L’innovazione divide le imprese: c’è chi cresce e chi resta indietro

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L’innovazione non è democratica. Favorisce chi sa investire e cambia il gioco per tutti gli altri. Le imprese più strutturate crescono e migliorano la produttività, mentre quelle che non si adeguano rischiano di restare ai margini.

Questa è la polarizzazione tecnologica: un fenomeno che sta ridisegnando il settore manifatturiero. Automazione, digitalizzazione e intelligenza artificiale non sono solo strumenti, ma veri e propri spartiacque tra chi avanza e chi viene escluso dal mercato.

Come evitare il divario? Quali strategie devono adottare le imprese per competere? In questa intervista, Mauro Colombo, direttore generale di Confartigianato Varese e Artser spiega come la tecnologia stia riscrivendo le regole del gioco e perché l’unico modo per non essere travolti è anticipare il cambiamento, non subirlo.

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Polarizzazione tecnologica

Direttore Colombo, oggi l’innovazione tecnologica è una delle principali leve di competitività per le imprese. Parliamo di intelligenza artificiale, automazione, digitalizzazione: cambiamenti profondi che stanno ridisegnando il panorama produttivo. Quali sono gli effetti più evidenti di questa trasformazione?

L’innovazione sta davvero modificando il modo in cui le imprese producono, organizzano il lavoro e si relazionano con il mercato. Le nuove tecnologie consentono di aumentare l’efficienza, ridurre i costi e rendere i processi più flessibili. Tuttavia, non si tratta solo di macchinari o software più avanzati: il vero cambiamento riguarda le persone e le competenze. Oggi servono professionalità nuove e un approccio al lavoro più orientato alla digitalizzazione e all’analisi dei dati. Questo è un grande vantaggio per le imprese che sanno investire e innovare, ma è anche una sfida, perché chi non si adegua rischia di perdere competitività.

Le imprese stanno quindi affrontando un cambiamento a doppia velocità. Da un lato, chi innova ha l’opportunità di migliorare la propria posizione sul mercato, dall’altro c’è il rischio di esclusione per chi non riesce ad adattarsi. Quali sono, secondo lei, i principali impatti della polarizzazione tecnologica sulle aziende manifatturiere?

Esattamente. Le aziende più strutturate, che possono investire in ricerca e sviluppo, stanno beneficiando delle nuove tecnologie, mentre le realtà più piccole o meno preparate faticano a stare al passo. Questo fenomeno crea una crescente richiesta di lavoratori con competenze altamente specializzate, come esperti in automazione e analisi dei dati, ma riduce la necessità di profili intermedi, quelli più legati ai processi tradizionali. Se da un lato l’automazione migliora la produttività, dall’altro c’è il rischio che alcune professionalità vengano superate. È quindi fondamentale che le imprese affrontino il cambiamento con lungimiranza, investendo nella formazione e nell’aggiornamento continuo delle competenze interne.

La formazione sembra essere quindi un elemento chiave in questa trasformazione. Come stanno reagendo le imprese per adattarsi?

Le imprese più lungimiranti hanno già avviato programmi di aggiornamento e riqualificazione del personale. Molte stanno collaborando con istituti tecnici, università e centri di ricerca per formare nuovi profili professionali. È chiaro che non basta acquistare nuove macchine: serve personale in grado di gestirle e di sfruttarne appieno il potenziale. È importante investire su percorsi formativi che accompagnino il cambiamento, evitando che la transizione tecnologica si traduca in una perdita di posti di lavoro o in un freno alla crescita aziendale.

L’innovazione impatta anche sulla supply chain. Come stanno cambiando le dinamiche tra fornitori e imprese?

La digitalizzazione sta portando a una trasformazione radicale delle catene di fornitura. Oggi le imprese chiedono ai loro fornitori standard qualitativi e tecnologici sempre più elevati. Questo significa che chi fornisce componenti e servizi deve adeguarsi alle nuove esigenze del mercato, adottando strumenti digitali per garantire tracciabilità, efficienza e flessibilità. Inoltre, grazie all’uso dei dati e dell’intelligenza artificiale, le aziende possono prevedere eventuali criticità lungo la supply chain e intervenire tempestivamente. Questo porta a un modello produttivo più resiliente e reattivo, ma richiede anche un cambio di mentalità e un approccio più integrato alla gestione della filiera.

Oltre alla produzione, le nuove tecnologie stanno trasformando anche il rapporto con il mercato. In che modo le imprese devono rivedere il proprio modello di business?

Oggi non basta più produrre bene: bisogna essere in grado di rispondere rapidamente alle esigenze dei clienti, offrendo soluzioni personalizzate e servizi a valore aggiunto. Le nuove tecnologie permettono di farlo in modi prima impensabili. Pensiamo alla possibilità di realizzare prodotti su misura grazie alla stampa 3D o di monitorare il funzionamento dei macchinari a distanza con la manutenzione predittiva. Inoltre, il digitale ha rivoluzionato il modo in cui le imprese si presentano al mercato: oggi il marketing, la vendita e il servizio clienti passano sempre più attraverso canali digitali. Questo significa che per essere competitive, le aziende devono integrare questi strumenti nei loro processi e nella loro strategia.

Guardando al futuro, quali strategie dovrebbero adottare le imprese per affrontare con successo questa trasformazione?

La parola chiave è visione. Le imprese devono pianificare il cambiamento, non subirlo. Questo significa investire in innovazione, sì, ma anche e soprattutto nelle persone. Le aziende che cresceranno saranno quelle che sapranno costruire un ecosistema capace di integrare nuove tecnologie, formare talenti e sviluppare nuovi modelli di business. È importante inoltre sfruttare tutte le opportunità disponibili, dagli incentivi per la digitalizzazione alle collaborazioni con istituzioni e centri di ricerca. Il futuro sarà sempre più digitale, ma sarà anche sempre più orientato alla capacità di adattarsi, di essere flessibili e di saper cogliere il cambiamento come una risorsa e non come una minaccia.

Direttore Colombo, per concludere, qual è il suo consiglio per le imprese che devono affrontare questa sfida?

Il mio consiglio è di non avere paura del cambiamento, ma di affrontarlo con strategia e lungimiranza. L’innovazione non è un lusso, è una necessità. E il modo migliore per affrontarla è investire nel proprio futuro, con coraggio e con la consapevolezza che la tecnologia è un’opportunità straordinaria per crescere e migliorare. Le imprese che sapranno gestire questo passaggio con intelligenza saranno quelle che guideranno il mercato di domani. Sara Bartolini



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