In Abruzzo ci sono 568 agriturismi, pari al 2,2% del totale nazionale, secondo gli ultimi dati Istat di fine 2023. In numero che colloca la regione al 16esimo posto nella classifica nazionale, insieme alla Calabria. Elenco guidato dalla Toscana, con 5.797 esercizi pari al 22,2%, seguita da Trentino Aldo Adige, 3.905 cioè il 14,9%. Fanalino di coda il Molise (0,4%) e la Valle d’Aosta (0,2%).
Ciò emerge dalle elaborazioni Cresa – Centro Studi dell’Agenzia per lo Sviluppo della camera di commercio del Gran Sasso d’Italia. In Abruzzo, così come nella media nazionale, i titolari degli agriturismi sono prevalentemente uomini, mentre il 46,6% degli esercizi è gestita da donne. Questo dato è superiore alla media nazionale che si attesta al 34,2%, collocando l’Abruzzo al 5° posto dopo Basilicata, Campania, Liguria e Calabria.
Il numero di attività è leggermente superiore alla media nazionale se rapportato alla popolazione residente (4,5 aziende per 10.000 abitanti contro il 4,4 dell’Italia) e ad essa sensibilmente inferiore nel confronto con la superficie territoriale (5,2 per 100 kmq contro 8,6) relativamente alla quale risulta essere la 13° regione italiana nella classifica capeggiata da Trentino Alto-Adige (28,7) e Toscana (25,2) e chiusa da Basilicata (2,1) e Valle d’Aosta (1,7).
Soo il profilo geo-morfologico, precisando che in regione non sono presenti aree classificate come pianeggianti, poco meno del 65% delle strutture agrituristiche si localizza in collina (Italia: 53%) e più del 35% in montagna (Italia: 31%).
Non soddisfacente l’andamento nel lungo, medio e breve periodo. Tra il 2010 e il 2023 la regione scende, infatti, da 636 a 568 agriturismi (-68 attività) con una flessione del -10,7% in netta controtendenza con la forte variazione positiva della media nazionale (+30,8%) nell’ambito della quale solo la Calabria e la Basilicata riportano flessioni peraltro meno pesanti di quella abruzzese (rispettivamente -3,8% e -5,7%).
Non incoraggiante il trend neanche se si confrontano i da del 2023 con quelli del 2019. La regione passa da 555 a 568 agriturismo con un aumento pari a poco più di un terzo di quello nazionale (2,3% contro 6,3%).
La situazione pare peggiorare nell’ultimo periodo. Tra il 2022 e il 2023 il saldo è di -18 attività risultanti da 11 autorizzazioni e 29 cessazioni, cui corrisponde una flessione del -3,1%, migliore solamente del -4,7% della Liguria e del -6,7% della Valle d’Aosta (Italia: +1,1%).
Nonostante le difficoltà del seore evidenziate dalla scarsa vitalità della nati-mortalità d’impresa, le attività in regione presentano un’ampia offerta turisca se si considerano i servizi “tradizionali”:
l’82,9% degli agriturismi, percentuale leggermente superiore all’81,0% medio del Paese, offre servizi di alloggio, il 70,4% (Italia: 49,8%) di ristorazione.
Quanto alla dimensione media si rileva che gli agriturismi abruzzesi tendono ad essere più “piccoli” di quelli italiani (posti letto: 13 contro 14; posti a sedere: 35 contro 41). L’Abruzzo propone anche una più diffusa offerta di “altre attività” (51,9% contro 49,6%) con valori particolarmente elevati per l’equitazione (13,7% contro 5,1%), gli sport in generale (25,7% contro 12,2%) e le fattorie didattiche (8,1% contro 8,0%). Non buono il posizionamento quanto alla più recente e trendy degustazione, attività che rientra nell’offerta turistica di meno di uno su cinque imprese contro uno su quaro medio nazionale.
Si precisa che la somma dei valori percentuali dei singoli servizi risulta superiore a 100% perché le aziende agrituristiche possono fornire contemporaneamente diversi tipi di attività ed essere quindi classificate in più di un raggruppamento.
Per quanto riguarda la variazione annuale, in diminuzione le aziende agrituristiche con alloggio (-2,3% contro +0,9% italiano), ristorazione (-2,9% contro +0,8%), degustazione (-2,7% contro +3,8%) e altre attività (-0,3% e +1,2%) nell’ambito delle quali solo quelle sporve che a livello nazionale restano sostanzialmente stabili, mostrano un lieve avanzamento (+0,7%).
Le strutture abruzzesi che offrono servizi di alloggio nel 2023 hanno registrato 25.060 arrivi (turisti) e 78.049 presenze (pernoamenti), che rappresentano lo 0,6% e lo 0,5% dei rispettivi totali nazionali. Rispetto all’anno precedente si registrano flessioni sia sul fronte degli arrivi (-11%; Italia: +11%) sia su quello delle presenze (-3%; Italia: +7%). I pernottamenti salgono da 2,9 a 3,1 giorni ma restano molto al di sotto dei 3,7 giorni medi nazionali (erano 3,7).
Considerando un arco temporale più ampio (2019-2023), in Abruzzo sono aumenta più che a livello nazionale sia il numero di turisti (+23% contro +20%) che le loro presenze (+21% contro +19%) quale risultato della buona ripresa nel corso e subito dopo la pandemia determinata dalla percezione della sicurezza dal punto di vista sanitario di questa tipologia di strutture per la maggiore facilità nell’adottare misure precauzionali e di distanziamento. Infatti, proprio l’Abruzzo e il Molise, percepite come particolarmente appetibili per la possibilità di svolgere attività en plein air in sicurezza, hanno registrato i minori impatti nella fase della prima ondata (marzo-maggio 2020) dovuti anche al fatto che il loro ridoo richiamo turistico confrontato con i grandi poli turistici nazionali, nel caso specifico, è stato leo come limitato rischio di assembramenti e, quindi, di contagio.
Altro faore che può aver contribuito all’aumento del movimento negli agriturismi regionali è la posizione geografica a ridosso della capitale e dell’area metropolitana napoletana che consentiva un “allontanamento di prossimità” dai luoghi di residenza.
Considerando la provenienza dei turisti, solo in piccola parte il movimento negli agriturismi abruzzesi è riconducibile a stranieri: nel 2023 i loro arrivi sono sta solo 4.736 e le loro presenze 18.741 (0,2% entrambi dei totali nazionali italiani).
Il loro peso sul totale è in regione è del 19% sul fronte degli arrivi e del 24% su quello delle permanenze, valori inferiori al 51% e al 60% medi nazionali. Nonostante la regione registri flessioni su base annua in controtendenza con l’andamento nazionale (arrivi: -16%; presenze: -1%), nel confronto con l’anno pre pandemico gli ospiti provenienti dall’estero negli alloggi agrituristici abruzzesi fanno registrare aumenti superiori a quelli italiani (arrivi: +36% contro +29%; presenze: +23% contro +22%).
La breve analisi condotta conduce a due riflessioni conclusive. La prima riguarda l’incapacità dimostrata dalla regione di trasformare la positiva congiuntura della fase pandemica, periodo nel quale le strutture agrituristiche abruzzesi, anche più delle altre tipologie, hanno conosciuto un forte incremento della domanda, in domanda strutturale tale da continuare ad alimentare questo seore che, oltre ad essere un sistema di imprese, svolge un importante ruolo. Esso, infatti, permette di limitare lo spopolamento delle aree rurali, causato dall’emigrazione verso le aree urbanizzate nazionali ed estere alla ricerca di migliori condizioni di vita, e di evitarne le ripercussioni negave quali l’abbandono del territorio, il dissesto idrogeologico e la dissoluzione della cultura contadina espressa dalle produzioni piche non solo agricole ma anche gastronomiche e artigianali. La seconda, che emerge dalla brevità dei soggiorni e che è probabilmente anche causa della prima, mee in luce la bassa propensione alla diversificazione dell’offerta agrituristica ancora molto legata in regione ai servizi di alloggio e ristorazione, peraltro fornite da strutture mediamente più piccole della media nazionale, che non rispondono appieno alle istanze sempre più variegate e complesse della domanda.
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