Street food al microscopio: cosa stiamo realmente mangiando?

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Le pratiche di sicurezza alimentare dei venditori di street food rispettano realmente gli standard europei, o esistono lacune che possono mettere a rischio la salute dei consumatori?

Foto di Clem Onojeghuo su Unsplash

Mangiare fuori casa è ormai un’abitudine consolidata, sia che si tratti di una cena al ristorante che di un pasto veloce a base di street food. Ma vi siete mai chiesti quanto sia sicuro il cibo di strada? La crescente diffusione di malattie di origine alimentare solleva una domanda legittima: le pratiche di sicurezza alimentare dei venditori di street food rispettano realmente gli standard europei, o esistono lacune che possono mettere a rischio la salute dei consumatori?

Si tratta di un tema complesso, che richiama l’importanza della formazione e della consapevolezza dei venditori in materia di igiene e sicurezza alimentare. In questo articolo esploreremo la questione, facendo luce su un recente studio condotto dall’Istanbul Topkapi University. Inoltre, proporremo soluzioni e buone pratiche per ridurre i rischi legati alla contaminazione microbiologica, così da consumare lo street food in tutta tranquillità.

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Street food e sicurezza alimentare: le regole del gioco

Gli alimenti sono una matrice vivente e possono costituire un pericolo per la salute umana se non vengono prodotti e serviti in modo sicuro. Lo scopo della sicurezza alimentare è proprio quello di fornire precauzioni specifiche in ogni fase della filiera onde evitare contaminazioni capaci di causare problemi anche gravi alla salute delle persone.

Infatti, è stato osservato che le malattie di origine alimentare si verificano principalmente a causa del consumo di alimenti contaminati microbiologicamente e chimicamente. Secondo il rapporto “The European Union One Health 2023 Zoonoses” pubblicato dall’EFSA (l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) lo scorso novembre 2024, in Italia sono stati riportati 171 focolai epidemici di origine alimentare, che rappresentano il 3% di tutti i focolai riportati in UE. A fare le spese di questo sono molto spesso i viaggiatori e i lavoratori fuori sede, che si ritrovano a consumare più frequentemente pasti fuori casa.

In questo contesto, lo street food è il problema più rischioso e l’anello più debole della sicurezza alimentare. Per essere chiari, la FAO definisce il cibo di strada come “cibo e bevande pre-preparate o pronte per il consumo, vendute da venditori ambulanti in luoghi pubblici condivisi, in particolare su strade, coste, stazioni e fermate degli autobus”. Ma attenzione a non cadere nel tranello “cibo di strada = niente sicurezza alimentare”: questa è un’associazione tutt’altro che corretta perché vendere street food sicuro è possibile se si seguono le regole. 

Una volta conseguiti gli oneri amministrativi (fra cui aver frequentato un corso abilitante SAB – Somministrazione Alimenti e Bevande – e aver presentato la SCIA commerciale – Segnalazione certificata di inizio attività), bisogna assicurarsi di possedere tutti i requisiti previsti dal Regolamento CE 852/04. Questa normativa stabilisce le regole dell’igiene alimentare e, al capitolo III dell’Allegato II, enuncia tutti i requisiti applicabili alle strutture mobili e/o temporanee (quali padiglioni, chioschi di vendita, banchi di vendita autotrasportati) che possono essere usate per commerciare street food. Un esempio che ricade perfettamente in questa categoria sono i diffusissimi food truck.

Stando a quanto previsto dal Regolamento europeo, i food truck devono:

  1. essere in ottime condizioni igieniche
  2. essere mantenuti in perfetto stato di manutenzione e gestiti in modo tale da evitare il più possibile la contaminazione, in particolare da parte di animali e di animali infestanti;
  3. essere provvisti di lavamani con comando non manuale e, se previsto il lavaggio di alimenti, occorre provvedere affinché esso possa essere effettuato in condizioni igieniche adeguate;
  4. Possedere tutte le superfici in contatto col cibo, così come gli utensili, in buone condizioni, facili da pulire e disinfettate;
  5. avere disponibile un’adeguata erogazione di acqua potabile calda e/o fredda;
  6. avere una cisterna di raccolta delle acque reflue da smaltire successivamente;
  7. Avere appropriati impianti o attrezzature per mantenere e controllare adeguate condizioni di temperatura dei cibi.
  8. Cercare di conservare i cibi crudi almeno in un ripiano separato rispetto ai cibi pronti al consumo

Naturalmente, alla vendita del cibo di strada si applicano anche tutte quelle regole dell’HACCP (Hazard analysis and critical control points) che garantiscono un alto livello igienico-sanitario grazie a procedure specifiche riportate all’interno di un manuale di autocontrollo. In particolare, i venditori di cibo di strada devono prestare attenzione ai seguenti passaggi:

  1. gli alimenti devono essere acquistati da fornitori selezionati e che dichiarano l’applicazione del sistema di autocontrollo HACCP;
  2. il responsabile aziendale, al momento dello scarico, deve verificare l’idoneità igienica della merce e successivamente provvede a stoccarla alle condizioni di conservazione previste; 
  3. la preparazione dei cibi deve avvenire nel rispetto delle norme di corretta prassi igienica di lavorazione;
  4. la contaminazione crociata deve essere evitata e prevenuta applicando le procedure igienico-sanitarie di autocontrollo;
  5. la vendita degli alimenti e delle bevande deve avvenire nel rispetto delle regole di igiene basilari previste dall’HACCP, come ad esempio indossare abiti da lavoro puliti, mantenere una scrupolosa igiene personale, raccogliere i capelli all’interno di copricapo, tagliare le unghie corte, rimuovere monili vari, lavare frequentemente le mani, coprire eventuali ferite o abrasioni;
  6. il responsabile aziendale deve garantire la corretta informazione al consumatore in merito agli allergeni presenti nelle singole preparazioni, come previsto dal Regolamento europeo 1169/2011.

Il rischio microbiologico del cibo di strada

Ma se qualche venditore di cibo di strada non rispetta queste regole, ecco che è il consumatore finale, molto spesso, a farne le spese. Secondo un recente studio della Topkapi University di Istanbul, quasi il 70% dei casi di dissenteria nei Paesi in via di sviluppo è associato a cibi di strada non sicuri preparati dai venditori ambulanti. Questo accade perché, all’interno di questi cibi, possono trovarsi microrganismi patogeni come Salmonella spp, Escherichia coli, Bacillus cereus, Staphylococcus aureus, Vibrio spp, Campylobacter spp e Listeria monocytogenes, tutti batteri molto diffusi non solo nel Terzo Mondo ma anche in Europa. 

Le cause più note della contaminazione microbica dei cibi di strada sono diverse:

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  1. la conservazione inadeguata degli alimenti;
  2. la preparazione non conforme alle prassi della sicurezza alimentare;
  3. la scarsa igiene del personale; 
  4. la vendita all’aperto (che comporta contaminazione ambientale); 
  5. La non corretta separazione tra materie prime crude e prodotti pronti al consumo;
  6. le scarse conoscenze riguardo le pratiche igieniche e di sicurezza dei venditori di cibo di strada. 

In questa lista, sicuramente il tassello che può davvero fare la differenza nel contenimento del rischio microbiologico è un’adeguata formazione del personale che si preoccupa della preparazione e della vendita dello street food. Conoscere tutti i requisiti del sistema HACCP, seguendo una formazione certificata conforme alle normative regionali di riferimento, permette agli operatori del settore alimentare di lavorare nel rispetto della sicurezza alimentare, tutelando sé stessi e i consumatori.

Inoltre, un frequente monitoraggio da parte delle ASL e delle Autorità di competenza permette un’adeguata supervisione a verifica che tutti i requisiti obbligatori per legge vengano rispettati, soprattutto nei food truck. 

In conclusione, conoscere e rispettare le norme europee della sicurezza alimentare permette di produrre, vendere e consumare il nostro street food preferito senza paura di avere ripercussioni sulla salute pubblica.



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