In Umbria 1800 tonnellate di rifiuti sanitari a rischio infettivo

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Attualmente in Umbria vengono prodotte circa 1800 tonnellate annue di rifiuti sanitari a rischio infettivo, di cui circa 700 tonnellate provengono dall’Azienda Ospedaliera di Perugia e circa 400 tonnellate dall’Azienda Ospedaliera di Terni. Sono i dati emersi durante il convegno intitolato “La sterilizzazione dei rifiuti ospedalieri a rischio infettivo” che si è svolto nella sala Arpa, organizzato dal Direttore Sanitario dell’Azienda Ospedaliera di Terni, Pietro Manzi. L’evento ha posto l’accento su uno dei temi più urgenti della gestione sanitaria regionale e nazionale: la gestione dei rifiuti ospedalieri infetti, in particolare quelli a rischio biologico. Un tema che coinvolge in maniera diretta tutte le strutture ospedaliere, in Italia e all’estero e che ha visto la partecipazione di esperti, autorità sanitarie e professionisti del settore.

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Il Dott. Manzi ha evidenziato il pericolo ambientale derivante dal trasporto dei rifiuti sanitari a lunghe distanze verso gli inceneritori, processo che comporta la possibilità di trasmissione di agenti patogeni lungo il tragitto. “I rifiuti sanitari rappresentano una minaccia per l’ambiente – ha affermato Manzi – poiché vengono semplicemente chiusi in contenitori e trasportati fino all’inceneritore, con un viaggio che può coprire molti chilometri. Durante questo tragitto, è possibile che alcuni agenti patogeni vengano rilasciati nell’ambiente. Per prevenire questi rischi ci sono due soluzioni concrete da intraprendere: inattivare la diffusione alla fonte attraverso la sterilizzazione in situ, ovvero sterilizzare i rifiuti direttamente all’interno degli ospedali, eliminando la necessità di trasporto; accorciare il percorso dei rifiuti, trasferendoli verso impianti di sterilizzazione più vicini, minimizzando i rischi durante il trasporto.

Un altro aspetto trattato durante il convegno riguarda l’adozione di pratiche di economia circolare nella gestione dei rifiuti ospedalieri. In particolare, la recente normativa post-pandemia ha reso possibile il recupero del residuo secco dei rifiuti ospedalieri, che può essere trasformato in Combustibile Solido Secondario (CSS). “Questo approccio – prosegue Pietro Manzi – oltre a ridurre l’impatto ambientale, contribuisce a un processo di economia circolare che promuove una gestione più sostenibile delle risorse”.

Durante l’evento è stato ampio il dibattito sulle potenzialità di questo nuovo modello di gestione dei rifiuti sanitari, in grado di coniugare l’efficienza del trattamento con la sostenibilità ambientale e la tutela della salute pubblica.



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