ASCOLI – Domani, venerdì 21 febbraio, scatterà la mobilitazione dei lavoratori del comparto. Indetto un sit-in nella zona industriale, nel tentativo di sbloccare la trattativa per il rinnovo del contratto collettivo. Preoccupazione per le sorti del settore nel Piceno, prudenza sul caso Beko nonostante gli annunci del ministro Urso: «Buona notizia, ma è prematuro parlare di accordo»
di Federico Ameli
Metalmeccanici di tutta Italia – e del Piceno – pronti a incrociare le braccia nella giornata di domani, venerdì 21 febbraio, in una mobilitazione indetta a livello nazionale e sostenuta localmente da Fim-Cisl, Fiom-Cigl e Uilm-Uil che si preannuncia come l’ultimo – si spera – atto del prolungato braccio di ferro tra sigle sindacali e Federmeccanica sul rinnovo del contratto collettivo nazionale.
Alla vigilia dello sciopero, a fare il punto della situazione e delle richieste presentate nell’interesse dei lavoratori e del settore sono i rappresentanti delle sigle sindacali del territorio, riuniti nella sede Cisl di Ascoli per illustrare nel dettaglio lo stato di salute del comparto e le necessità degli operai del Piceno.
Samuele Puglia, Alessandro Pompei e Raffaele Bartomioli
«La trattativa con Federmeccanica è interrotta ormai da due mesi – afferma Raffaele Bartomioli, segretario provinciale Uilm – Il nostro obiettivo è riaprire il tavolo delle trattative e affrontare temi come l’aumento dei salari, per il quale chiediamo 280 euro in più, una maggiore sicurezza e la riduzione degli orari di lavoro».
Per questa ragione, nella mattinata di domani i metalmeccanici del Piceno si ritroveranno nella zona industriale di Ascoli per un sit-in che, in linea con i numeri dell’ultimo sciopero di gennaio, potrebbe coinvolgere circa il 90% dei lavoratori del settore.
Il quadro della metalmeccanica picena, tuttavia, risulta più ampio, destando preoccupazione tra le sigle sindacali provinciali.
«Il nostro non è un territorio di serie B – puntualizza Alessandro Pompei, segretario generale Fiom-Cigl Ascoli – L’aspetto più importante per noi è l’aumento del salario, dato che abbiamo delle retribuzioni tra le più basse delle Marche insieme al Fermano, ma è altrettanto vero che da molti anni il Piceno soffre per la deindustrializzazione e ha bisogno di un’attenzione particolare da parte di chi può mettere in campo politiche specifiche per garantire la permanenza delle aziende sul territorio.
Alessandro Pompei
L’insediamento di nuove attività produttive è quasi inesistente, e per questo vogliamo dare voce a un territorio che ha bisogno di supporto.
La Zes attiva in Abruzzo crea svantaggio competitivo per chi si insedia sulla nostra sponda del Tronto, così come l’isolamento infrastrutturale che da sempre condanna il nostro territorio. Per le politiche energetiche ogni azienda ragiona a sé, senza una visione complessiva. Chiediamo un riequilibrio sui finanziamenti, ma anche un cambiamento della mentalità imprenditoriale: attraverso un consorzio non competitivo o comunque una politica industriale condivisa, potremmo contare su un distretto del carbonio tra i più importanti d’Italia.
Non possiamo vivere di turismo o di agricoltura: abbiamo delle particolarità da mettere in luce, e in questo senso la metalmeccanica per il territorio è importantissima».
BEKO – Dal punto di vista dei sindacati, l’unità di intenti, la necessità di restare competitivi a livello nazionale e internazionale e il riconoscimento dei diritti dei lavoratori rappresentano i cardini di un territorio in grado di offrire occupazione, salari adeguati e stabilità, specie nelle aree interne. In questo senso, il caso Beko è emblematico. Le ultime novità presentate dal ministro Adolfo Urso sembrano scongiurare la chiusura dello stabilimento di Comunanza, ma per le sigle sindacali picene è ancora presto per cantare vittoria.
«Parlare di accordo è prematuro – sottolinea Samuele Puglia di Fim-Cisl Marche – La trattativa è in corso e lunedì 24 febbraio ci sarà un incontro con il ministro Urso. Personalmente frenerei l’entusiasmo: è una buona notizia, ma ci sono altri punti da valutare su un piano che resta molto fumoso. I nostri obiettivi riguardano il mantenimento dello stabilimento, l’occupazione e le attività che si svolgono a Comunanza. Speriamo che i prossimi appuntamenti possano indirizzare la strada giusta».
Samuele Puglia
Dello stesso avviso anche il collega Pompei di Fiom-Cigl Ascoli. «È stato fatto un annuncio molto sensazionalistico – afferma – Noi facciamo sindacato, e sul tavolo nazionale andremo a valutare le modifiche al piano industriale. Non accetteremo una perdita di occupati senza un reintegro: andare al di sotto degli occupati attuali per noi non rende lo stabilimento profittevole. Di annunci ne sono stati fatti molti, ben venga la revisione del piano ma vogliamo valutarla al tavolo nazionale».
CRISI – Nel frattempo, alcuni settori chiave dell’economia picena avvertono il peso della crisi. «Siamo stati chiamati a seguire alcune pratiche di cassa integrazione, che sul territorio sta crescendo – prosegue Pompei – Alcuni settori, composti prevalentemente da terzisti per compagnie di Stato o partecipate, non sono coinvolti, mentre altri, come la moda e la meccanica, sì».
Raffaele Bartomioli, in primo piano, con Pompei e Puglia sullo sfondo
Secondo Bartomioli di Uilm, «il rinnovo del contratto nazionale può essere un volano di rilancio dell’industria metalmeccanica. Nel 2024, le ore di cassa integrazione richieste dall’industria nel Piceno sono state 22,5 milioni, con un aumento del 65% rispetto al 2023. Nonostante le continue richieste e gli scioperi, però, Federmeccanica si rifiuta di tornare al tavolo delle trattative».
La speranza, almeno per sindacati e lavoratori coinvolti, è che la mobilitazione di domani possa colpire nel segno, riavvicinando le parti e gettando le basi per una nuova contrattazione. Per il bene degli operai e dell’industria picena.
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