Sono 80 anni che le donne votano. È importante che continuino a farlo

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La scena forse più celebre del film di Paola Cortellesi sul voto alle donne “C’è ancora domani” – .

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Gli anniversari che ricorrono in questo 2025 ci pongono di fronte alla responsabilità di conoscere la nostra storia democratica e al dovere di consapevolezza verso il presente e il futuro. Mi permetto di associare due ottantesimi: la Liberazione e il primo voto delle donne. Il 2 giugno del prossimo anno ricorderemo il primo suffragio universale, ma nel 1945 le donne avevano già partecipato alle prime elezioni amministrative, in un’Italia liberata da un regime e dalla sua cultura che considerava la donna soggetta al potere maschile: in casa vigeva, fino alla riforma del Diritto di Famiglia nel 1975, la “potestà maritale”.

La distanza trentennale fra l’articolo 3 della Costituzione e l’attuazione della parità, non solo nel diritto al voto ma in tutte le altre tappe verso la meta, dice quanto sia stato difficile e importante il cammino delle donne per modificare e democratizzare la società. Sono stati molti i movimenti femministi che in Europa lungo gli ultimi due secoli hanno chiesto il suffragio universale (ricordate le “suffragette”?). La nostra storia fu segnata dal non expedit che poi, nelle parole del radiomessaggio di Pio XII del Natale 1942, fu riscattato per sempre con una scelta indiscutibile e con parole molto forti: «Una sana democrazia, fondata sugli immutabili principi della legge naturale e delle verità rivelate è contraria a quella corruzione che attribuisce allo Stato un potere senza freni né limiti e che trasforma la democrazia in assolutismo» (20 dicembre 1942).

Il diritto al voto femminile era elemento caratterizzante dell’Appello ai Liberi e forti di Don Sturzo ed era presente nei programma di altri partiti. Le donne arrivarono a quel diritto partecipando attivamente alla Resistenza. Non fu dunque una concessione ma un conquista. E alle elezioni amministrative ottennero un discreto successo, anche al Sud. Chi ama la democrazia, garanzia di pari dignità, non può non essersi commosso per quella donna che stringe al cuore la scheda elettorale, simbolo di riscatto, così ben documentata nel film di Paola Cortellesi C’è ancora domani, che tra il 2023 e l’anno scorso ha fatto il pieno nelle sale. Il decreto luogotenenziale del 1° febbraio 1945 (ottant’anni fa esatti), che fece arrivare le schede elettorali in quelle stesse case in cui le donne non erano considerate “cittadine”, ha aperto una strada importante non solo per le dirette interessate. Il voto nei Comuni segnò infatti l’avvio di un particolare cursus honorum delle donne nelle istituzioni: nelle amministrazioni infatti venivano sempre affidate loro le deleghe ai servizi sociali e all’istruzione. Credo che questa circostanza abbia fatto bene al Paese. La propensione femminile al maternage ha fatto crescere una cultura della solidarietà anche nei partiti di appartenenza. Oggi le sindache sono numerose e il presidente del Consiglio è Giorgia Meloni; è un dato certificato che chi arriva nelle istituzioni elettive dalla responsabilità negli enti locali esprime con maggior competenza il proprio compito di rappresentanza. A me che avevo chiesto un voto nelle Politiche del 1979 (c’erano le preferenze) una donna disse: “Devo chiederlo a mio marito”…

Abbiamo vissuto – anche come donne cattoliche – la stagione del femminismo radicale. Ma nei consigli comunali a sfidare le donne erano i problemi concreti e non le ideologie, i temi veri su cui i cittadini ci chiedevano conto, guardandoci in faccia. Noi donne non ci sottraevamo rispetto al dovere di assumere impegni e a rendere conto. Alcune amministratrici del 1945 furono poi elette come costituenti e lasciarono il segno negli articoli dedicati alla dignità, alla famiglia, all’istruzione, al lavoro e all’«assistenza», come si diceva allora.

Le coraggiose che affrontarono incomprensioni e pregiudizi accettando di mettersi in gioco nelle liste elettorali del 1945 produssero una crepa nel soffitto di cristallo che si è rivelata determinante per arrivare fin qui. Ma ora tocca alle donne di oggi esprimere le loro ansie, le aspettative e – perché no – i loro sogni, imponendosi con le loro piattaforme nei partiti e partecipando attivamente alla politica. Attende le donne ancora una grande sfida, perché non basta sia donna un capo del Governo o di un partito per rendere vero e vissuto il diritto a una piena dignità. C’è voluto il coraggio di Franca Viola a imporre al Parlamento nel 1981 la legge 442 per togliere dal Codice penale il delitto d’onore. Di quella legge sono stata relatrice. Come allora, è la cronaca a ricordarci che ancora oggi, senza l’impegno militante delle donne, i passi della società sono destinati a non portarci in avanti.





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