“Siamo uno dei motori principali del Paese. Chiedo il privilegio della vostra fiducia per unire e cambiare”. Con queste parole il presidente della Figc, Gabriele Gravina, si è rivolto all’assemblea prima della votazione che lo ha confermato alla guida della federazione per la terza volta con il 98,68% di voti. È stato un plebiscito, a cui hanno partecipato anche il presidente Fifa, Infantino, e quello dell’Uefa, Ceferin, come era ampiamente prevedibile alla vigilia. “Mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme è un progresso, lavorare insieme è un successo”, ha esultato Gravina nel momento della proclamazione, citando una massima dell’ex presidente americano Ford. “Abbiamo tenuto in vita il calcio italiano nel tunnel della pandemia – aveva spiegato ai delegati – sfidando il moralismo e affermando il diritto a essere felici. Abbiamo messo in salvo l’economia del sistema. Abbiamo promosso trasparenza, economicità e sostenibilità finanziaria. L’unità ci fa superare le incomprensioni e le miopie corporative”.
Nel discorso di Gravina non sono mancati passaggi contro chi, in questi anni, lo ha osteggiato con metodi più o meno leciti: “Dobbiamo smascherare le menzogne, i tranelli e le calunnie di cui talvolta è fatta la vita pubblica del nostro Paese. L’ampia condivisione era la condizione posta per sciogliere la riserva sulla candidatura. Abbiamo sfidato il corporativismo che isola il nostro sistema puntando su un equilibrio sociale, economico e finanziario”. Gravina ha elencato gli obiettivi che la Figc dovrà raggiungere nel prossimo quadriennio: dall’implementazione del progetto seconde squadre alla creazione dell’accademia federale Under 23, dal rinnovamento di cinque stadi per Euro 2032 alla valorizzazione del calcio italiano all’estero, fino all’aumento dei tesserati nel settore giovanile e scolastico, lo sviluppo ulteriore del calcio femminile, l’attuazione della Riforma Zola e l’autonomia gestionale dell’Aia. Gravina si è poi rivolto al Parlamento e più in generale alla classe politica in merito ad alcune modifiche normative, tra cui la reintroduzione di un incentivo simile al decreto crescita sul quale Figc (che era contraria) e Serie A (che ne chiedeva il mantenimento) in passato avevano battagliato: “È necessario reintrodurre il regime fiscale agevolato che consenta di tesserare calciatori residenti all’estero – ha detto Gravina – oltre a riconoscere una tax credit e destinare una percentuale delle scommesse sul calcio per investimenti sui vivai, su nuove strutture e sul calcio femminile, avviando percorsi di contrasto alla ludopatia, oltre a cancellare il divieto di scommesse e riconoscere alla Figc di impresa sociale”.
Dopo di lui, in assemblea, hanno preso la parola il presidente della Serie A, Simonelli, quello della B, Bedin, quello della Lega Pro, Marani, della LND, Abete e le guide delle componenti tecniche Calcagno (Assocalciatori) e Ulivieri (Assoallenatori). Da tutti è arrivato un appello all’unità. “È finito il tempo delle divisioni e del personalismo – ha detto Simonelli – ora c’è coesione tra le componenti e con la federazione”. “Siamo il quattordicesimo comparto industriale del Paese e il clima di rinnovata coesione ci fa bene”, ha aggiunto Bedin. “Finalmente A, B e C dialogano e ottengono risultati concreti”, ha aggiunto Marani. Il riferimento, più o meno di tutti, è ai giorni delle tensioni in cui Casini con la sua Lega rappresentava l’opposizione in consiglio (a lui si era avvicinato Balata della B) e in cui chi sosteneva posizioni vicine a quelle di Lotito e De Laurentiis non vedeva di buon occhio la governance attuale. “Ma dal punto di vista economico va invertita la rotta – ha aggiunto Marani – Il calcio perde oltre 700 milioni, 2 milioni al giorno. Ogni volta si dà la colpa a procuratori e calciatori, ma questo problema chiama in causa anche le istituzioni”. “Rispetto non vuol dire subalternità, ma rispettare i ruoli – il pensiero di Abete – già il 4 novembre abbiamo ribadito che l’autonomia valore fondamentale e dobbiamo proteggerlo”. La famiglia del calcio italiano esce dall’appuntamento elettivo pacificato e, al momento, senza necessità di rese dei conti.
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