La politica in mano agli psicopatici

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Pochi giorni fa, durante una pausa caffè, un collega mi parlava di Oliver Sacks. Morto nel 2015 lasciandoci decine di saggi scientifici e romanzi che sono diventati best sellers, (alcuni ispiratori di film da cassetta), Sacks fu a lungo docente di neurologia e psichiatria alla Columbia University.

Il brillante collega mi ha narrato di un esperimento condotto a inizio secolo in un manicomio statunitense. I risultati furono poi trattati da Sacks nei loro aspetti sociopolitici. Ho considerato le aderenze del caso specifico con quanto accade oggi sotto i nostri occhi, e provo a raccontarne le deduzioni.

L’esperimento nel manicomio consisteva nel far ascoltare a due psicopatici l’identico discorso alla nazione tenuto da un Presidente degli Stati Uniti. Lo sottoposero a due malati disturbati ciascuno da una differente alterazione neurologica, e ciascuno ebbe una reazione completamente opposta. Reazione opposta, che però condusse allo stesso risultato.

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Le cose andarono così: il paziente afasico non poteva capire il discorso del presidente, ma ne coglieva perfettamente «le smorfie, gli istrionismi, i gesti e soprattutto i toni e le cadenze della voce». Così comprese in pieno la falsità dell’intero discorso e, come reazione, si sbellico’ dalle risate. Il paziente affetto da atonia, invece, non era in grado di cogliere le sfumature della voce del presidente, ma avvalendosi della sua profonda conoscenza della lingua inglese, restò concentrato sulla costruzione grammaticale delle frasi e, alla fine, dichiarò: «Non è convincente. Non usa una prosa chiara. Usa le parole in modo improprio. O ha dei disturbi cerebrali oppure ha qualcosa da nascondere».

Nel suo saggio, quello in cui espose questo episodio, Sacks annotò: «Ecco dunque dov’era il paradosso del discorso del Presidente. Noi “normali”, indubbiamente aiutati dal nostro desiderio di esser menati per il naso, fummo veramente menati per il naso. E così astuta era stata, da parte del Presidente, la combinazione di un uso ingannevole delle parole con un tono ingannatore, che solo i cerebrolesi ne rimasero indenni e sfuggirono all’inganno».

Sembra sia stato il cardinale Carlo Carafa a dire “Populus vult decipi, ergo decipiatur“. Brutalmente, ma correttamente, l’affermazione suona così: “la gente vuole essere ingannata, allora sia pure ingannata!”.

Che il cardinale sia morto strangolato su ordine del Papa, a metà Cinquecento, conferma la non certo limpida vita che dovette condurre l’alto prelato. Ma, parimenti, nessuno oggi potrebbe confutare quella sua cinica deduzione.

Ogni giorno decine di multinazionali e molti apparati statali (specie quelli che di democrazia non masticano molto, oppure la masticano male) prendono decisioni che sconvolgo intere collettivitĂ , rovinano centinaia di famiglie e distruggono la Natura.

Ci sono psicopatici che si accaparrano il favore delle folle e vincono le elezioni. Lo schermo del televisore, con la sua camaleontica versatilità nel mostrare qualsiasi cosa faccia audience, favorisce il distanziamento, l’indifferenza e il fascino di facciata. Altrettanto fanno i luccicanti e ben oliati meccanismi del successo, quelli propri della struttura politica, giuridica, religiosa e finanziaria.

Ricordando l’esperimento studiato da Sacks, viene da pensare che oggi chiunque salga in alto, in un mondo che venera il successo, dovrebbe risultare sospetto: perché questa è l’era della psicopatia.

Oggi lo psicopatico non si aggira furtivo come un topo di fogna nei vicoli bui, come nei film noir degli Anni Trenta, ma sfila nelle macchine blindate durante le visite di Stato, amministra intere nazioni, invia rappresentanti alle Nazioni Unite.

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Perfino Hitler, in un certo senso, è da considerare superato, e il suo ricordo potrebbe distoglierci dal vedere in trasparenza la maschera che il Male indossa oggi, e indosserà domani.

Il Male, che è fuori dal tempo, entra comunque nel mondo travestito da contemporaneo, e comunque vestito per uccidere.

James Hillman, Milano 1991

Le ultime riflessioni ripropongono quanto già James Hillman, filosofo e psicanalista statunitense, riportò nel 1996 nel suo “Il codice dell’anima“. Un saggio senza tempo che tutti dovrebbero rileggere. Soprattutto quelli che sembra abbiano tanta voglia di mutare le sorti della nazione e invece continuano a banfeggiare intorno a sterili tavole rotonde che non portano mai a nulla.

Dovrebbe rileggerlo anche Mister Trump, e i suoi amici che profumano di psicopatologia. Dovremmo studiarlo noi tutti, che ci diciamo sentinelle del Bene Comune ma abbiamo oceani di ignoranza da colmare, prima di fronteggiare il Male. Davvero.



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