Giovani di religioni diverse in dialogo: “Abbiamo qualcosa da dire e sappiamo anche sorprendere” / Chiesa nel mondo / La Difesa del popolo

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“Non è vero che i giovani non hanno voce e non hanno capacità di cambiare le cose. C’è un potenziale di cambiamento che va riconosciuto e valorizzato”. “I giovani? Devono spiccare il volo. Siamo noi il motore del cambiamento”. Sono le “voci” di Jasmina Cipriani e Celine Gherardini, rispettivamente rappresentante del gruppo giovani donne della Soka Gakkai e dei giovani Baha’i ad aprire questa mattina a Roma presso la sede della Conferenza episcopale italiana, il giro di riflessioni sul tema “Le religioni a servizio della coesione sociali” che ha riunito per la prima volta attorno ad un tavolo giovani delegati delle diverse Chiese cristiane e religioni in Italia. Erano presenti rappresentanti delle comunità ebraiche italiane (Ucei), musulmani (Giovani musulmani d’Italia e Coreis) Baha’i, buddisti (Soka Gakkai) mentre per le chiese cristiane hanno partecipato delegati della Federazione delle Chiese pentecostali, della Sacra Arcidiocesi ortodossa d’Italia e della Chiesa copta ortodossa. Per i cattolici, c’erano le Acli, l’Amicizia Ebraico cristiana, l’Agesci, Comunione e Liberazione, Fuci. A promuovere l’incontro sono stati l’Ufficio Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso e il Servizio nazionale per la pastorale giovanile. Si tratta di un cammino avviato lo scorso anno dai leader delle religioni che sono in Italia che porterà come tappa ad un incontro il prossimo 25 giugno per avviare insieme la preparazione di un “Simposio” delle Religioni in Italia che sarà messo in programma per il 2026.

“E’ veramente un bel colpo d’occhio la presenza di giovani intorno ad un tavolo”, esordisce la teologa Giuseppina De Simone che ha moderato la conversazione. “E’ il segno della volontà di lavorare insieme, ritrovarsi, intrecciare legami di amicizia, aprire vie di collaborazione. E tutto questo è un motivo di grande speranza per il futuro, per quel futuro che è affidato alle nostre mani e rispetto al quale non dobbiamo cedere né alla rassegnazione né a forme di disfattismo”.

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“E’ vero che la situazione nella quale viviamo, non presenta molti motivi di speranza. Ma noi vogliamo rispondere a tutto questo con un di più di speranza, con la capacità progettuale di allargare lo sguardo, di spingerlo lontano verso un futuro possibile”.

Il “metodo di lavoro” ha alternato momenti di conversazione, ascolto, silenzio. “Siamo qui – ha detto don Giuliano Savina, direttore dell’Ufficio Cei per il dialogo  – ciascuno con la propria storia e cultura e  arricchiti dalla propria tradizione religiosa. Siamo qui in questo spazio di dialogo in cui ciascuno può essere se stesso e se stessa”. Parole che hanno generato un vivace scambio di esperienze e visioni.  “Perché siamo interessati alla coesione e perchè siamo qui per fare rete? Perché – argomenta Veronica Guidotti di Cl – nella vita di ciascuno di noi, c’è stata un’esperienza di relazione che ha generato un inizio nuovo e ha richiesto un passo di consapevolezza”.

I problemi ci sono e non vengono celati. Si sottolinea anche il calo degli under 30 nelle comunità di riferimento e l’assenza dei giovani , “soprattutto quando si devono prendere delle decisioni”. Ma ciò non vuol dire che i giovani si sono ritirati, al contrario. “I giovani hanno qualcosa da dire e sanno anche sorprendere”. E’ Mohamed Afifi, italiano di origini egiziane, rappresentante dei Giovani musulmani d’Italia, il primo a lanciare il sasso. “I giovani hanno un ruolo fondamentale per favorire la coesione sociale – dice – perché portiamo dentro di noi questo senso di integrazione. Siamo nati e cresciuti in Italia. Conosciamo la religione e la cultura di questo paese a cui apparteniamo ma al tempo stesso abbiamo la nostra fede. Chi, dunque, meglio di noi può promuovere coesione?”. Ma “il dialogo – aggiunge – non va fatto solo quando le cose vanno bene ma soprattutto quando le nostre comunità si scontrano con le difficoltà”. Gli ha fatto subito eco Luca Spizzichino, presidente dell’Unione dei giovani ebrei italiani (Ugei) che parla del clima di odio che si respira in questi tempi. “Antisemitismo e islamofobia sono forme di odio e l’odio va condannato, sempre”.  “E’ vero che viviamo un tempo difficile – osserva Amina Croce della Coreis – ma credo che la difficoltà è anche un’opportunità”.

“Non dobbiamo avere paura dell’altro ma puntare alla radice comune che è l’umano”, dice don Riccardo Pincerato, direttore del Servizio nazionale di pastorale giovanile. “Non aver paura di prendersi in mano, di dirsi chi siamo e dialogare. Perché dopo, a partire dal confronto, a partire anche da questo tavolo, ci rendiamo conto che c’è una realtà molto più ampia che ci supera”. “I giovani – aggiunge –  hanno ancora il desiderio di sognare nonostante le narrazioni di un mondo che continua a dire che quel sogno non funziona. Hanno quindi bisogno di trovare un mondo di adulti che offre loro un’alternativa possibile a queste narrazioni rassegnate in cui purtroppo sono tutti immersi. Il nostro desiderio è poter dare conferma che si può continuare a sognare”.





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