Nel 2019 il Tribunale amministrativo di Friburgo, in Germania, ha respinto l’argomentazione secondo cui le domande di asilo dei membri della CDO che hanno ottenuto un passaporto in Cina dovrebbero essere respinte.
di Massimo Introvigne, James T. Richardson e Rosita Šorytė
Articolo 8 di 9. Leggi l’articolo 1, l’articolo 2, l’articolo 3, l’articolo 4, l’articolo 5, l’articolo 6 e l’articolo 7.
Pubblichiamo una traduzione di parte di una sentenza del Tribunale amministrativo di Friburgo, in Germania, datata 12 settembre 2019. Fa parte di una serie di decisioni simili emesse da diversi tribunali amministrativi tedeschi e l’abbiamo selezionata perché include una discussione chiara e dettagliata sulla questione del passaporto. Questa sentenza risponde anche all’argomento secondo cui tutte le decisioni che superano l’obiezione relativa al passaporto e concedono l’asilo ai membri della CDO si basano su “Bitter Winter”, una “fonte anticinese”, e su studiosi che collaborano con il nostro magazine. La decisione di Friburgo non cita “Bitter Winter” e si basa su informazioni provenienti da agenzie federali tedesche e austriache (che, a loro volta, non citano nemmeno loro “Bitter Winter”).
Dopo aver affermato che in linea di principio coloro che sono noti o sospettati di essere membri della CDO non dovrebbero essere in grado di ottenere un passaporto in Cina, il Tribunale Amministrativo di Friburgo ha proseguito spiegando che: “In circostanze particolari, tuttavia, in singoli casi può essere possibile per i cittadini presi di mira per motivi politici e religiosi, anche se sono già stati inseriti nell’elenco dei ricercati in Cina, ottenere un passaporto e un visto e lasciare il Paese per via aerea (a questo proposito, si rimanda alla dettagliata e accurata valutazione e presentazione delle fonti di informazione su questo gruppo religioso nelle sentenze del Tribunale amministrativo di Karlsruhe: Tribunale amministrativo di Karlsruhe, sentenze del 4.5.2018 – A 6 K 7906/16 – n. marginale 26 e del 12.06.2018 – A 6 K 436/17 – nn. marginali da 20 a 33 e del 12.06.2018 – A 6 K 810/17; si veda anche Tribunale amministrativo del Baden-Württemberg, decisione del 30.7.2018 — A 12 S 1332/18).”
“Per quanto riguarda la partenza dalla Cina, ACCORD/Croce Rossa austriaca (dichiarazione del 16.4.2019 sulla persecuzione della Chiesa di Dio Onnipotente, sub paragrafo 2, pag. 1417) ha dichiarato che a livello locale possono esserci azioni di polizia non documentate, che non portano immediatamente a una registrazione nella banca dati nazionale. Fino al 2018, per i cinesi era abbastanza facile lasciare il Paese. Lo stesso governo cinese aveva promosso la facilitazione dell’uscita dal Paese, anche dal punto di vista burocratico. Una revisione delle pratiche relative ai permessi di uscita, rivolta anche ai membri di gruppi religiosi vietati, è iniziata solo nel 2015. Inoltre, i metodi di controllo sempre più perfezionati citati dal Ministero degli Esteri australiano, come il riconoscimento facciale, ecc. sono menzionati solo a partire dal 2017, quindi è possibile che il richiedente, che era partito dalla Cina nel 2015, non ne fosse ancora interessato. Questo vale anche per i piani del governo cinese di sottoporre cento milioni di lavoratori migranti interni al sistema di registrazione (hukou) (ACCORD, op. cit., pp. 23, 24). A questo proposito, anche il Ministero degli Esteri tedesco (informazione del 5.8.2019 al Tribunale amministrativo di Stoccarda) menziona il fatto che non è impossibile ottenere un passaporto se non si è ancora classificati come politicamente sensibili o pericolosi, anche se è vero che questo sta diventando ‘sempre meno probabile’ ‘a causa dell’intensificazione della registrazione digitale’. Questo vale anche per il documento richiesto per il cambio di residenza (hukou), dove ‘con il perfezionamento della sorveglianza digitale’ i controlli sui cambi di residenza sono diventati ‘di routine’ una volta che tutti sono stati inclusi nelle banche dati e i dati hanno iniziato a essere scambiati all’interno della Cina”.
“A questo proposito, è possibile che a metà del 2015 la tecnologia di sorveglianza e registrazione non corrispondesse ancora allo stato dell’arte odierno, sempre più perfezionato. Inoltre, l’Ufficio ha trascurato il fatto che il richiedente stesso non sostiene di essere stato personalmente iscritto nel registro dei ricercati, o che ci fosse già un mandato di arresto nei suoi confronti, e ammette che chi è ricercato dalla polizia sulla base di una richiesta specifica o anche sulla base di un mandato di arresto non può lasciare legalmente il Paese.”
“Tuttavia, l’argomentazione secondo cui una partenza dalla Cina ‘legale’ contraddice l’esistenza di un rischio di persecuzione è contraddetta (cfr. Tribunale amministrativo di Karlsruhe, sentenza del 9.4.2019 – A 7 K 3243/17) dal fatto che la sorveglianza delle frontiere cinesi all’aeroporto non è infallibile e i dati raccolti non sono necessariamente trasmessi da un ufficio all’altro (UNHCR, Revisione periodica universale Germania, p. 9; Tribunale amministrativo di Karlsruhe, sentenza del 4.5.2018 – A 6 K 7906/16). Inoltre, la produzione o il reperimento di documenti contraffatti o formalmente autentici ma sostanzialmente falsi di vario tipo è da tempo possibile senza particolari difficoltà in tutta la Cina. La stragrande maggioranza dei documenti ufficiali presentati finora all’ambasciata tedesca a Pechino dalle autorità o dai tribunali tedeschi in relazione alle procedure di asilo sono risultati falsificati. Continuano a essere scoperti passaporti cinesi falsificati con visti contraffatti o ottenuti illegalmente, nonché timbri d’ingresso e di uscita contraffatti (cfr. AA, Rapporto sulla situazione in Cina del 28 giugno 2018, pag. 30 e segg.) I documenti falsi o contraffatti sono utilizzati per diversi scopi. Secondo gli esperti internazionali di documenti, la Cina ha il maggior numero e i migliori laboratori di contraffazione di documenti del mondo. Molti di essi dispongono di tecnologie all’avanguardia (BFA, Scheda informativa sul Paese della Documentazione di Stato Cina del 14.11.2017, ultima sintesi inserita il 05.02.2018 [di seguito: BFA: Informazioni sul Paese], p. 55; Tribunale amministrativo di Karlsruhe, sentenza del 4.5.2018 – A 6 K 7906/16). Infine, nonostante le campagne del governo di Xi Jinping in questo senso, la corruzione rimane diffusa a tutti i livelli dell’ufficialità, anche in settori fortemente regolamentati dal governo e anche nell’ambito della pubblica sicurezza (cfr. Ufficio federale austriaco per l’immigrazione e l’asilo, Scheda Paese della documentazione di Stato Cina, aggiornamento completo del 14 novembre 2017, ultima sintesi inserita il 05 febbraio 2018, p. 21; cfr. anche Tribunale amministrativo di Karlsruhe, sentenza del 4 maggio 2018 – A 6 K 7906/16). È altrettanto ipotizzabile che il nome del ricorrente non fosse ancora stato inserito dalle autorità di polizia locali negli elenchi dei ricercati a livello nazionale, o che fosse già stato cancellato dalle stesse, o che i documenti di viaggio da lui utilizzati fossero contraffatti, o falsi in termini di contenuto (si veda anche Tribunale amministrativo di Karlsruhe, sentenza del 4 maggio 2018 – A 6 K 7906/16). Alla luce di tutto questo, la constatazione di una partenza senza ostacoli attraverso l’aeroporto non supporta facilmente la conclusione che un richiedente asilo non fosse perseguitato in quel momento.”
“Nel Rapporto Paese 20 – Cina, Situazione dei cristiani, al 9/2019, pag. 17, l’Ufficio federale giunge alla conclusione, sulla base della valutazione delle fonti, che in Cina è stato possibile per i seguaci della Chiesa di Dio Onnipotente, già perseguitati o minacciati di persecuzione, uscire legalmente con i propri documenti, non solo perché in Cina esiste la corruzione, ma anche perché il registro delle persone ricercate e anche i controlli in uscita non sono sempre completi. In questo contesto, sembra abbastanza comprensibile che il ricorrente sia stato comunque in grado di richiedere un passaporto nell’ottobre 2014 e di ottenere un visto nell’aprile 2015 grazie alla mediazione e all’aiuto di amici e altri contatti, e infine di lasciare legalmente il Paese attraverso l’aeroporto di Pechino (VG Friburgo 2019, 83-9)”.
Quando, come ha fatto il Tribunale di Friburgo, si considerano due elementi – in primo luogo, che “fino al 2018 era abbastanza facile per i cinesi lasciare il Paese”, e anche oggi la banca dati della polizia e i sistemi di controllo delle frontiere in Cina sono avanzati ma non infallibili, e in secondo luogo, che la massiccia corruzione può risolvere quasi tutti i problemi – le obiezioni sui passaporti, sebbene a prima vista sostenute da argomenti ragionevoli, non sono impossibili da superare.
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