Crisi industriali, cassa integrazione raddoppiata nel veneziano dal 2019

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Le ore di cassa integrazione autorizzate nel 2024 nella città metropolitana di Venezia superano, e di molto, quelle del periodo pre-pandemico. Lo certificano i dati Inps, divulgati dalla Cgil di Venezia, da 3.024.121 ore nel 2019, a 6.199.239 nel 2024, più di un milione (il 22,3%) in più del 2023 (gli anni 2020-2021, con la cassa in deroga Covid, hanno un numero di ore fuori misura, e per questo non significativo). 

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Il dato è allarmante e più alto, in percentuale, di quello nazionale, e porta il segretario della Cgil di Venezia e il segretario con delega all’industria Paolo Baccaglini a parlare di «una vera e propria crisi industriale, un percorso silente di abbandono industriale dell’area metropolitana veneziana». È evidente, per i due, che «le chiusure che si susseguono nel territorio non rappresentano casi isolati, ma una diffusa situazione di crisi di cui non si vede nessuna via di uscita. La cassa integrazione non viene utilizzata come strumento per una riconversione delle aziende, per accompagnare l’industria in un percorso di rilancio e riqualificazione. La cassa integrazione viene utilizzata semplicemente per accompagnare i lavoratori a perdere il lavoro».

Le crisi in aumento e le possibili soluzioni

L’unità di crisi della regione Veneto solo poche settimane fa, riconoscendo la situazione difficile, ha però illustrato come in molti casi si sia riusciti a trovare soluzioni di reindustrializzazione, seppur 43 crisi su 71 restino aperte. I dati della Cig confermano un quadro delicato in particolare nel veneziano. 

I numeri dell’Inps evidenziano come il ramo di attività con maggiore crisi è quello dell’industria. Il settore di maggior sofferenza è quello delle attività meccaniche, seguito dal distretto calzaturiero della Riviera del Brenta, che si nota da un aumento di cinque volte delle (già tante nel 2023) ore autorizzate nel settore “pelli, cuoio e calzature” e di un aumento di più di 10 volte nel settore “abbigliamento”. Oltre ad un aumento importante delle ore di Cig autorizzate nell’edilizia (prevedibili, dato lo stop al superbonus).

Secondo il sindacato serve rilanciare l’industria del territorio a partire dalla riqualificazione dell’area industriale di Porto Marghera, «che da anni attende le necessarie bonifiche, e che deve essere oggetto di politiche industriali atte al rilancio, anche attraverso la riconversione all’industria verde. La strategia di Eni di chiudere la chimica di base in Italia avrà ricadute anche su Marghera ma segna il chiaro abbandono di una strategia industriale per il nostro paese. Il problema non è la compatibilità ambientale della chimica, su cui non vi è dubbio che dobbiamo proseguire, ma il tema diventa che la chimica nel nostro territorio e nel paese non esisterà più». Dopo la recente sentenza della Corte Europea relativa alla mancata gestione della situazione della terra dei fuochi, il sindacato torna a chiedere al Governo di occuparsi anche della bonifica di aree che sappiamo essere fortemente inquinate e per le quali non si fa nulla.

La manifestazione contro Eni a Ferrara

Il prossimo 11 febbraio la Cgil sarà a Ferrara, a una manifestazione che coinvolge i siti di Eni del quadrilatero padano che verranno colpiti dall’abbandono della chimica di base. «Regione Veneto e Città Metropolitana devono immediatamente mettere in campo una strategia alternativa che veda investimenti pubblici, la richiesta di rifinanziamento della Zls, sostegni organizzativi ed economici ai nostri distretti e un patto con il sistema dell’alta istruzione e ricerca che contribuisca a riqualificare la nostra industria. Come Venezia stiamo anche perdendo l’occasione di essere il polo per l’idrogeno, a meno di non accontentarci di ricaricare qualche autobus, e siamo fuori da tutte le linee di rifinanziamento nazionale ed europeo. Serve porre inoltre attenzione alla situazione produttiva della Riviera del Brenta, che dispone di un enorme patrimonio di conoscenze e competenze professionali messe in discussione da una situazione che va ben oltre le dinamiche locali, e che negli ultimi anni ha visto un importante cambiamento nella sua struttura» concludono Giordano e Baccaglini. 



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