Come rilanciare le scommesse ippiche e superare una volta per tutte la crisi in cui si dibattono?
Occorrono interventi strutturali e coordinati secondo Mauro De Fabritiis, fondatore e amministratore di Mdf Partners, una società di consulenza specializzata nel settore dei giochi, protagonista di un’intervista pubblicata su “Grande ippica italiana”, sito promosso dal ministero dell’Agricoltura.
De Fabritiis parte dalla situazione attuale, e dalla “progressiva riduzione della raccolta e un ciclo vizioso di disinteresse che si autoalimenta”.
Un declino che ha molteplici cause. “Calo delle scommesse: la raccolta di gioco, principale fonte di finanziamento del settore, si è ridotta drasticamente, compromettendo la sostenibilità economica dell’intera filiera.
Allontanamento degli attori chiave della filiera: negli ultimi anni, proprietari, allenatori, allevatori, fantini e driver si sono progressivamente disimpegnati, scoraggiati dalla ridotta redditività del settore e dalla scarsa attrattività economica delle corse.
Declino degli ippodromi: molti impianti italiani soffrono di strutture obsolete, scarsa manutenzione e un’offerta di intrattenimento poco coinvolgente, rendendoli sempre meno frequentati dal pubblico. La mancanza di investimenti ha impedito agli ippodromi di evolversi in veri e propri centri di aggregazione e spettacolo, come avviene nei paesi in cui l’ippica è ancora un settore competitivo e attrattivo.
Mancanza di visibilità mediatica: l’ippica è quasi del tutto assente dai principali canali televisivi e digitali, privandosi di un’esposizione cruciale per attrarre nuove generazioni di appassionati e scommettitori.
Dipendenza dal finanziamento statale: il settore non ha sviluppato un modello di business sostenibile e continua a basarsi in larga parte su fondi pubblici, una condizione che nel lungo periodo non garantisce stabilità né crescita.
Il combinato di questi fattori ha creato un circolo vizioso: il deterioramento degli ippodromi, la diminuzione della qualità e della competitività delle corse hanno ulteriormente indebolito l’interesse del pubblico e degli scommettitori. Il prodotto ippico, nel suo complesso, risulta oggi poco attrattivo, il pubblico giovane è sempre meno coinvolto e l’ippica ha perso la sua dimensione di esperienza d’intrattenimento. La conseguenza è una progressiva disaffezione da parte degli spettatori e degli sponsor, che aggrava ulteriormente la crisi economica del settore.
In Paesi come il Regno Unito e la Francia, invece, l’ippica continua a prosperare grazie a un modello di intrattenimento integrato e a una forte presenza nei media. Se l’Italia vuole rilanciare il settore, deve investire in questi aspetti e modernizzare la propria offerta, rendendo l’ippica più competitiva e sostenibile nel lungo periodo”.
Nell’inversione della tendenza italiana può incidere la riduzione dell’aliquota di tassazione sulle scommesse a quota fissa, un’azione fondamentale secondo De Fabritiis, visto che “il disallineamento della tassazione delle scommesse ippiche rispetto alle sportive ha rappresentato per lungo tempo un freno agli investimenti degli operatori di gioco, rendendo l’offerta di scommesse ippiche non competitiva, invendibile e, di conseguenza, non esposta negli assortimenti di gioco dei concessionari e non visibile al consumatore. Questo cambiamento epocale rappresenta pertanto un passaggio indispensabile per avviare l’inversione di un circolo vizioso che sembrava irrecuperabile”, il frutto del lavoro di squadra portato avanti da Agenzia delle dogane e dei monopoli e ministero dell’Agricoltura. Tuttavia, rimarca il consulente, “è estremamente semplicistico pensare che la riduzione della tassazione possa risolvere da sola la crisi di un settore che per venti anni ha vissuto una situazione inerziale e di abbandono.
Occorrono interventi strutturali che possano accompagnare e rendere efficace l’azione dei concessionari.
Innovazione nell’offerta di gioco: ampliamento delle tipologie di scommessa, introduzione delle commesse live, del betting exchange e di nuovi prodotti di gioco capaci di attrarre i giovani.
Miglioramento dell’esperienza negli ippodromi: trasformare gli impianti in luoghi di aggregazione, seguendo il modello degli stadi sportivi e degli ippodromi francesi, soprattutto attraverso interventi tecnologici che favoriscano l’ingaggio di consumatori e appassionati dentro e fuori dagli ippodromi.
Maggiore visibilità e copertura mediatica: oggi l’ippica è quasi invisibile sulle Tv nazionali. Bisogna creare format di intrattenimento e investire nella comunicazione.
Sono convinto che se si agirà su questi aspetti in modo coordinato, nell’arco di 2 anni, riusciremo a vedere un’inversione di tendenza e riportare attenzione sul mondo delle corse dei cavalli non solo a livello nazionale ma anche estero”.
Per De Fabritiis è priva di senso la contrapposizione fra totalizzatore e quota fissa.
“L’esperienza internazionale dimostra che i due modelli possono e devono coesistere, rispondendo a esigenze di gioco differenti e complementari. La quota fissa garantisce certezze sulle vincite e un’esperienza di gioco più immediata, mentre il totalizzatore è tradizionalmente legato al sogno della grande vincita e richiede una base di giocatori più ampia per essere sostenibile.
A livello globale, le scommesse a quota fissa stanno crescendo, mentre il totalizzatore, per mantenere la propria attrattività, ha bisogno di liquidità, ed è proprio ciò che oggi manca in Italia.
Il problema non è scegliere tra quota fissa e totalizzatore, ma piuttosto affrontare alcune criticità strutturali che penalizzano quest’ultimo. Doppio totalizzatore: in Italia esistono due totalizzatori separati, che riducono la liquidità disponibile e creano confusione tra gli scommettitori. Mancanza di premi attrattivi: il payout medio è inferiore rispetto agli standard internazionali, rendendo il gioco meno competitivo e meno appetibile.
La soluzione non è contrapporre i due modelli, ma integrarli in un unico percorso di crescita. Il primo passo è unificare i totalizzatori, in modo da aumentare la liquidità e rendere il sistema più chiaro e competitivo. Allo stesso tempo, è necessario innovare il prodotto, introducendo meccanismi come jackpot e scommesse multi-corsa, che in paesi come la Francia e la Svezia hanno dimostrato di essere strumenti efficaci per attrarre più giocatori.
Il vero problema è che gli appassionati di ippica sono sempre meno e il pubblico si sta estinguendo, per ragioni anagrafiche. È il pubblico che manca. Più che una guerra tra modelli, serve creare sinergie: solo ampliando la base di giocatori attraverso formule più accessibili come la quota fissa, sarà possibile alimentare la liquidità del totalizzatore e garantire un futuro sostenibile al settore.”
Nel contesto europeo delle scommesse ippiche, “l’Italia è molto indietro rispetto ai principali Paesi europei. Nei mercati più avanzati come Regno Unito, Francia, Svezia, l’ippica è un prodotto di intrattenimento mainstream, con eventi di alto profilo trasmessi in TV, impianti moderni e un forte coinvolgimento dei giovani.
Le azioni da attuare in Italia includono: migliore programmazione delle corse, oggi il calendario è comunicato con soli due giorni di anticipo, rendendo difficile la promozione. Serve una pianificazione annuale e stabile; miglioramento delle immagini e dei dati, sistemi di tracking, introduzione di grafiche avanzate, replay multipli e telecamere Hd/4K per rendere le corse più spettacolari; maggiore presenza internazionale: collaborare con circuiti esteri per aumentare la liquidità e la visibilità delle corse italiane.
In questo modo sarà possibile migliorare l’esportabilità delle corse italiane sui mercati internazionali. Oggi, le corse britanniche e francesi sono vendute in tutto il mondo grazie a un prodotto di alta qualità, una programmazione ben strutturata e standard tecnici elevati. L’Italia, invece, fatica a esportare il proprio prodotto per la mancanza di un sistema di immagini e dati adeguato agli standard richiesti dai mercati globali. Per competere a livello internazionale, è necessario investire in contenuti di alto livello, garantire orari di corse compatibili con il palinsesto delle scommesse estere e costruire partnership strategiche con i grandi operatori del settore. Solo così l’ippica italiana potrà riconquistare visibilità e attrattività fuori dai confini nazionali.”
Infine, per il consulente non bisogna trascurare “un aspetto fondamentale: la sostenibilità economica dei concessionari, che fino ad oggi non erano nelle condizioni di poter esporre e vendere il prodotto ippico in modo efficace. Di fatto, lo tenevano in secondo piano rispetto ad altre offerte più remunerative. La riduzione del prelievo permetterà invece di rendere le scommesse ippiche un prodotto competitivo e visibile, con ricadute positive su tutta la filiera. Un prelievo più basso consentirà ai concessionari di investire nel settore, generando vantaggi per tutti gli attori coinvolti: scommettitori, quote più competitive, un’offerta più ampia e migliori condizioni di gioco; filiera ippica, maggiore raccolta significa più risorse per ippodromi, proprietari e allevatori; Stato, un aumento del volume delle scommesse porterà a maggiori entrate erariali.
Per raggiungere questo obiettivo, è fondamentale superare l’attuale paradigma, in cui lo Stato si limita a finanziare un settore che continua a bruciare risorse senza evolversi, e adottare invece una strategia di rilancio a medio termine che favorisca la generazione di valore. L’intervento pubblico dovrebbe essere mirato a sostenere la filiera in base a criteri di efficienza e qualità, premiando ippodromi e operatori capaci di crescere e implementare strategie virtuose.
Il Masaf e l’Adm si stanno già muovendo in questa direzione. È essenziale che la filiera ippica e i concessionari collaborino attivamente per costruire un sistema più competitivo, sostenibile e capace di attrarre investimenti e visibilità anche a livello internazionale.”
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