Brasile tra libero mercato, estrattivismo e agrobusiness. Intervista ad Antonio Lupo – Parte II

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Seconda parte dell’intervista su Brasile con Antonio Lupo, oncologo ed ematologo ex-aiuto Primario all’Ospedale Niguarda di Milano, membro di Medici per l’Ambiente -ISDE e del Comitato Amigos Sem Terra Italia. Ambientalista da molti anni a fianco del Movimento Sem Terra in Brasile, con cui ha avuto esperienza di medicina territoriale; del Movimento La Via Campesina, una delle più grandi organizzazioni contadine e ambientaliste del Sud del Mondo a cui aderiscono più di 200milioni di contadini; e di Navdanya International, organizzazione ecologista e contadina internazionale fondata dall’attivista indiana Vandana Shiva che si occupa di agroecologia e conservazioni dei semi.

Lula è sicuramente un anticorpo al fascismo e all’imperialismo USA nella regione, ma non ha una cultura contadina e ciò si vede anche nelle sue posizioni sugli accordi di libero scambio tra UE e Mercosur. Cosa sta succedendo?

Lula (Presidente dal 2002 a fine 2010 e dal 2023 ad oggi) è stato operaio metalmeccanico, sindacalista e tra i fondatori del PT (Partito dei Lavoratori) nel 1982. Ha vissuto sempre in città, ma era sensibile ai problemi della fame del popolo e della realtà della produzione agricola: uno dei suoi primi atti da Presidente fu il meraviglioso programma “FAME ZERO”, che andò ad esporre all’ONU. Nel maggio 2010, il Programma Alimentare Mondiale (PAM) delle Nazioni Unite ha conferito a Lula da Silva il titolo di “campione del mondo nella lotta contro la fame” « ¿Cuál es el balance social de Lula? » – Le Monde diplomatique en español .Il Movimento Sem Terra ha appoggiato Lula, ma non ha ricevuto grandi risultati per la Riforma Agraria. Chi è stata ancora meno sensibile ai problemi dell’agricoltura familiare è stata sicuramente la presidente successiva Dilma Roussef, sempre del PT, deposta con un golpe nel 2016.

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I negoziati tra l’UE e il blocco commerciale del Mercosur (che comprende Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay) sono iniziati nel 2000 e si sono conclusi a dicembre 2024, firmati anche da Milei, il Presidente fascista ed anarcocapitalista “trumpiano” dell’Argentina. L’accordo Mercosur è contrastato dai movimenti popolari dell’America Latina, compreso l’MST, da alcuni Stati europei, che temono l’export dell’agrobusiness brasiliano (carni bovine ecc.), ma anche da Via Campesina Europea, il movimento ecologista di piccoli contadini europei che fa parte di Via Campesina Internazionale, il grande movimento mondiale di 200 milioni di piccoli contadini. Alcuni governi europei, come la Francia, si oppongono al Mercosur per protezionismo, l’Italia della Meloni è ambigua, pensando di promuovere i prodotti made in Italy, ma i piccoli contadini sanno bene che il Mercosur è una vittoria dell’agrobusiness e della grande distribuzione, che strozza i piccoli contadini, come fa da moltissimi anni il Parlamento Europeo e la sua politica, con la PAC, che finanzia per l’80% i grandi produttori, l’agrobusiness e obbedisce ai produttori europei di pesticidi.

Lula probabilmente lo ha firmato anche per cercare una sponda in Europa e per sottrarsi in parte al dominio degli USA, che ha hanno sostenuto il golpe e il governo del fascista Bolsonaro, ma questo non inverte l’espansione dell’agrobusiness in Brasile e in tutta l’America Latina. Dobbiamo tenere ben presente che in Brasile Lula è Presidente, ma la maggioranza dei due Parlamenti è anche adesso del centro e della destra di stampo neoliberista. Nell’attuale governo di Lula ci sono un Ministro dell’Agricoltura Carlos Favaro, ex allevatore, legato all’agrobusiness da sempre, mentre Paulo Teixeira è il Ministro dello Sviluppo Agrario e dell’Agricoltura Familiare ed è del PT. Insomma un caos enorme!

Per quanto Lula abbia annunciato la riduzione della deforestazione e serie politiche ambientali, purtroppo il Prè-Sal continua ad esserci e l’Amazzonia continua ad essere falciata per lasciar spazio a monoculture intensive in mano a multinazionali che portano con sé l’uso intensivo di pesticidi (tra cui il glifosato), allevamenti intensivi, emissione di gas-serra, farmaco-resistenza ai fitosanitari a cui inevitabilmente la Natura reagisce. Qual è la situazione oggi?

La deforestazione in Amazzonia in questi 2 anni di governo Lula, con l’obiettivo “deforestazione zero entro il 2030”, al fine, tra l’altro, di tenere “stoccate” 6 miliardi di tonnellate di CO2 (una quota superiore alle emissioni annue degli Stati Uniti) è diminuita del 30,6% rispetto al 2023 e del 45,7% rispetto al 2022. in Pantanal del 77,2 e nel Cerrado del 48,4% nel 2023 rispetto al 2024. La vera sfida, per il Brasile che mette al centro l’ambiente, sarà poi nel conciliare gli obiettivi di conservazione con i piani decennali per la “reindustrializzazione” del paese.

Recentemente, tra le comunità indigene di Mato Grosso e del Pará è dilagata la protesta contro la costruzione della ferrovia EF-170 o “Ferrogrão” (detta anche “ferrovia della soia”, per l’uso commerciale a cui dovrebbero essere destinati i quasi mille chilometri di infrastruttura), per la quale si stima la distruzione di 25mila ettari di foreste pluviali tra i bacini dello Xingu e del Tapajos. I problemi più gravi e importanti sono la siccità, gli incendi, il 98% appiccati da allevatori di bestiame per disboscare le foreste, e il degrado, che colpisce già un’area tre volte più grande di quella afflitta dalla deforestazione. Il Brasile è il più grande esportatore al mondo di carne bovina. Gli allevamenti intensivi e i macelli industriali sono inoltre responsabili di oltre l′80% della deforestazione del suo territorio. Il WWF afferma che un quinto (17%) della carne bovina importata in Unione europea dal Brasile è legato alla deforestazione illegale. L’Italia, con oltre 1 milione di tonnellate, è il primo importatore europeo di carne bovina dal Brasile, utilizzata anche per realizzare prodotti come la bresaola della Valtellina IGP.

In Brasile le principali fonti di energia sono: energia idroelettrica, petrolio, carbone e biocarburanti, oltre ad altri utilizzati su scala ridotta, come il gas naturale e l’energia nucleare.

Energia idraulica. Il 75% dell’energia elettrica prodotta in Brasile proviene da centrali idroelettriche, che rappresentano il 42% della matrice energetica brasiliana.

Il Pre-Sal è un altro problema enorme. La Petrobras scoprì il Pre-Sal nel 2006, con cui il Brasile aprì un nuovo capitolo nella sua storia energetica., diventando uno dei maggiori produttori di petrolio al mondo. Il Pre-Sal ha raggiunto a settembre 2024 l’81% della quota di produzione nazionale di petrolio, con il record di 3,6 milioni di barili prodotti al giorno. Ma dov’è il Pre-Sal? L’area è stata definita da un poligono di 149 mila km², tra gli stati di Santa Catarina e Espírito Santo, che comprende gran parte dei bacini di Santos e Campos, i maggiori bacini produttivi del Paese. Il giacimento di petrolio si trova in acque molto profonde, fino a 7 mila metri sotto la superficie dell’acqua. Evidentemente il Pre-Sal è una orribile violenza al mare e agli oceani, che sono il 70% della superficie del globo, che assorbono i gas serra con il fitoplancton, contrastando il surriscaldamento globale di origine antropica, cioè sono i veri padroni del Pianeta, insieme all’atmosfera. Lula da sempre è stato favorevole al Pre-Sal, come motore dello sviluppo in Brasile e America latina e l’anno scorso si è dichiarato favorevole anche all’estrazione Lula al largo dell’Amazzonia, di fronte le coste dello Stato di Amapá, scontrandosi con la posizione di Marina Silva e il Ministero dell’Ambiente, che ha invece espresso “preoccupazione” per i possibili rischi ambientali.

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