Disinformazione, cambiamenti climatici, guerre e disgregazione sociale. Sono alcuni dei principali rischi sistemici che il mondo si troverà ad affrontare da qui a 2 e 10 anni. Le guerre in Ucraina e Medio Oriente, assieme alle crescenti tensioni tra Cina e Stati Uniti, hanno riportato la guerra al centro dell’attenzione. E il principale rischio per il 2025, a livello mondiale, è costituito proprio dai conflitti armati tra Stati. In crescita rispetto agli ultimi anni.
A delineare lo scenario è la ventesima edizione del Global Risks Report 2025, lo studio redatto dal World Economic Forum, realizzato intervistando oltre 900 esperti di rischi globali, responsabili politici e-business leader tra settembre e ottobre 2024. Viene presentato ogni anno al congresso di Davos e stila la classifica della percezione dei rischi globali. Nel report del WEF si parla di un vero e proprio punto di non ritorno. È quello che l’umanità rischia di varcare nel 2035, a meno che non si agisca in maniera collettiva e collaborativa, già oggi, verso un futuro più promettente.
Rischi globali a breve termine (2025-2027)
Il principale rischio per il 2025, secondo il 23% degli intervistati, sono i Conflitti armati di stato. L’anno scorso era all’ottavo posto in classifica.
Un dato confermato anche dalla crescita delle spese militari, che nel 2023 hanno raggiunto 2,4 trilioni di dollari. In forte aumento rispetto al 2022 e in crescita per il nono anno consecutivo.
Allargando la visuale al 2027, il 52% degli intervistati prevede un futuro instabile nei prossimi due anni. La disinformazione viene indicata come il più grave rischio sistemico per il secondo anno consecutivo. Si tratta di un meccanismo che, anche a causa dell’utilizzo non responsabile dell’Intelligenza Artificiale, può influenzare elezioni politiche, seminare dubbi su quello che sta veramente accadendo nelle zone di guerra e offuscare l’immagine di prodotti e servizi di altri paesi. Al secondo posto gli eventi climatici estremi, come ondate di calore, incendi e alluvioni, sempre più frequenti. A seguire: conflitti armati, polarizzazione sociale, spionaggio e guerra informatica, inquinamento e disuguaglianza. A chiudere le migrazioni involontarie, il confronto geo-economico e l’erosione dei diritti umani e delle libertà civili.
Diminuiscono le preoccupazioni per recessione economica e inflazione, ma la crisi del costo della vita del 2022 ha prodotto effetti duraturi sulle condizioni di vita delle persone. La disuguaglianza è segnalata come il principale rischio interconnesso di quest’anno. Recessione economica, inflazione, e debito sono tra le principali cause di disuguaglianza dagli intervistati. A livello globale si stima che il 10% della popolazione detenga il 50% del reddito mondiale, secondo il World Inequality Lab, mentre il 50% della popolazione guadagna meno del 10%. Disuguaglianze ancor più marcate nel Medio Oriente, dove quasi il 60% del reddito è in mano al 10% della popolazione, con il 50% più povero che si deve accontentare di meno del 10%.
Prospettive a lungo termine: i rischi globali a 10 anni
Eventi metereologici estremi, perdita di biodiversità e collasso dell’ecosistema, cambiamento critico dei sistemi terrestri e carenza di risorse naturali. I rischi legati al cambiamento climatico conquistano le prime 4 posizioni della classifica a 10 anni. Al settimo e ottavo posto troviamo disuguaglianza e polarizzazione sociale.
Gli eventi climatici estremi portano molte persone a dover abbandonare i propri territori. A metà 2024 gli sfollati forzati erano 122 milioni, secondo il Rapporto Mid-Year Trends 2024 dell’UNHCR, l’Agenzia ONU per i Rifugiati, raggiungendo il massimo storico. E del 44% dei rifugiati che devono lasciare il proprio Paese, tre quarti sono ospitati in nazioni a basso reddito che dispongono di risorse limitate per sostenerli. Disuguaglianza e polarizzazione sociale sono una coppia importante di rischi da tenere d’occhio, soprattutto a lungo periodo, dato che possono essere legati a periodi di instabilità sociale e a volatilità politica interna e geo-strategica. Soprattutto in società che invecchiano molto, come ad esempio quella giapponese o italiana, tendenze demografiche sfavorevoli potrebbero accentuare questi rischi nei prossimi dieci anni.
Da qui al 2035 gli effetti negativi dell’Intelligenza Artificiale (sesto posto in classifica) costituiscono un altro elemento da tenere sotto osservazione. Ci sono poi elementi attualmente sottotraccia, ma che potrebbero avere un fortissimo impatto in futuro. Ad esempio, gli esiti negativi delle tecnologie di frontiera, come la biotecnologia. Questo rischio ha scalato 10 posizioni, arrivando al 23° posto della classifica che si colloca tra i due orizzonti temporali, tra 2 e 10 anni. I rischi da osservare attentamente sono di tre tipi:
- crescente accessibilità delle armi biologiche;
- impatti negativi sulla salute come rovescio della medaglia degli sforzi per curare o prevenire problemi di salute;
- problemi etici che l’utilizzo delle tecnologie biotecnologiche d’avanguardia potranno provocare.
Rischi di cui si avvertono già i primi segnali e che diventeranno tanto più complessi quanto più rapido sarà il progresso tecnologico. Un’altra delle preoccupazioni legate alle nuove tecnologie è quella legata a Cyber spionaggio e guerra, al quinto posto nella classifica biennale. Il rischio informatico è un aspetto di un contesto più ampio, che ha visto aumentare le tensioni geopolitiche. Con conseguenze destabilizzanti in contesti di guerra come Ucraina, Medio Oriente e Sudan.
Global Risks Report 2025: nel 2035 il mondo rischia il punto di non ritorno
Secondo il report del WEF il 2035 potrebbe costituire un momento di non ritorno se non si agisce in fretta. A livello globale servirebbe un rafforzamento delle istituzioni multilaterali come il Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Il rischio è che gli Stati decidano sempre di più di regolare i propri contrasti sul campo di battaglia, rinunciando al multilateralismo. Servirebbero più luoghi dove poter cercare il consenso e la composizione dei conflitti.
Ma è possibile costruire consenso in un mondo così frammentato? Nel prossimo decennio il mondo sarà ancor più multipolare. L’Europa rimarrà un importante centro di potere, ma il suo ruolo sarà meno rilevante rispetto al passato, a scapito di potenze emergenti come Cina, India e stati del Golfo Persico.
La finanza etica come attore principale per la sfida al cambiamento climatico
La XX edizione del Global Risks Report dimostra anche quest’anno come in testa alla graduatoria dei principali problemi che il mondo dovrà fronteggiare entro i prossimi dieci anni ci sia il rischio climatico. Secondo le evidenze del report, entro i prossimi 10 anni i cambiamenti climatici potrebbero destabilizzare significativamente l’economia a livello mondiale, in quanto si manifesteranno eventi climatici e geopolitici così significativi e improvvisi che la capacità di adattamento dell’uomo sarà spinta al limite, facendo sì che i rischi ambientali raggiungano il temuto punto di non ritorno.
In questo scenario, in qualità di società di gestione del risparmio che propone esclusivamente fondi comuni di investimento etici e responsabili, affermiamo da tempo quanto sia necessario che avvenga un cambio di rotta immediato. I cambiamenti climatici hanno già comportato perdite economiche molto ingenti. A tal proposito Banca d’Italia nel 2024 ha diffuso un working paper “Entry, exit anche market structure in a changing climate” che mette in relazione l’esposizione delle imprese italiane al rischio climatico e dal quale emerge che, in estrema sintesi, all’aumento delle temperature corrisponde una diminuzione nelle performance di business e la necessità di sostenere impegni anche molto importanti per attuare azioni di adattamento. In questo senso, la finanza può e deve avere un ruolo cruciale per consentire un cambio di paradigma e promuovere investimenti volti a favorire i processi di transizione energetica.
La finanza etica può concretamente contribuire a contrastare il fenomeno del cambiamento climatico e lo può fare proprio perché in grado di orientare i capitali nella direzione di un’economia a basso impatto ambientale, considerando anche i rischi climatici nelle scelte di investimento e nelle strategie gestionali.
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