta intorno al milione all’anno. Una strage.
Tutto questo ci porta ad articolare una riflessione su The Donald. Da una parte è errato divinizzarlo e credere che sia il Pio XIII delle battaglie pro vita. Non solo sulla fecondazione artificiale Trump ha assunto posizioni eterodosse, ma anche sull’aborto il suo approccio è stato ondivago nel tempo (clicca qui e qui), seppur a conti fatti sia innegabile che Trump sia stato finora il presidente più pro life di sempre. Su altro fronte non bisogna assolutizzare queste sue decisioni fortemente liberal, ossia non si deve cadere nell’errore di buttar via l’acqua sporca con il bambino. Ciò che invece è necessario, per Trump come per moltissimi altri temi, è comportarsi come san Paolo insegnava: «Esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono» (1 Ts, 5,21). È l’arte del distinguo, arte sconosciuta ai fanatici, ai massimalisti, agli integralisti, agli ideologi, a coloro che ragionano per tesi precostituite e a coloro che vivono nelle torri eburnee degli a priori. Occorre quindi saper discernere i fatti buoni da quelli cattivi, riconoscere l’ottimo e il pessimo, l’errore dalla verità. Separare il grano dalla pula. E il grano e la pula, a dire la verità, sono sempre presenti in quasi tutte le nostre scelte. Non solo in quelle del presidente degli Stati Uniti.
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