Province, ricorso al Tar Sicilia: elezioni del 27 aprile a rischio

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PALERMO – Le elezioni di secondo grado nelle ex Province della Sicilia rischiano di diventare un enigma ancora tutto da decifrare. Sul voto fissato per domenica 27 aprile pende, infatti, un ricorso al Tar partito dalla provincia di Ragusa: il presidente del consiglio comunale di Ispica, Giambattista Genovese, rappresentato dal costituzionalista catanese Agatino Cariola, chiede ai giudici amministrativi in prima battuta di sospendere il voto.

Province, il ricorso contro il voto di secondo grado

Il ricorso solleva la questione di legittimità costituzionale della legge Delrio e delle norme regionali risalenti al 2015 che hanno provato (finora inutilmente) ad attuare in Sicilia i principi della riforma nazionale. Genovese chiede ai giudici della Prima sezione del Tar di sospendere le elezioni fissate per il 27 aprile nei sei Liberi consorzi (Trapani, Agrigento, Caltanissetta, Enna, Ragusa e Siracusa) e nelle tre Città metropolitane (Palermo, Catania e Messina).

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Il ‘fuoco amico’ nel centrodestra

La mossa contraria al voto di secondo grado, che prevede il coinvolgimento esclusivo di sindaci e consiglieri comunali, arriva dalla stessa area della maggioranza che governa la Regione. Genovese, infatti, è un indipendente di area centrodestra.

Genovese: “Questo voto è incostituzionale”

“La mia è stata una scelta di cuore – racconta -. Queste elezioni sono incostituzionali. Bisogna ridare il voto ai cittadini, gli unici che possono legittimare i politici. Ho sperato fino alla fine che si potessero celebrare delle elezioni in piena regola ma alla fine non è stato così, per questo ho deciso di presentare ricorso”.

Una sorta di fuoco amico in casa centrodestra, dove già sono iniziate le grandi manovre per le candidature. “Il fatto che io appartenga a quella parte politica non significa che debba essere d’accordo con tutto quello che viene deciso – ancora Genovese -. I miei voti li raccolgo uno per uno, non accetto che si venga eletti senza passare dal consenso della gente. Nel centrodestra sono in tanti a pensarla come me ma nessuno parla. In questa storia sono pronto ad andare fino in fondo nei vari gradi della giustizia amministrativa”.

Giambattista Genovese

Questa, però, non è l’unica curiosità della storia. L’altra riguarda Cariola, che ha scritto materialmente il ricorso. Il legale nel 2023 fu consulente per tre mesi del presidente dell’Ars Gaetano Galvagno, esponente di Fratelli d’Italia, partito che più di tutti nel centrodestra ha sbarrato la strada al ritorno alle elezioni dirette soltanto per le ex Province siciliane. I meloniani, infatti, guardano ad una controriforma che accompagni tutto il Paese verso il ritorno al voto diretto per le Province.

Le motivazioni del ricorso al Tar

Il ricorso di 15 pagine illustra i motivi sulla base dei quali si chiede al Tar di sospendere il decreto firmato il 13 febbraio dal governatore Renato Schifani, che fissa la data del voto. Queste violerebbero in prima battuta, secondo la tesi di Cariola, almeno cinque articoli della Costituzione: 1, 2, 3, 51 e 97. Dai principi cardine, come quello della “sovranità popolare” e dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, a quelli che tutelano le pari opportunità nell’accedere alle cariche elettive.

L’obiettivo grosso del ricorso è però la legge Delrio: un testo nel quale “i problemi di costituzionalità – si legge – sorgono ad ogni piè”. Il costituzionalista punta poi il dito sulla presunta “illegittimità dei cumuli di mandati politici”. Il riferimento è alla norma della Delrio (e a cascata quella regionale) secondo la quale il sindaco del Comune capoluogo è anche automaticamente sindaco metropolitano. Una situazione che in Sicilia riguarda Palermo, Catania e Messina.

La battaglia contro il voto ponderato

Una parte consistente del ricorso punta inoltre a demolire il voto ponderato, in base al quale ai sindaci e ai consiglieri comunali che eleggeranno i presidenti dei Liberi consorzi e i Consigli viene attribuito un peso diverso a seconda del Comune nel quale sono stati eletti. “Il voto ponderato distorce in maniera squilibrata la rappresentanza a danno dei piccoli territori”, è la tesi di Cariola, dal momento che “aumenta, rafforza ed esalta in maniera sproporzionata il peso politico dei comuni più grossi”.

Secondo il costituzionalista le elezioni di secondo grado non sono delle “assemblee societarie o condominiali”, dove “si vota in ragione della proprietà”. Per questi motivi il voto ponderato “appare in netto contrasto” con la Costituzione.

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La doppia scheda

Cariola individua poi il rischio che la doppia scheda, per l’elezione del presidente del consigliere provinciale, nei piccoli Comuni mette a rischio la segretezza del voto. In molte realtà esistono pochi consiglieri comunali e questo aumenterebbe la “riconoscibilità del voto”, specie se alcuni degli aventi diritto non dovesse recarsi alle urne.

Le conclusioni condensano tutta l’impalcatura che porta Genovese a chiedere ai giudici amministrativi la sospensione di un voto che “annichilisce il diritto a partecipare alla vita pubblica in condizioni di uguaglianza con tutti gli altri cittadini”. Il tutto con buona pace delle trattative in corso nel centrodestra e dell’asse Pd-M5s sul fronte progressista.

“Rinvio pesante ma necessario”

Per quanto, allora, “possa essere pesante” rinviare ancora le elezioni degli organi di governo dei Liberi consorzi e delle Città metropolitane, questa, secondo il ricorso, è “una soluzione imposta dalla necessità, alla stregua dei valori costituzionali coinvolti”. Una soluzione che però renderebbe ancora più intricato l’enigma delle Province.



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