Interferenze Usa sulle elezioni in Romania, interviene il presidente della Corte costituzionale

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I candidati alle elezioni presidenziali devono rispettare la Costituzione romena, in base alle cui disposizioni si candidano. Sembra una cosa ovvia da dire, ma il presidente della Corte costituzionale della Romania Marian Enache ha dovuto ribadirlo, e lo ha fatto in un’intervista pubblicata mercoledì sulla rivista giuridica Juridice.ro.

Il motivo sono le recenti pressioni statunitensi sulle autorità romene per consentire la candidatura del politico filo-russo e anti-Ue Călin Georgescu appellandosi proprio alla Costituzione.

Il candidato ultranazionalista gode del supporto degli Usa, a partire dal solito Elon Musk, sempre più attivista a favore delle estreme destre europee. L’uomo più ricco del mondo, proprietario tra le altre cose di X, il 18 febbraio ha scritto: “La Romania merita la propria sovranità!“, diffondendo un post della pagina Inevitable West.

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Anche il vice presidente degli Usa JD Vance si è espresso sulla Romania, parlando del palco della Conferenza di Monaco sulla sicurezza e affermando che il Paese non è democratico.

Cos’era successo in Romania

Lo scorso 24 novembre in Romania si sono tenute le elezioni presidenziali (oltre a quelle legislative), vinte a sorpresa e in larga misura da Georgescu. Nei giorni seguenti, i servizi segreti del Paese hanno riscontrato indizi di interferenze russe nelle elezioni, e di una campagna orchestrata ad arte su TikTok (a pagamento) per favorire il candidato estremista a scapito degli altri. Va notato che il diretto interessato, oltre a negare l’esistenza di tale operazione di propaganda, durante la campagna elettorale non aveva dichiarato alcun finanziatore e aveva detto che la sua attività sui social era stata a costo zero.

Il presidente Klaus Iohannis ha poi desecretato i documenti di intelligence relativi alle interferenze, e questo ha spinto la Corte costituzionale a una decisione senza precedenti in Occidente: il 6 dicembre ha annullato il primo turno delle elezioni (il secondo non si era ancora tenuto).

La decisione non è stata priva di polemiche in Romania, e ha contribuito a minare la sfiducia delle istituzioni in un Paese già molto scettico.

La situazione peraltro era finita in Europa, dove anche la Commissione aveva messo in discussione il social media cinese per non aver messo in campo adeguati strumenti per limitare le interferenze nelle elezioni. La piattaforma è attualmente sotto inchiesta per questo.

Cosa ha detto JD Vance

Vance nel suo intervento della scorsa settimana ha criticato l’annullamento delle presidenziali, entrando anche nel merito dei motivi. “Da quanto ho capito, l’argomento era che la disinformazione russa aveva infettato le elezioni romene. Ma chiedo ai miei amici europei di avere un po’ di prospettiva. Penso che sia sbagliato che la Russia influenzi le elezioni attraverso la pubblicità sui social media, ma se la tua democrazia può essere distrutta da qualche centinaio di migliaia di dollari di pubblicità proveniente da un Paese straniero, allora non era molto forte sin dall’inizio“, ha sostenuto il vice di Trump.

Inoltre, secondo Vance, le elezioni sarebbero state invalidate a causa di “sospetti incerti e pressioni enormi da parte dei vicini”, pur non avendo nessuna prova per sostenerlo.

Le reazioni dei politici romeni

I politici romeni hanno reagito in modo diverso alle parole di Vance. Alcuni le hanno respinte, altri le hanno usate per tirare acqua al proprio mulino.

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Il presidente ad interim Ilie Bolojan ha risposto in modo neutrale, preferendo ribadire che il Paese rimane “un partner affidabile, fermamente impegnato in un’Unione europea coesa, in una Nato più forte e in un solido partenariato transatlantico”.

Crin Antonescu, candidato per la coalizione di governo alle prossime elezioni, ha esortato Bolojan a incontrare i funzionari statunitensi per spiegare l’annullamento del voto di novembre e rassicurarli sul fatto che la Romania rimane impegnata nei processi democratici.

Il ministero degli Affari Esteri ieri ha precisato che “nelle interazioni bilaterali con i funzionari dell’amministrazione statunitense, non ci sono state discussioni o interventi riguardanti alcun candidato o il processo elettorale in Romania”.

Sempre ieri il ministro dell’istruzione e della ricerca Daniel David ha affermato: “Nel caso del nostro Paese, una democrazia ancora giovane, ciò che è poco pericoloso per una democrazia forte come gli Usa, può diventare molto pericoloso per noi!“.

Dal canto suo sia i partiti di estrema destra sia Georgescu hanno apprezzato le parole di Vance. Per il politico estremista, queste suonano come “un rimprovero agli abusi contro la democrazia in Romania e in Europa”.

Anche Elena Lasconi, leader del partito di opposizione liberal-conservatrice Unione Salva Romania, arrivata seconda al voto del 24 novembre scorso e dunque proiettata al ballottaggio con Georgescu, ha cavalcato il discorso di Vance per sottolineare che la mancanza di una spiegazione sull’annullamento del voto: “È fondamentale ricevere una spiegazione sul perché le elezioni sono state annullate”.

Lasconi si era subito scagliata senza mezzi termini contro la decisione della Corte: “Lo Stato ha calpestato la democrazia”.

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il premier Marcel Ciolacu è rimasto neutro.

Infine, per Enache, presidente della Corte costituzionale, le parole di Vance non sono automaticamente “un appoggio o una preferenza per alcuni candidati in Romania”.

Le dimissioni di Iohannis

In questo delicato momento politico, il presidente uscente Klaus Iohannis ha rassegnato le dimissioni. La sua decisione è arrivata il 10 febbraio, pochi giorni prima delle critiche di Vance, al culmine di tensioni sempre più accese anche tra i suoi stessi alleati e di un forte malcontento della popolazione romena.

Il mandato di Iohannis era in scadenza il 21 dicembre scorso, e a causa dell’annullamento delle elezioni era stato prorogato ad interim, fino alla nomina di un successore. Ma l’ormai ex presidente ha preferito fare un passo indietro dopo che i partiti di estrema destra hanno attivato – dopo due tentativi falliti – la procedura parlamentare per sospendere il Capo dello Stato.

Iohannis ha annunciato così le sue dimissioni: “Per risparmiare alla Romania e ai cittadini romeni una crisi mi dimetto dall’incarico di presidente”.

Per legge, la presidenza è passata ad interim all’aula del Senato, presieduto dal Bolojan.

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I candidati finora

Si va così verso la ripetizione delle elezioni: il primo turno si svolgerà il prossimo 4 maggio, seguito il 18 maggio, nel caso in cui nessuno raggiunga la maggioranza assoluta, da un ballottaggio tra i due candidati più votati.

I politici hanno tempo fino al 15 marzo per presentare ufficialmente la propria candidatura all’Ufficio elettorale centrale. Al momento si sono presentati il sindaco di Bucarest Nicușor Dan, indipendente, Elena Lasconi e Crin Antonescu. Georgescu non ha ancora annunciato la sua candidatura, e i suoi sostenitori temono che la Corte possa impedirgli di candidarsi.

C’è un precedente in questo senso, e anche molto recente: in vista delle elezioni poi annullate lo scorso novembre, la Corte ha impedito a Diana Șoșoacă di candidarsi, a causa delle sue “dichiarazioni pubbliche che non rispettano la Costituzione della Romania e promuovono un discorso costantemente antidemocratico e antisemita”. Georgescu, la cui comunicazione non si discosta molto, rischia lo stesso. E gli Usa premono perché questo non avvenga.

La strada per le nuove elezioni in Romania è ancora lunga.



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