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di Anna Germoni
Arresto? Si poteva procedere alla convalida
Ragion di Stato, realpolitik o errore di procedura della magistratura? Questi sono i tre probabili approcci che hanno guidato la gestione dell’arresto di Almasri, comandante della polizia giudiziaria libica e direttore della prigione Mitiga a Tripoli, dove vengono detenuti i migranti. Almasri è accusato di crimini di guerra e contro l’umanità, tanto che la Corte Penale Internazionale (CPI) ha emesso un mandato di cattura nei suoi confronti. Il 19 gennaio, su segnalazione dell’Interpol, la Digos lo arresta a Torino. Dopo 48 ore, il 21 gennaio, la Procura Generale della Corte d’Appello di Roma non chiede la convalida dell’arresto, motivando la decisione con quanto previsto dalla legge 237 del 2012, “Norme per l’adeguamento alle disposizioni dello statuto istitutivo della Corte Penale Internazionale”. Secondo questa normativa, il provvedimento è di competenza esclusiva del Ministro della Giustizia, che deve eseguirlo e consegnare il soggetto incriminato alla CPI, a meno che tale atto non comprometta la sicurezza nazionale.
Chiediamo un parere a Roberto De Vita, avvocato della Corte internazionale penale.
«Ragiono da tecnico, dato che sono un avvocato della Corte penale internazionale ed ho a cuore che nell’ambito dei rapporti tra giurisdizioni, quella della Corte penale internazionale e quella italiana, vi sia la più chiara sintonia. Ma l’interpretazione che è stata prima della Procura generale e poi della Corte d’Appello non è condivisibile».
Perché?
«Vi è un obbligo di legge di garantire l’effettività della giurisdizione della Corte e quindi di conseguenza la procura generale e la Corte d’Appello ben potevano procedere alla convalida dell’arresto correttamente operato da parte della Digos di Torino. Il ministro della Giustizia ha un ruolo cruciale in quanto deve essere informato riguardo agli arresti e alle convalide e può richiedere misure cautelari. La Procura generale e la Corte d’Appello di Roma sono responsabili della convalida degli arresti e delle interpretazioni delle norme relative all’esecuzione dei mandati della Corte penale internazionale».
Ma il ministro non ha risposto alla corte d’Appello?
«Gravato da un mandato di cattura di arresto della Corte penale internazionale e inserito nel sistema Interpol, ben può procedere la polizia giudiziaria e successivamente la procura generale. Questa è la prima fase. A mio avviso per l’applicazione della misura cautelare, il ministro in relazione all’arresto alla convalida dell’arresto non doveva rispondere necessariamente».
Quindi l’ordinanza della Corte d’Appello di Roma e l’interpretazione data delle norme sono ineccepibili?
«Non è corretto, soprattutto inerente l’articolo 3 citato dalla corte d’Appello. Ripeto sia la Corte e sia la Procura generale ben potevano convalidare l’arresto. Una volta fatto questo il ministro della giustizia deve informare la corte penale internazionale affinché possa fare la richiesta di consegna».
Come mai la procura generale ha iscritto nel registro degli indagati una parte dell’esecutivo di Governo, per un atto dovuto?
«Non è un atto dovuto. Tecnicamente si tratta di una notizia di iscrizione finalizzata alla trasmissione al tribunale per i ministri. È una valutazione che ha ritenuto di fare legittimamente la procura generale a prescindere se sia condivisibile o meno e il procuratore di Roma ha ritenuto di dover procedere in questo modo».
Governo contro Magistratura?
«A prescindere dal fatto che non fosse necessaria nella prima fase un’azione di impulso da parte del ministro se questa possa essere ritenuta come un atto politico insindacabile e comunque se sia legata a una Ragion di Stato, capace di superare eventuali ipotesi di reato, questo è un tema da legare a quali siano le motivazioni e a quali siano i dati anche formali di corrispondenza che ci sono stati tra i diversi attori tra il Consiglio dei Ministri, da parte della premier, il ministro della giustizia, le informazioni ricevute della Corte d’Appello e della Digos. Quindi questo sarà un aspetto che ovviamente dovrà essere valutato dal Parlamento edal Copasir con grande attenzione».
Ci sono precedenti?
«Sì. Esistono dei precedenti dove i governi nazionali, anticipatamente, hanno dichiarato le ragioni legate ai profili di valutazione politica che potevano portare a un’interlocuzione con la Corte penale internazionale non dichiarando la disponibilità all’immediata esecuzione dei mandati per i quali, ovviamente, si è aperto un tema di responsabilità internazionale nei singoli ordinamenti».
E se dovesse accadere con Netanyahu?
«Il premier israeliano gode dell’immunità internazionale dei Capi di stato dei Capi di governo. Questo vale anche per Putin».
Allora la Corte penale internazionale esce indebolita.
«No, affatto».
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