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Due aziende strategiche a partecipazione pubblica, StMicroelectronics e Acciaierie d’Italia, si trovano in una situazione critica e decisiva per il loro futuro e quello del nostro Paese in filiere importanti per la prosperità e la sicurezza nazionale. La microelettronica da un lato, la siderurgia dall’altro: il simbolo delle necessità di un Paese che ha bisogno di competere nelle filiere vitali per lo sviluppo dell’innovazione mentre, in virtù della sua natura di Stato fondato su un’economia di manifattura e trasformazione, deve garantire l’approvvigionamento di materie critiche vitali per far andare gli impianti.
Due crisi parallele
La gelata della domanda su scala internazionale mette a repentaglio la tenuta di un tessuto industriale che vive un contesto duale. Gli ultimi anni hanno, da un lato, fatto registrare un boom storico dell’export del Paese, che si è confermato uno dei vincitori della globalizzazione toccando la quarta posizione come potenza esportatrice manifatturiera; e dall’altro segnato l’inizio di trend recessivi nella produzione aggregata, che viene da 22 cali consecutivi dell’output industriale.
L’apertura della crisi di alcuni gruppi operanti nella vendita e distribuzione di beni, da Coin a Kasanova, mostra quanto sui consumi interni si stia trasmettendo parte della tensione di mercato emersa negli ultimi tempi. Ma quella di gruppi di sistema come St e l’ex Ilva impone riflessioni strutturali.
Le grane di StMicroelectronics
Le due crisi hanno un elemento simile: in entrambi i casi un gruppo operante in una nicchia ad alto valore aggiunto e competitiva viene colpito dalle tensioni dei mercati di riferimento e dall’emergere di nuovi trend produttivi. St, il colosso italo-francese dei semiconduttori che ha sede in Italia ad Agrate Brianza, ha annunciato di prevedere per il primo trimestre 2025 un calo di quasi il 30% dei ricavi a causa dell’apertura della crisi dell’automotive, in cui è palese l’impronta non solo industriale ma anche regolatoria indotta dalle nuove normative europee. Il piano di ristrutturazione del gioiello creato da Pasquale Pistorio impone di guardare oltre le attuali strategie e non sprecare la crisi, posizionando l’azienda chiave della nascente Chip Valley italiana sulla rotta delle nuove tecnologie, dei chip e delle schede grafiche per l’intelligenza artificiale.
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Quale futuro per l’ex Ilva?
Analogamente, la fase attuale di ricerca di un investitore cui conferire in parte o in toto il capitale dell’ex Ilva di Taranto, vitale per gli equilibri produttivi e manifatturieri italiani, deve far pensare al ruolo della politica industriale nazionale come a quella di uno Stato “stratega”, che sappia aprire non solo alla governance del mercato ma anche a una visione di prospettiva. Il 14 febbraio scade il termine per l’offerta per l’acciaieria tarantina.
Se San Valentino porterà con sé un matrimonio è tutto da vedere. Ma nel frattempo a Taranto sta partendo il Tecnopolo Mediterraneo per lo Sviluppo Sostenibile, nuovo hub su cui potrebbe fare riferimento, idealmente, una nuova centralità dell’acciaieria nel quadro di un sistema di economia circolare, decarbonizzazione dei consumi e tutela della generazione dell’acciaio, senza cui “non c’è industria” come amava dire il patron storico della Finsider Oscar Sinigaglia, facendo avanzare progresso economico e tutela ambientale. Insomma, in entrambe le crisi l’Italia non deve aver paura di sfruttare il momento critico per progettare il futuro. La leva del capitale in St e Adi può esser decisiva per spingere a fare strategie di questo tipo. Come si suol dire, il motto dev’essere never waste a good crisis.
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