La sinistra tedesca e la guerra che «deve finire»

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Il confronto fra lo Spitzenkandidat della Linke, Jan van Aken, e il portavoce della politica di disarmo della Spd, Ralf Stegner, restituisce le prove di dialogo fra le anime pacifiste della Germania, sparpagliate ma tutt’altro che confuse. Così lontane, così vicine: a poche ore dal voto due voci autorevoli della sinistra tedesca discutono insieme di guerra e pace e soprattutto del nuovo rapporto fra Europa e Usa che cambia, non solo il futuro della Germania.

Signor Stegner, Trump ha aperto la porta alla pace in Ucraina telefonando a Putin e annunciando i negoziati. Un passo avanti, anche se governa in modo autoritario e ha consegnato il potere politico ai boss delle imprese?

In linea di principio tutto ciò che va nella direzione di chiudere la guerra può essere inizialmente positivo, ma non sono particolarmente fiducioso che finisca così. Una decisione presa senza Ucraina ed Europa probabilmente non andrà bene. Potrebbe finire come in Afghanistan dove gli Usa hanno solo raggiunto un accordo con i Talebani e il risultato è stato la disfatta. L’idea che Trump si accorda con Putin, prende le risorse naturali dell’Ucraina e poi gli europei inviano le truppe in sua difesa è avventata. Ma la guerra deve finire prima possibile.

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Van Aken, da tempo la Linke chiede cessate il fuoco e trattative e pensa che l’adesione dell’Ucraina alla Nato è un problema. Il governo Usa si muove quindi nella giusta direzione?

Non è la nostra posizione. Non spetta a noi decidere se debba entrare, solo gli ucraini possono farlo. Sono convinto che per la Russia sia molto importante che l’Ucraina non entri nella Nato – dato che l’ha posta come condizione per il cessate il fuoco – ma sarebbe fatale se dal negoziato Trump-Putin uscisse una “pace dettata” a Kiev. Vedremo, Al momento sembra che gli Usa stiano gettando l’Ucraina sotto l’autobus perché si aspettano di trarre vantaggi dall’accordo con la Russia.

L’anno scorso Rolf Mützenich della Spd fece scalpore con il suo appello a congelare il conflitto. Non è ciò che dicono ora gli Usa?

 

Stegner – No. Mützenich è stato criticato ingiustamente. Non parlava di permafrost, ma della necessità di tregue regionali temporanee per avviare i negoziati. All’epoca chi parlava di diplomazia era bollato come amico di Putin e pro-appeasement. Oggi possiamo constatare che chi ha puntato solo sulla logica militare si sbagliava: la convinzione che Putin potesse essere tirato con la forza al tavolo dei negoziati non si è concretizzata. Però non mi sta bene neppure la prospettiva di assoggettare l’Ucraina di Afd e Bsw. Sosteniamo Kiev nella sua difesa e allo stesso tempo sollecitiamo gli sforzi diplomatici.

Van Aken – Sembra un déjà vu. Ho passato 8 anni al Bundestag a discutere contro l’impiego della Bundeswehr in Afghanistan. Mi hanno sempre risposto così: Volete davvero abbandonare le ragazze afgane? Dopo 20 anni, la Bundeswehr è stata evacuata ed era chiaro che la missione era fallita. La Linke ha ribadito la necessità di negoziare ma anche che per farlo abbiamo bisogno di Cina e Brics. Non ci hanno mai ascoltato. Ora arriva Trump e sembra voler svendere l’Ucraina, e l’Europa è scioccata. Gli Usa stanno sbagliando ma si è trascurato di promuovere un’iniziativa con la Cina.

Si può raggiungere un accordo che includa la rinuncia ai territori occupati o così si prolunga solo il conflitto?

Stegner – Difficile giudicare. L’esperienza dimostra che a volte ci vuole un po’ di tempo prima che gli eventi si sviluppino in direzioni accettabili. La diplomazia è noiosa e nascosta; al contrario qualsiasi idiota può parlare pubblicamente di armi anche se non distingue un ombrello da una pistola.

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Van Aken – Guardo alla soluzione che fu adottata per la Saar (che oggi è un Land della Germania, ndr) dopo la Seconda guerra mondiale. Per molti anni non fu chiaro quale fosse il suo posto in Europa prima dei referendum tra la popolazione. Qualcosa di simile è stato preso in considerazione anche per l’Ucraina a Istanbul 2022.

L’accordo deve essere accettato dalla maggioranza degli ucraini. Ma nessuno sa cosa vogliano davvero né di quanto sostegno goda ancora Zelensky.

Van Aken – Sono stato in Ucraina prima delle elezioni Usa e ho parlato con le organizzazioni umanitarie chiedendo cosa si aspettassero dal voto. Ho riscontrato la totale mancanza di interesse. Molti mi hanno risposto di essere allo stremo delle forze, che continuano a fare il necessario ma senza prospettive. I nostri compagni di sinistra ci hanno spiegato che più ci si avvicina al fronte, più la gente è disposta a dare qualcosa per la pace. L’umore è difficile da valutare, anche se credo che alla fine ci sia la possibilità di accettare un accordo. Certo mi sono reso pure conto che Zelenskyi ha problemi di politica interna, ma onestamente temo che gli ucraini non abbiano più valide scelte: la guerra deve finire.
Con gli accordi di Minsk del 2014 questa cornice non sembra aver funzionato.

Stegner – Se qualcosa non ha funzionato una volta, non significa che non lo farà mai.

L’Ue è stata tagliata fuori dall’iniziativa Usa, e la prima cosa che i leader europei dicono è: mandiamo le nostre truppe. Qual è la logica politica?

Stegner – È una pseudo-verità che riguarda le condizioni critiche che prevalgono in Europa dove governi e partiti nazionalisti sono le versioni in miniatura dell’America first. Prima l’Austria! Prima l’Ungheria! E così via. Non voglio che lo stile-Trump diventi il modello in Europa, dobbiamo trovare altre strade e serve più cooperazione fra democratici.

È possibile immaginare i soldati tedeschi in Ucraina come parte di una forza di pace?

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Van Aken – No. Devi pensarci tre volte quando parli di un soldato tedesco poco prima di Stalingrado. Il vero nodo è: di che tipo di peacekeepers si tratta? Non è chiaro. Si ipotizza che alcuni Stati Ue possano inviare truppe in Ucraina, ma prima o dopo il cessate il fuoco? Posso solo immaginarlo nel formato dei caschi blu Onu dopo che tutte le parti hanno accettato. Sono osservatori neutrali e disarmati e fanno ciò da tempo in Corea e a Cipro. Qualsiasi alternativa è folle. Tutte gli altri tipi di missioni sono falliti.

La politica di sicurezza Ue è declinata quasi solo in termini militari. Il ministro della difesa Pistorius della Spd vuole moltiplicare il bilancio della Bundeswehr. Come può il suo partito, che lei considera parte del movimento pacifista, risultare credibile?

Stegner – Capisco che il ministro faccia il suo lavoro e parli dello stato della Bundeswehr. Non nego che la Germania debba essere capace di difendersi, ma sono contrario a leggere negli occhi dell’industria bellica i loro desideri diventando il campione mondiale delle esportazioni di armi. Obiettivi irreali come 5% del Pil per le armi sono l’ultima cosa che possiamo permetterci. Non c’è alcuna carenza di armi nel mondo, mentre mancano risorse per risolvere fame, distruzione dell’ambiente e le cause dei movimenti migratori. Se lasciamo il movimento per la pace a populisti e ultra-destra, allora buonanotte!. Nella Spd mi batto per avere la maggioranza attorno a questa posizione.

E la sua approvazione del fondo speciale da 100 miliardi di euro per la Bundeswehr?

Stegner – Sono a favore perché la Bundeswehr si trova in uno stato deplorevole. Si può dirlo senza essere a favore del riarmo illimitato e ritenere che ciò sarà il futuro della nostra industria. Dobbiamo tornare agli accordi sul disarmo che, tra l’altro, si sono sempre conclusi in tempi di tensione. Mi contattano molti cittadini preoccupati della pace; non mi pare che la gente desideri il ritorno della Germania come grande potenza militare.

Van Aken – Herr Stegner, ma il suo partito non condivide le sue posizioni. O sbaglio?

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Stegner – Si sbaglia. La maggioranza dell’Spd crede che dovremmo muoverci verso il disarmo e la diplomazia rimanendo parte del movimento per la pace.

Van Aken – Il pacchetto da 100 miliardi è riarmo concreto, così come lo è il dispiegamento di missili Usa a medio raggio. E il riarmo è sbagliato.

La Linke si è spaccata sulla guerra in Ucraina e il conflitto in Medio Oriente resta una fonte di discordia. Come potete essere credibili su questi temi?

Van Aken – Non vedo la disputa. Ovvio, in un partito ci sono posizioni diverse, ma lo abbiamo chiarito in modo intelligente all’ultimo congresso. La Linke si è riunita e ora parla con una sola voce: non c’è posto per chi celebra le atrocità commesse dall’esercito israeliano a Gaza o da Hamas. Sono pochissimi i contrari a questa linea. Sull’Ucraina, chi aveva una prospettiva puramente cremlinista se n’è già andato ed è un bene.

* giornalisti del quotidiano n.d., partnership editoriale dell’intervista

qui la versione integrale in tedesco



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