Legge di Stabilità 2025 e Collegato Lavoro: la posizione dell’INPS

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Facciamo il punto delle circolari o messaggi dell’ente previdenziale INPS in attuazione delle novità normative di inizio anno.

Dobbiamo accettare il cambiamento. Vero, soprattutto quando è normativo. L’interprete, che sia azienda o professionista, sa bene che l’inizio dell’anno è caratterizzato dai cambiamenti normativi che, giocoforza, rimandano, generalmente, a quell’atto normativo solenne quale la legge di stabilità (o bilancio).

Il 2025, in tal senso, non rappresenta una eccezione. Sebbene la Legge n°207/2024 sia entrata in vigore da oltre 40 giorni non è detto che sia totalmente operativa.

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Lo sa bene anche l’INPS che, nel gennaio 2025, ha infatti reso a più riprese propri chiarimenti operativi in relazione ad alcuni istituti della legge di bilancio e del “collegato lavoro” (Legge n°203/2024).

Dimissioni fatti concludenti e congedo parentale

Partiamo da una sintesi, di massima, effettuata dall’INPS, circolare n°3 ,15 gennaio 2025, del combinato disposto legge di stabilità e collegato lavoro.

Nella circolare n°3 del 2025, in effetti, trovano collocazione la più parte dei nuovi istituti normativi senza uno specifico approfondimento degli stessi.

Trattasi per lo più di una carrellata veloce del “nuovo che avanza” con delle primarie impressioni dell’ente previdenziale.

Al punto 1.3 l’INPS prende atto della disciplina delle dimissioni per fatti concludenti di cui all’art 19 del Collegato lavoro, sancendo che “la disposizione in commento – che recepisce alcuni orientamenti giurisprudenziali – assolve a finalità antielusive e si prefigge l’obiettivo di evitare comportamenti non corretti nelle ipotesi in cui il lavoratore manifesti nei fatti la propria intenzione di risolvere il rapporto di lavoro senza, tuttavia, adempiere alle formalità prescritte dalla legge, anche al fine di accedere alla NASpI che, in base alla vigente normativa, non può essere riconosciuta in caso di dimissioni volontarie non derivanti da giusta causa”.

Questo, peraltro, ben prima della pubblicazione della nota dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro n°579 del 22 gennaio 2025 la quale ha “proceduralizzato” il fenomeno in trattazione.

Al quarto punto, l’ente previdenziale prende atto dell’estensione, tracciata sul solco delle normative precedenti, del congedo parentale erogabile sino a tre mesi con una indennità dell’80% a carico INPS (commi 217 e 218).

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Pertanto, come ricorda l’ente stesso “A seguito della novella, si prevede che i genitori occupati con rapporto di lavoro dipendente possano beneficiare, in alternativa tra loro, di un elevamento dell’indennità per congedo parentale all’80% per un periodo complessivo di 3 mesi, articolato come segue:

  • un mese con indennità maggiorata all’80% dalla legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di Bilancio 2023);
  • un altro mese con indennità maggiorata al 60% dalla legge di Bilancio 2024 e ulteriormente elevato all’80% dalla legge di Bilancio 2025;
  • un ulteriore mese con indennità maggiorata all’80% dalla legge di Bilancio 2025,

e da fruire entro il sesto anno di vita del bambino o entro il sesto anno dall’ingresso in famiglia del minore nel caso di adozione o affidamento”.

Da ricordarsi che “le maggiorazioni dell’indennità trovano applicazione con riferimento ai lavoratori dipendenti che hanno rispettivamente concluso o terminano il periodo di congedo di maternità o, in alternativa, di paternità, successivamente al 31 dicembre 2023 e al 31 dicembre 2024.

Nonostante questo, ad oggi, siamo ancora in attesa delle istruzioni operative e la posizione dell’INPS di metà gennaio appare poco operativa e solo rappresentativa delle norme già pubblicate.

Decontribuzione madri

Più specifica la posizione di fine anno in relazione alla c.d. decontribuzione madri nel Messaggio INPS n°401 del 31 gennaio 2025.

Nel richiamare la disposizione di cui all’art. 1 comma 180 della Legge n. 213/2023 (legge di stabilità 2024), l’ente previdenziale ricorda i razionali odierni per l’applicazione di tale disposto.

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La base di partenza è riconducibile al citato comma 180 ovvero “Fermo restando quanto previsto al comma 15, per i periodi di paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026 alle lavoratrici madri di tre o più figli con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, ad esclusione dei rapporti di lavoro domestico, è riconosciuto un esonero del 100 per cento della quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico del lavoratore fino al mese di compimento del diciottesimo anno di età del figlio più piccolo, nel limite massimo annuo di 3.000 euro riparametrato su base mensile

A mente del comma 181, tale esonero è stato esteso, in via sperimentale, per i periodi di paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2024, anche alle lavoratrici madri di due figli, con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, a esclusione dei rapporti di lavoro domestico, fino al mese del compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo.

Nel 2025 quindi troverà applicazione la disposizione generale, che riguarderà madri con almeno tre figli (fino al 31 dicembre 2026) di cui uno minorenne. 

Attenzione: l’ente ricorda come “In considerazione dell’espressa previsione dell’efficacia temporale della suddetta misura fino al 31 dicembre 2026, la stessa può trovare applicazione anche nelle ipotesi in cui la nascita (o l’affido/adozione) del terzo figlio (o successivo) si verifichi nel corso delle annualità 2025-2026. In tali ipotesi, la decontribuzione in trattazione troverà applicazione a decorrere dal mese di realizzazione di tale evento, sempre che le lavoratrici madri siano titolari di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato”.

Da ultimo non poteva sfuggire un richiamo alla previsione del comma 219 e 220 di cui alla legge di bilancio 2025 la quale ha creato un “bonus mamme” o esonero alternativo al precedente, esteso anche alle lavoratrici autonome e rimesso a specifici requisiti (quale, ad esempio, una retribuzione o reddito imponibile ai fini previdenziali non superiore all’importo di 40.000 euro su base annua).

L’INPS precisa come “in considerazione del fatto che l’articolo 1, comma 219, ultimo periodo, della legge di Bilancio 2025 demanda la disciplina delle modalità attuative della predetta misura all’adozione di un decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze, si fa presente che – a seguito dell’adozione del suddetto decreto attuativo – l’Istituto fornirà le indicazioni per la disciplina e la gestione di tale misura”.

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In ogni caso, appare sin da subito chiaro come tale esonero sarà applicativo, forse, dal 2026 (altrimenti che senso avrebbe il limite di retribuzione di 40.000,00 euro?).

Contributo addizionale e contratti stagionali

Da ultimo, a fronte della norma di interpretazione autentica contenuta nell’art 11 del Collegato lavoro (disposto che benedice la c.d. stagionalità contrattuale rimessa alle attività da contrattazione collettiva) e della tematica del contributo addizionale del 1,4% del tempo determinato l’ente previdenziale

  1. dapprima, tramite messaggio n. 269 del 2025, ritiene che qualsiasi contratto a termine stagionale sottoscritto per attività identificate dalla contrattazione collettiva (e non dalla norma di riferimento ovvero il DPR 1525 del 1963) dovrà scontare il contributo addizionale del 1,4% (oltre allo 0,5% in ogni rinnovo) previsto dall’art 2 co 28 Legge n. 92/2012;
  2. successivamente, con messaggio n°483 del 07 febbraio 2025, in rettifica di quanto sopra precisa che “in forza della previsione contenuta nel comma 28 dell’articolo 2 della legge n. 92/2012, come modificato dall’articolo 1, comma 13, lettera a), della legge 27 dicembre 2019, n. 160, l’esonero dal versamento del contributo addizionale NASpI e dall’incremento previsto in occasione di ciascun rinnovo – oltre a trovare applicazione con riferimento ai lavoratori assunti a termine per lo svolgimento delle attività stagionali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525 – continua ad applicarsi anche ai contratti di lavoro a tempo determinato, stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2020, per lo svolgimento delle attività stagionali “definite dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati entro il 31 dicembre 2011 dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative” (cfr., sul punto, la circolare n. 91 del 4 agosto 2020)”.

Banalmente il ccnl Turismo. Questi i principali chiarimenti, in attesa degli altri mancanti.



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