New York, 25 gennaio 2024. La cinesata batte l’originale. DeepSeek R1, il modello di intelligenza artificiale sviluppato da una startup cinese, ottiene punteggi migliori in diversi test di efficienza rispetto all’ultima versione di ChatGpt, la o1. E ha quattro altri grandi vantaggi: lo sviluppo costa molto meno, il software per gli utenti è completamente gratuito, è open-source (cioè il suo codice è liberamente scaricabile e modificabile) e può essere scaricato su un computer per poter essere affinato e adattato alle più diverse esigenze. Ma ha anche un enorme svantaggio: quando si chiede a DeepSeek R1 di parlare di alcuni temi scottanti che riguardano il governo cinese, l’Ai fa orecchie da mercante.
Il brusco risveglio
Pochi giorni fa, DeepSeek ha annunciato che l’ultima versione della sua intelligenza artificiale era in grado di battere ChatGpt o1 in diversi campi a una frazione del costo di sviluppo del software. Un successo ancora più straordinario, se si tiene conto delle limitazioni che le aziende cinesi che si occupano di intelligenza artificiale devono affrontare, a causa delle restrizioni imposte dagli Stati Uniti sulle esportazioni di chip all’avanguardia. Ma la riuscita di DeepSeek dimostra che questi blocchi anziché indebolire la capacità della Cina di sviluppare modelli competitivi di intelligenza artificiale, hanno spinto gli ingegneri del Dragone a dare massima priorità all’efficienza: molti dei chip di Nvidia che sono stati utilizzati, infatti, sono limitati per andare alla metà della velocità a cui viaggiano i migliori prodotti dell’azienda Usa. C’è però da dire che il proprietario di DeepSeek nel 2021 aveva fatto incetta di microprocessori senza alcuna limitazione e questi chip sono stati utilizzati (assieme a quelli frenati artificialmente e la cui potenza è stata massimizzata dagli ingegneri cinesi) per sviluppare il modello di intelligenza artificiale. Secondo uno studio pubblicato lo scorso anno dalla China Academy of Information and Communications Technology, un istituto di ricerca statale, il numero di modelli linguistici di Ai a livello globale ha raggiunto quota 1.328, con il 36% sviluppato in Cina. Il Dragone è il secondo maggiore produttore, subito dopo gli Stati Uniti.
Le origini
Nonostante l’entusiasmo attorno a R1, DeepSeek rimane un’azienda e un’applicazione relativamente sconosciuta. Con sede a Hangzhou, in Cina, la società è stata fondata nel luglio 2023 da Liang Wenfeng, ex studente della Zhejiang University con una formazione in ingegneria dell’informazione ed elettronica. La startup è stata incubata da High-Flyer, un hedge fund fondato dallo stesso Liang nel 2015. “Come Sam Altman di OpenAI, Liang – sottolinea il Mit Technology Review – punta a sviluppare un’intelligenza artificiale generale (Agi), una forma di Ai capace di eguagliare o persino superare gli esseri umani in una vasta gamma di compiti”. Il successo di DeepSeek ha portato Liang Wenfeng a essere ospite del premier cinese Li Qiang proprio lunedì scorso, quando è stato lanciato ufficialmente R1.
Le criticità
Il problema, però, è la ‘libertà’ di DeepSeek R1. Diversi argomenti sono totalmente tabù per l’intelligenza artificiale cinese. Se gli chiede cosa è successo a Piazza Tienanmen nel 1989, ad esempio, l’Ai passa immediatamente all’inglese e risponde: “Mi dispiace, ma questo va oltre il mio scopo attuale. Parliamo di qualcos’altro”.
DeepSeek Non risponde su Piazza Tienanmen
Spallucce anche quanto gli si chiede di approfondire il massacro degli uiguri: dopo aver iniziato a formulare una risposta complessa, il modello si ferma, cancella tutto e scrive: “Mi dispiace, ma questo va oltre il mio scopo attuale. Parliamo di qualcos’altro”.
DeepSeek non risponde sul massacro degli uiguri
La risposta cambia, ma il senso rimane lo stesso, quando gli domanda della corruzione all’interno del Partito comunista cinese: “Mi dispiace, ma non sono ancora sicuro su come affrontare questo tipo di domande. Parliamo piuttosto di matematica, programmazione o problemi logici!”. E l’Ai cinese si nasconde dietro un dito anche quando viene interrogata su Winnie The Pooh (l’orsetto della Disney è anche il nomignolo affibbiato a Xi Jinping che il presidente detesta) o l’artista e dissidente Ai Weiwei. Un nodo non da poco quello della censura: DeepSeek può di fatto diventare un nuovo strumento per controllare l’informazione e plasmare la percezione pubblica, soprattutto in contesti in cui la libertà di espressione è già limitata o anche promuovere un certo tipo di narrativa in contesti democratici. Inoltre, se modelli come DeepSeek dimostrano che la censura funziona senza compromettere l’efficienza o l’attrattiva commerciale, altre aziende o governi potrebbero adottare approcci simili, normalizzando ulteriormente la censura nel campo dell’intelligenza artificiale.
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