«Più Nato e difesa comune». La premier scuote l’Ue sulle spese militari

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Sorride delle critiche Giorgia Meloni. Di chi punta il dito contro la sua missione lampo a Washington, la photo-opportunity nella rotonda del Capitol nel giorno di Donald Trump. Ritorno e vendetta. Scommessa riuscita o azzardo? Il tempo dirà. Trump ha picchiato duro, durissimo in quell’aula su tanti dossier che toccano da vicino l’Italia. A cominciare dai dazi, il vero elefante nella stanza, anche se l’entourage della premier ha tirato un sospiro di sollievo per i toni considerati meno violenti del previsto, almeno nel passaggio sulle tariffe.

LA LINEA DELLA PREMIER

Meloni si dice invece convinta che rinsaldare il legame con l’America di Trump – sì, anche solo con un saluto fugace nella chiesa di St Johns, prima del giuramento – sia piuttosto una questione di «interesse nazionale». È il messaggio racchiuso in un video postato sui social ieri mattina mentre l’aereo era ancora in volo, un blob di immagini delle missioni all’estero nell’ultimo anno accompagnato da una didascalia; non è politica estera ma «politica interna». E pazienza se le opposizioni dicono l’opposto: «Si è chiesta perché solo lei è stata invitata e l’Ue no?» dice la segretaria del Pd Elly Schlein. Meloni tira dritto. E torna al lavoro. L’aereo presidenziale atterra a Fiumicino di prima mattina.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Il corteo fila diretto a Palazzo Chigi. Al telefono c’è Antonio Costa, il presidente del Consiglio europeo sta facendo un giro di telefonate in vista della riunione informale dei leader in Belgio a inizio febbraio. Racconta in breve le impressioni sul Trump-day a Washington, la premier, poi dice la sua sulle priorità ai tavoli europei. In cima l’urgenza di aumentare gli investimenti nella Difesa e la quota Ue del bilancio Nato, prima che Trump batta cassa a modo suo: pagate i debiti, o ve la dovrete cavare da soli. In una nota a margine Palazzo Chigi mette l’accento sulla necessità di «rafforzare concretamente il pilastro europeo della Nato, anche a fronte della competitività europea del settore, attraverso una piena complementarietà delle iniziative e dei programmi Ue in ambito difesa».

Meloni intende porre la questione nelle prossime settimane. Il nuovo Patto di Stabilità pesa come un macigno sui conti italiani, ha stretto la cinghia del’ultima Manovra. Ora la battaglia delle spese militari imposta da Trump può aprire uno spiraglio insperato per rivedere quei vincoli, scorporare almeno una parte delle spese nella Difesa. Altrimenti non solo il contributo del 5 per cento del Pil minacciato da Trump, che sa di boutade, ma anche il 3 per cento messo nel mirino dal segretario della Nato Mark Rutte resterà una chimera. La telefonata con Costa era programmata da tempo. Torna comunque utile alla presidente del Consiglio per tenere aperto l’altro fronte, quello con gli alleati in Ue, chi indispettito dal suo viaggio nella capitale Usa, chi invece spera che la leader italiana possa metterci una buona parola. A Palazzo Chigi ieri hanno annotato con soddisfazione le parole di Friedrich Merz, capo della Cdu lanciatissimo come futuro Cancelliere tedesco: «Meloni? Non capisco le riserve nei suoi confronti, penso che sia veramente pro-europea». In verità la missione da Trump è stata tutta in chiave italiana. «Un’occasione per porci come interlocutore privilegiato di Washington» recitavano ieri i dispacci ufficiali di Fratelli d’Italia. E a Roma si lavora già a una visita ufficiale alla Casa Bianca, tra marzo e aprile.

LE INCOGNITE

Ma tiene sulle spine l’incognita dazi. Se Trump sarà di parola, così prevedono le stime riservate del governo anticipate da questo giornale, le nuove tariffe potrebbero costare tra i 100 e i 120 miliardi di euro all’Ue. E colpire anche l’Italia, magari come “vendetta” per la web tax introdotta contro quella Silicon Valley che fino a ieri era tutta democratica e ora si è convertita al trumpismo. Si teme non a torto che Trump faccia saltare tutti i tavoli avviati da Biden con l’Ue, a partire dal Trade and Technology council. Chi consiglia da vicino la premier guarda al bicchiere mezzo pieno. «C’è la Germania nel mirino di Trump, la nostra bilancia commerciale non è così sbilanciata». Chissà cosa ne pensa lui. E se quel saluto nel giorno più importante farà davvero la differenza.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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