56 lavoratori licenziati con una Pec: l’azienda va in Cina, protesta in Canavese (VIDEO)

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Un pomeriggio di agitazione e preoccupazione, quello vissuto oggi davanti ai cancelli della Gurit di Volpiano, alle porte del Canavese. I lavoratori, supportati da Filctem Cgil e Uiltec Uil di Torino, hanno organizzato un presidio dopo che la proprietà ha annunciato l’intenzione di chiudere il sito produttivo e avviare la delocalizzazione in Cina. Una decisione che mette a repentaglio il futuro di 56 persone, su un totale di 60 addetti, e che ha lasciato tutti attoniti.

La Gurit, specializzata nel settore delle energie rinnovabili e, in particolare, nella realizzazione di componenti per pale eoliche, aveva fino a poco tempo fa dimostrato buone prospettive: i lavoratori spiegano che non esisteva alcun segnale di crisi e che, anzi, si era recentemente siglato un accordo per mantenere il ciclo continuo di turni fino al 2025. La comunicazione della chiusura è invece piombata come una doccia fredda, accompagnata dall’indicazione di voler trasferire la produzione in Cina. Da quanto si apprende, l’azienda ha motivato la scelta con la crescente concorrenza sui prezzi, i costi energetici elevati e la maggiore convenienza derivante dalla manodopera cinese.

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Molti lavoratori raccontano di aver trascorso gli ultimi anni impiegati su tre turni, sette giorni su sette, per rispondere alle commesse e garantire all’azienda un presidio costante del mercato.Si tratta di un provvedimento che rigettiamo, arrivato come un fulmine a ciel sereno – ha dichiarato Carlo Giunta di Filctem Cgil Torino –. È una decisione inspiegabile, considerando che qui si lavorava in modo continuativo e con il massimo impegno da parte di tutti. Dietro i numeri ci sono 56 famiglie e una realtà locale che rischia di perdere un importante presidio industriale”.

Sulla stessa linea il commento di Luigi Palopoli di Uiltec Uil Torino: “A dicembre abbiamo firmato un accordo che confermava il prolungamento dei turni su ciclo continuo. Inoltre, dal 2022 non si fa cassa integrazione: non avevamo alcun segnale di difficoltà imminente. Invece la proprietà ci ha comunicato i licenziamenti tramite una Pec, un gesto che giudichiamo inaccettabile”.

La rabbia e la delusione sono sfociate nel presidio di oggi, venerdì 31 gennaio, durante il quale lavoratori e sindacati hanno manifestato la propria contrarietà davanti ai cancelli di via Torino 105. All’iniziativa ha preso parte anche il sindaco di Volpiano, Giovanni Panichelli, che ha espresso piena solidarietà: “Queste 56 persone stanno affrontando una notizia terribile, che le mette in una condizione di totale incertezza. Come amministrazione comunale, siamo al loro fianco e ci attiveremo affinché la proprietà rivaluti le sue scelte, cercando il sostegno di tutti gli enti competenti, a partire dalla Regione Piemonte. Ho già avuto un confronto con l’assessore regionale Elena Chiorino, che ha manifestato la disponibilità ad aprire tavoli di discussione per trovare soluzioni concrete”.

Giovanni Panichelli sindaco di Volpiano

La Gurit era stata avviata con l’obiettivo di ritagliarsi uno spazio rilevante all’interno del comparto delle energie rinnovabili, puntando sulla produzione di pale eoliche e di componenti d’avanguardia.

Nel corso degli anni, il sito canavesano aveva beneficiato di investimenti consistenti in ricerca e sviluppo, favoriti anche da collaborazioni internazionali. Proprio questo percorso di crescita e innovazione rende ora la decisione di chiudere e spostare tutto in Cina ancora più incomprensibile agli occhi dei lavoratori.

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I sindacati Filctem Cgil e Uiltec Uil hanno avviato lo stato di agitazione e intendono chiedere l’apertura di un confronto urgente con l’azienda e l’Unione industriali.

L’obiettivo immediato è individuare strumenti di tutela per i dipendenti, quantomeno sul piano economico e del ricollocamento, per evitare di disperdere il patrimonio di competenze accumulato nel tempo. Un ulteriore nodo da sciogliere riguarda il destino del sito stesso di Volpiano, che rischia di rimanere vuoto e di generare ricadute negative sull’intero indotto locale.

La chiusura di Gurit non si iscrive nel comparto automotive, come spesso accade in Piemonte quando si parla di delocalizzazioni, ma resta comunque un segnale preoccupante per il territorio. Il fatturato dell’azienda, che sfiora i 50 milioni di euro l’anno, non lasciava presagire l’eventualità di un taglio così drastico. “Ci troviamo di fronte a una volontà di spostare tutta la produzione all’estero per ridurre i costi – ribadiscono i sindacati –. È una scelta che non fa i conti con l’impatto sociale di questo licenziamento di massa”.

Nell’attesa che si aprano i tavoli di confronto istituzionali, i lavoratori non intendono rassegnarsi. I prossimi giorni saranno decisivi per capire se esiste uno spiraglio di trattativa o se, al contrario, la Gurit andrà avanti con la chiusura, lasciando 56 famiglie senza prospettive e privando il Canavese di un sito produttivo d’avanguardia nel settore dell’energia rinnovabile.

Alcuni dei lavoratori in presidio oggi





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